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RICORDI E CERTEZZE

RICORDI E CERTEZZE

Posted on 11 novembre 2016 by admin

definizione-dei-paesi-arberesheNAPOLI (di Atanasio Pizzi) –

Premessa

L’undici di novembre del 1799, per non esser ben afforcato, era sgozzato dal boia, il compaesano “Pasquale Baffi “, il motivo di tale condanna consisteva nel aver scritto e aver desiderato per se e per gli altri una società migliore, in cui a ognuno era assicurata una vita dignitosa; in poche parole ciò che i politici e gli statisti di oggi non riescono ancora a perseguire; la differenza tra il Baffi e i faccendieri odierni è racchiuso nel dato che, lui diede la vita per il suo progetto, gli odierni faccendieri succhiano persino l’anima del nostro compaesano, ingrassando a dismisura.

DEFINIZIONE DEI PAESI ARBERESHE

I piccoli agglomerati di architettura minore nati o ripopolati a cavallo del XV secolo nelle regioni del sud Italiano, rappresentano uno dei palinsesti più rappresentativi della trama urbana e architettonica del meridione.

I manufatti abitativi risalenti all’epoca del legno (nomadismo) sono stati cancellati dal tempo, quelli innalzati come esigenza di luogo ove riconoscersi sono in pietra e si presentano stratificate o sovrapposti secondo le epoche, alcuni sono stati rinnovati, mentre altri inconsciamente distrutti pochi rimangono intatti.

Nei luoghi di questi cantieri a oggi non ancora terminati, ha trovato dimora una pluralità di maestranze spinte dal senso della necessità, dell’improvvisazione e della sperimentazione per oltre due secoli, bisogna attendere la seconda metà dell’ottocento per avere competenze che restituissero senso e forme all’architettura, anche se gli edificati nella loro essenza pedamentale usa il mal costruito dei primi secoli.

Questo è quanto avvenne per la definizione dei luoghi, che sono stati plasmati scomode forme al fine di ottenere spazi rispettosi della natura, impegnando solo quanto necessario alla sopravvivenza rispettando in questo modo il paesaggio ritrovato e agevolare il migliore percorso d’insediamento e integrazione nelle nuove terre.

L’insieme dei paesi arbëreshë non avendo una continuità territoriale uso identificarla come Regione storica Arbëreshë ( R.s.A.), in ragione di valori, intenti e interessi di gruppi fortemente coesi, che pur animando conflitti che si concretizzano e solidificano nelle espansioni e nelle sostituzioni del contesto abitato e al territorio ritrovato.

Leggere la complessità di questo palinsesto, non servono: scriba, medici, traduttori o alchimisti, in quanto bisogna essere “portatori sani e partecipare al messaggio linguistico religioso e consuetudinario di origine arbëreshë”, solo con questi titoli e capacità innate si riesce ad interpretare il senso che ha animato i pieni e i vuoti, degli ambiti albanofoni, principi, di connessione, ragioni e rinunce, che sono gli ingredienti fondamentali che hanno restituito la cartografia che documenta gli ambiti.

Questi sono i punti che nel tempo hanno dato significato agli strumenti per gestire la progettualità, che in realtà rappresentano la sintesi delle trame e gli accordi che sono stati il mezzo attraverso il quale realizzare i nuclei urbani e solo con essi si possono oggi interpretarne i destini.

La comparazione dei prodotto della ricerca cartografica, la conoscenza dei luoghi, la loro analisi con la conoscenza di riti consuetudini e inflessioni idiomatiche, sono gli elementi che favoriscono di giungere alla conoscenza approfondita dei valori che si sono nel tempo addensati nei territori e nei centri di origine arbëreshë.

La loro interpretazione si ottiene relazionando costruito e società, avendo cura di innalzare preventivamente in termini di conoscenza e lettura riferite alle diverse epoche, in poche parole progettare un modello di analisi per comprendere le stratificazioni dell’armatura culturale dei contesti in maniera univoca e solida.

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LUMI PER LE RADICI STRUTTURALI ARCHITETTONICHE E URBANISTICHE ARBËRESHË

LUMI PER LE RADICI STRUTTURALI ARCHITETTONICHE E URBANISTICHE ARBËRESHË

Posted on 05 novembre 2016 by admin

lumi-per-le-radici-strutturaliNAPOLI (di Atanasio Pizzi) – È largamente sancito che l’architettura è un elemento fondamentale per definire la storia, la cultura e il quadro della vita di ogni agglomerato urbano; essa rappresenta una delle forme di espressione artistica essenziale nella vita quotidiana di ogni abitante e rappresenta il precursore per i domani, degli anbiti urbani e rurali.

Lo spessore culturale, la qualità della gestione concreta degli spazi sono fondamentali nelle politiche di macroarea regionale di coesione sociale, in quanto, l’architettura rappresenta la prestazione intellettuale perche piattaforma di servizio professionale, culturale ed economico.

Le caratteristiche comuni presenti in tutta la Regione storica Arbëreshë, se associate a un’architettura di qualità su basi storicamente sostenute, potranno restituire un quadro di vita ideale tra cittadini e il loro ambiente; contributo indispensabile saranno i contributi dell’antico modello di coesione sociale, da cui l’indotto produttivo potrà attingere risorse per posti di lavoro; solo in questo modo il rilancio del territorio potrà avvenire secondo le su caratteristiche materiali e immateriali per lo sviluppo economico regionale diffuso.

Al fine di raggiungere un tale traguardo mi chiedo perché non intensificare gli sforzi per una larga conoscenza di questi ambiti, che sono caparbiamente relegati solo ad aspetti linguistici oltre all’inventiva individuale delle favole e della metrica del canto.

Valorizzare le architetture e le disposizioni urbanistiche, sensibilizzando/formando istituzioni e cittadini, secondo azioni specifiche che è lo stesso territorio può fornire per il rilancio del territorio.

Promuovere la qualità architettonica secondo un itinerario che parta dal passato e attraverso la qualità ancora reperibile sul territorio favorire il reperimento e lo scambio d’informazioni per dare continuità alla tradizione.

Interlacciare la R.s.A. è il primo traguardo da perseguire, al fine di rendere le eccellenze di ogni singolo agglomerato più solide; costruire un percorso storico a largo spettro, episodi che singolarmente raccontati secondo la logica dei campanili non anno lo spessore o la forza necessaria per essere considerati attrattori di quel turismo che spende e crea indotto.

Perché nella Regione storica Arbëreshe non è stato possibile? e aggiungerei in alcuni casi anche penalizzato, secondo un principio che vuole appiattire ogni cosa, penalizzando così anche il senso dell’arte, che per la minoranza pur se povera ha contribuito a caratterizzare le popolazioni che vivono quei luoghi da oltre seicento anni.

E’ ora di dire basta con gli scempi, basta con la bruttezza, basta con scatole preconfezionate, nelle quali nessuno è in grado di riconoscersi, basta con le canoniche colate di cemento senza anima e senza identità, basta con falsi recuperi funzionali e statici, realizzati come nel secolo scorso, da maestranze senza arte o capacità tecniche nell’utilizzare tecnologie e materiali moderni.

Ogni luogo ha il suo spirito, lo stesso che dialoga con l’identità culturale di chi risiede, linguaggio e ambiente vivono e si confrontano da sei secoli in un equilibrio perfetto, combattono contro le avversità moderna e fanno riecheggiare una favella antica che neanche lo strapotere dei “cani turk” è riuscito a piegare.

Rilanciare l’architettura è un’operazione che deve confrontarsi attraverso dibattiti, resa solida attraverso le la formazione e le reti multimediali, strumenti che purtroppo attualmente sono latitanti nella gestione di questi ambiti.

La qualità dell’architettura purtroppo non trova alcuna applicazione nelle leggi regionali di tutela delle minoranze e neanche attraverso l’uso di canali convenzionali quali: tv, giornali o internet.

Puntare su un nuovo piano culturale, affinando leggi regionali ormai vetuste e comunque incomplete perche realizzate in maniera frammentaria e senza un progetto specifico, darebbe linfa vitale al progetto di connessione digitale, affinché chi amministra, (Presidenti, Sindaci, Assessori, Proloco o Associazioni) possano avere in tempo reale consapevolezza delle scelte più idonee nel porsi alla guida di un qualsivoglia istituto in ambito minoritario.

L’appartenenza al sistema Regione storica Arbëreshe non deve essere considerato racchiuso negli ambiti locali del centro antico, perché il ruolo comporta la necessità di guardare ad un sistema più complesso e articolato a cui associare l’identità, non più esclusivo, ma prezioso contributo partecipato di un macrosistema culturale in cui identici tasselli forniscono linfa e vitalità all’intera regione.

Gli ambiti dei paesi arbëreshë conservano il marchio dei prodotti e delle attività locali, progettare la dismissione degli spazi urbani significa investire nella produzioni di luoghi alloctoni, il cui esito finale della visione estetica riporta ad ambiti e materie sconosciute nel territorio.

Lo strumento del Concorso in architettura è affrontato con superficialità con trucchi e inganni, per non parlare dei bandi di gara costruiti ad arte per favorire sempre le stesse società di ingegneria, noti studi associati e singoli professionisti di rango, che si accaparrano affidamenti professionali, con la complicità di legge, che non tutelano la qualità degli aspetti locali, anzi producono progetti seriali di edilizia elencale, che non hanno niente a che vedere con l’architetture (vorrei annotare una dolente episodio in cui, il soggetto attuatore che si volatilizza nelle burocrazia più cieca) è stata in grado di raggiungere un livello di approssimazione tale da confondere a Valle del Crati con le oasi Algerine.

Il recupero, il restauro o gli interventi di valorizzazione e ricollocazione degli ambiti all’interno del centro antico va affidato esclusivamente sulla base della qualità del progettista, che nel caso degli ambiti minoritari arbëreshe deve essere strettamente correlata alla conoscenza delle consuetudini territoriali e all’idioma, escludendo a priori quei gruppi che hanno violentato gli affetti più intimi dell’arberia, che rimane senza le risorse necessarie per correggere quanto deturpato.

L’identificazione del progettista si deve basare sulla qualità della prestazione e non deve essere fine a se stessa, ma abbia le competenze e i titoli per offrire la migliore lettura degli ambiti e non legata sul maggior ribasso dell’onorario.

Ciò che impedisce all’arberia di fare architetture pubbliche e private qualitativamente coerenti con il costruito storico è l’aggiudicazione dei lavori con la minima spesa, criterio inconciliabile con i presupposti di qualità storica che ogni architettura deve seguire.

A questo punto è bene evidenziare un dato che sino a oggi è sfuggito, ma alla luce degli ultimi eventi tellurici nell’Italia centrale, non può essere più prorogato, mi riferisco al continuo murario che in molti casi si ripristina con semplici intonacature, per non parlare delle sostituzioni di solai, apposizioni di piattabande e ogni tipo di elemento strutturale; tutti questi matericamente in conflitto tra loro, in caso di sollecitazioni sismiche, attuerebbero stati di rigetto pericolosissimi per la statica degli edifici, rivelandosi come la dipartita di intere famiglie, sicure di vivere quegli spazi abbelliti in piena sicurezza.

Non bisogna rilassarsi al fatto di aver apposto inutili catene senza uno schema strutturale globale, che dia una risposta all’eventuale sollecitazione sismica.

Il consolidamento strutturale in ambiti costruiti con materiali di spogliatura è una delle cose più complicate da realizzare, in quanto le risposte di materiali diversi alle sollecitazioni sismiche creano tanti stati di labilità a cui la scienza delle costruzioni non riesce a dare risposte precise, motive per il quale nelle vecchie strutture si cerca di dare percentuali di adeguamento sismico e non una vera risposta adeguata ad una eventuale sollecitazione naturale.

Per questo il legislatore e gli istituti di ricerca garantiscono solo percentuali di risposta nella messa in sicurezza di vecchi edifici, avendo come principio fondamentale la minore sostituzione di apparati orizzontali e verticali per evitare di peggiorare lo stato degli edifici, i quali comunque e dovunque non vanno lasciati alle direttive di acerbe o inconsapevoli manovalanze.

È opportuno informarsi se si tratta di adeguamento, intervento puntiforme o miglioramento sismico, ma ciò che più conta, in questi casi sono i costi e i materiali impiegati, oltre alla scelta degli esecutori che realizzano i presidi strutturali, sotto l’attenta vigilanza di tecnici esperti.

Altrimenti si finisce di realizzare, presidi strutturali che peggiorano ulteriormente le risposte dinamiche degli edifici o delle insule.

Meglio riflettere e approfondire i vari stati di progetto quanto si vuole migliorare strutturalmente gli ambiti costruiti della R.s.A., naturalizzando il più possibile il risultato finale e produrre scenari secondo canoni ed esigenze arbëreshë, che sono tra quelli più complessi e sensibili, sotto l’aspetto storico, strutturale, architettonico e urbanistico, perché di arte povera.

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