NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – È risaputo come la caparbietà degli arbèreshè ha consentito che la lingua, il rito religioso e la cultura, attraverso gli atteggiamenti sociali e folkloristici, producesse elementi unici e magicamente tramandati in forma orale e attraverso la musica, mentre solo in tempi più recenti anche attraverso la scrittura e l’arte.
Gli Albanofoni unici nel genere a distanza di circa sei secoli, dalla venuta in Italia meridionale, fanno sopravvivere e riprodurre la loro cultura, inghisandola, nel ceppo matrice d’Albania.
Lo studio delle eccellenze albanofone, poiché minoritarie sono state ritenute per lungo tempo non rilevanti, nonostante tra le loro fila si siano distinti sistematicamente una moltitudine di illustri luminari nelle scienze sociali, letterarie, economiche e artistiche, confermando la loro operosa e pregnante genialità sin anche nelle scienze esatte.
Il primo studio mirato a definire il percorso dello sviluppo sociale della minoranza, fu realizzato da un gruppo di ricercatori della Università della Calabria, producendo l’analisi di ricerca, sprovvisti delle adeguate metodiche antropologiche e supporto etnico, elementi indispensabili per calarsi adeguatamente all’interno dell’etnia con largo spettro di lettura.
Inoltre perseguendo il fine di produrre assolutamente un risultato caratterizzante l’etnia, fu individuato un sub modello urbanistico che è tipico di tutta la provincia meridionale non esaminata, attribuendo erroneamente la valenza etno-urbana esclusivamente agli arbëreshë.
Legato a esigenze economiche territoriali, posto in una posizione intermedia tra la famiglia e l’intero villaggio, identificato nello spazio in cui gravitano un ristretto numero di famiglie di ceto sociale simile, gli arbëreshë si sono visti attribuire la gjitonia, quando essa è tipica di tutti gli agglomerati urbani del sud Italia.
Espressione concettuale di cui si servono sia per identificare una particolare area dell’aggregato urbano sia quando è riferito alle persone che allo spazio territoriale gravitano.
Anche gli arbëreshë conoscevano la gjitonia nella sua forma più tradizionali, spiazzo (sheshì) verso il quale sono rivolte non le porte di quattro o cinque case(?), ma i patimenti e le difficoltà di un territorio, che poggiava nella attribuzione di ruoli specifici per ogni componente del gruppo familiare e quindi nella collaborazione e nella coesione del gruppo.
Unico modo per sopravvivere con le poche risorse ricavate dalle attività agro-silvo-pastorali, attraverso le quali gli albanesi, anche prima della venuta in Italia, riuscivano a ottenere l’essenziale sostentamento tra gli anfratti delle montagne d’Albania; (il gruppo familiare era formato da due o più fratelli che vivevano nello stesso tetto con le rispettive mogli e prole).
Lo spiazzo (sheshì) si colloca generalmente in posizione strategica e non distante dal sistema viario principale, (Uda Made) da cui si dipartiva la tortuosa mulattiera unico collegamento al pianoro del gruppo, ” famiglia di tipo allargato“.
Su di esso affacciava un solo accesso dell’unica casa appartenente al gruppo, rivolto verso lo spazio di interrelazione o azioni comuni di tutti i componenti la famiglia, unici fruitori, salvo espliciti inviti per gli estranei.
L’individuazione di questo organismo urbanistico serve ad approfondire gli studi sugli arbëreshë, per attribuire un maggiore spessore scientifico, tale da far riconoscere l’articolazione di tante espressioni culturali che non si limitano solo al campo della comunicazione linguistica, del rito religioso o della tradizione popolare.
La ricerca fornisce e colloca la gjitonia, come cellula allocata all’interno degli aggregati urbani meridionali; elemento urbanistico che distacca gli agglomerati meridionali minori dalla classica struttura difensiva medievale monocentrica, ma realizza un nuovo modello articolato e policentrico.
Più centri contigui e ognuno rappresenta un luogo privato entro il quale vive, si moltiplica e si espande la Gjitonia, essa si sviluppa da prima acquisendo e appropriandosi delle opportune aree orizzontali e in seguito progredisce e si sviluppa in senso verticale.
La gjitonia, ha avuto una funzione sociale nell’evoluzione dei gruppi parlanti l’arbëreshë, centro della famiglia di tipo allargato e poi verso quella di tipo urbano, conservando al suo interno la forza di preservare e produrre cultura autonoma, fortemente radicata in nelle loro origini.
La gjitonia genera relazione tra i soggetti del vecchio gruppo, vincoli affettivi che raggiungono e a volte superano, gli stessi legami di parentela.
Gjitonet, vincoli affettivi, che ti legano magicamente e riaffiorano in occasione di lutti, malattie, matrimoni, o nel corso dei cicli produttivi della campagna, sono tutti parte di quella composizione che viene identificata col termine“gjitonia”di cui inconsapevolmente e senza renderci conto emergono i primordiali legami, una definizione racconta che tra gli albanesi la gjitonia ha i suoi confini dove arriva la vista e la voce “ gjitonia ku shoh e ku gjegjën “.
La struttura urbana non sempre di facile identificazione nelle semplici dimensioni planimetriche, racchiude in essa molti elementi urbanistici ed architettonici, sufficienti da farla ritenere un bene culturale che andava individuata, catalogata e protetta.
Urbanisticamente essa si individua in uno spazio fisico, strada, piazza, anfratto e in un secondo periodo nel profferlo, individuando la piccola porzione di città in un gruppo di abitazioni che aggrega le tipologie tipiche dei catoj in sistemi che possono presentarsi nella forma complessa o lineare.
La tipologia di aggregazione, direttamente legata alla orografia, alle opportunità logistiche e al modo in cui venivano reperiti i materiali da costruzione.
La sua immensa funzione sociale ormai ridotta al minimo e quindi non più efficace ha perso ogni tipo di riferimento e non riesce a collocarsi nei sistemi economici e sociali attuali.
Lo stato ormai ha innescato una sciagurata trasformazione dei piccoli centri arbëreshë, in modelli urbani vertical-orizontali dove la famiglia ormai metropolitana e quindi priva degli antichi riferimenti, emula i modelli e li avvolge in quelli più moderni imposti dai media, producendo un mix di cattivo gusto che produce danni irreversibili.
Penso sia utile dare una visione più dettagliata della famiglia di tipo allargato come organismo sociale e della sua genesi storica, da questo punto fermo deve partire l’analisi per affrontare lo studio della gjitonia nella sua espressione territoriale e architettonica.
Se un bambino arbëreshë quando si trovava nella gjitonia, riceveva controllo e cura con la stessa intensità affettiva dei propri genitori, dimensione spaziale entro la quale socializza in quanto ben più esteso di quello della propria casa,.
A lui badavano le vicine (gjitonetë) quando la madre era impegnata nei lavori domestici, egli cresceva vivendo insieme ad altri coetanei, introdotto senza traumi in un ambito spaziale più grande di quello della propria famiglia di tipo urbano, ma proiettato dalla sistema precedente di tipo allargato.
La gjitonia scuola per la socializzazione del bambino arbëreshë, ove crescere in una dimensione familiare-collettiva vivendo ed emulando i vecchi legami familiari di tipo allargato.
Egli veniva abituato a convivere con gli altri coetanei, “suoi antichi fratelli”, e ciò lo spingeva a conoscere le norme e le regole della vita di gruppo e adeguarsi ad esse.
Lo spazio (sheshì) diventava così ambiente nel quale egli poteva esprimersi parlando la lingua, socializzando con i giochi stagionali, facendosi coinvolgere nei problemi degli altri membri e soprattutto a difendere lo spazio territoriali, come era in uso nell’antico sistema familiare.
Tra le gjitonie, infatti, esiste un equilibrio spaziale che nessuno poteva infrangere: “chi non ricorda le liti o le rivalità campanilistiche tra gjitonie contigue, il cui fine era quello di educare i propri componenti alla salvaguardia degli spazi di appartenenza, senza l’ausilio di alcun tipo di dissuasione materiale, se non quello morale.
Sheshi, era lo spiazzo di gravitazione soprattutto degli anziani e delle donne, per essi le case erano prive di barriere e le giornate non si consumano nel chiuso delle abitazioni; la gente viveva in rapporto continuo col vicino (gjitoni) rafforzando i legami nei momenti particolari o significativi della vita.
Gli albanofoni si insediarono prevalentemente attorno al 1470 e per più di mezzo secolo si aggrapparono e fecero la loro forza nella famiglia di tipo allargato, questa gli consentì di assolvere a tutti gli impegni sottoscritti nelle capitolazioni con cui i principi legavano gli albanofoni ai territori da addomesticare.
È cosa risaputo che il Principe Sanseverino di Bisignano avesse un contratto predefinito a cui aggiungeva solamente il luogo o la zona in cui gli esuli albanofoni si insediavano.
Quando alla metà del XVI secolo, il sistema economico basato sull’assegnazione delle terre per le produzioni agro-pastorale indusse i principi ad affidare consistenti aree solo a referenziati conduttori, rese la famiglia di tipo allargato non più idonea al nuovo sistema produttivo.
L’innovazione liberava i Principi dalla capillare e dispendiosa raccolta di piccoli ricavi di tante famiglie, ma affidarono grandi possedimenti a unici referenti, i ricavi potevano essere più facilmente controllati.
Il nuovo sistema agro-produttivo indusse gli albanofoni ad adeguare il sistema familiare disgregandolo in quello urbano, che si prestava idoneamente al nuovo sistema economico.
L’assegnazione dei territori richiedeva specifiche attività all’interno delle aziende agricole ove non tutti gli elementi del gruppo familiare potevano trovare certa occupazione, riversando così l’antico legame familiare, nel Sheshi e riconoscersi con il nome di gjitoni.
Si può quindi affermare che la Gjitonia nasce e raggiunge il suo massimo livello di espressione sociale, nel momento in cui la “famiglia allargata“ diventa quella più moderna di “famiglia urbana“.
Invece l’assunzione del valore sociale più basso, la Gjitonia lo raggiunge negli ultimi decenni, quando il sistema economico in forte evoluzione, ha trasformato la “famigli urbana” in quello più moderno, di “tipo metropolitano“.