NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – L’abitazione rappresenta l’artificio o involucro che l’uomo realizza per dare seguito alla permanenza in territori ritenuti a lui idonei, dove ritiene sia opportuno vivere.
In genere le terre dei luoghi di allocamento sono espressione del connubio tra natura e uomo, un legame generalmente vivo e pulsante che non ha soluzione di continuità, in cui entrambi danno e prendono secondo le necessità, mirate o indotte.
L’abitazione o involucro vernacolare, dopo la sua attuazione, protegge l’uomo da eventi climatici e di specie, non sempre in linea con le esigenze del genere umano.
Per questo, tutto quanto disposto e proposto dall’uomo in senso abitativo, inizia a caratterizzare l’ambiente naturale e, quando i ruoli s’invertono e la natura appare come se amplificasse le sue necessita, del suo andare delle più estreme manifestazioni.
L’abitazione nel corso dei secoli, assunto la funzione di memoria evolutiva, sia del luogo che dell’uomo, segnando il grado di geniali compromessi, tra natura che dispone e l’uomo che trasforma, sempre meno, in forma sostenibile.
I trattati su tali eventi sono trascritti dallo scorrere del tempo, si modificano continuamente, sia si tratti di vita nelle selve, sia in zone lacustri, di montagna, collinari o desertiche.
Tutti i modelli di microclima realizzati dall’uomo, comunque e dovunque perseguono il principio di creare un microclima rifinito, rispetto all’ambiente naturale che lo contiene; disponendo per questo forme atte a preservare la specie uomo, dalle insidie naturali, animali o di simili avversi.
Sin dalle costruzioni primitive la fattura strutturale e quella distributiva, rispondeva, in misura minima, alle esigenze locali, sia si trattasse di terreni coperti in strato d’acqua, sia collinari temperati o montuosi, creando una barriera sempre crescente verso ogni forma di accanimento esterno.
La caratteristica costruttiva quindi nasce nel palcoscenico, in cui i protagonisti, ambiente e uomo si misurano continuamente: tra natura, che propone e l’intelligenza dell’uomo, che trasforma.
Le case delle aree pianeggianti furono realizzate su impalcati di legno, perché questo comunemente era coperto dall’acqua, consentiva di liberarsi, alla meglio, dalle emanazioni febbrigene del suolo, Venezia stessa, fu costruita secondo tale direttiva anche se in epoca relativamente antica.
Così avvenne quando gli ambiti sono in altitudini e longitudini dissimili, pur garantendo una buona vivibilità, serviva tenere in serbo apparati idonei a garantire la vivibilità per l’uomo, non sempre in linea per la genesi naturale del luogo.
Nelle aree collinari, s’inizio con le forme estrattive, Matera e un solido esempio, seguita da quella additiva, con abitazioni innalzate di materiali locali; dal ghiaccio polare, ai rami, pietre, argilla delle zone collinari e montane mediterranee, ai pozzi delle aree desertiche.
Da semplici ricoveri amovibili nei primordi della civilizzazione, l’uomo, passa per transizioni a ricoveri più articolati e in linea con la vita in continua evoluzione.
Non è necessario risalire ai primi albori della civiltà umana per trovare l’uomo in abitazioni di fattura elementare, tutte accomunate da fonti d’acqua, elemento primario ed indispensabile da cui partire per caratterizzare il luogo e ambiente vissuto.
Le abitazioni, siano esse realizzate, in spianate lacustri, in valli, in fianchi di colline e o vette montuose, possedevano corsi o fonti, le stesse che oggi ritroviamo in tutte gli agglomerati piccoli, medi e grandi che hanno fatto la storia degli uomini.
Popolazioni più evolute come quelle mediterranee aggiunsero, altre alla porta d’ingresso dell’abitazione, anche la finestra, nel cui vuoto ricavato, modellavano pelli di vescica, per illuminare l’interno, senza disperdere calore o dare accesso a insidie in forma d’insetti.
Il progredire lento e continuo del Genius loci abitativo, inizia con l’addomesticare luoghi d’insediamento, e di pari passo fornire maggiore solidità alle strutture innalzate dell’uomo, per vivere ambiti identificabili come propri o laboratori per misurare la flessibilità della natura.
Tutto ciò, sulla scorta di un elenco di consuetudini di memoria, di tempo e di uomini, che consegue il raffinare sin anche il gusto artistico dell’opera muraria.
L’esperienza attraverso le dinamiche climatiche vissute dei popoli mediterranei, consentono il conseguimento di traguardi che divengono primato di alcuni uomini rispetto ad altri; abitazioni attraverso cui si possono identificare popoli, le consuetudini che seguirono e le priorità sociali poste in essere.
I Greci non seguivano l’emblema dell’abitazione, in senso di casa, perché la famiglia si riconosceva nel tempio, quasi completamente pubblica, agitata da grande volubilità negli avvenimenti politici, orfani del sentimento più delicato del posto per la donna nella loro esistenza, per questo decorando con fina architettura le loro case, lasciando in secondo piano l’agiatezza interna.
I Romani, riconoscendosi negli ordinamenti civili, più stabili della loro politica di grandi dominatori, erano più legati dei Greci alla donna, alla famiglia, di conseguenza maggior culto per la casa.
Anche nelle sezioni naturali abitative delle rovine di Pompei si rileva, la grandiosità delle abitazioni e il lusso con cui se ne decoravano l’interno.
Pareti finemente affrescate e pavimenti arricchiti con mosaici; camere, colonnati ricoperte d’oro, di madreperla e adornate di pietre preziose.
Tutto finalizzato all’agiatezza e affienare costumi, manifestazioni di una ricchezza e potenza, sconfinata di un popolo conquistatore.
È presso i Romani, quando la capitale era Costantinopoli, che l’abitazione prese grande e splendido sviluppo, non solo per le classi sociali ai vertici del sistema imperiale, sin anche negli ambiti più reconditi, vennero avviate politiche abitative dove l’emblema familiare iniziò diffusamente ad apparire e prendere luogo specie nei confini dello sterminato impero, in forma allargata.
È grazie a greci e romani che prendono spunto i centri antichi detti minori specie quelli che abbracciano l’antico regno di Napoli da sud a nord, predisponendo centri abitati nei pressi agresti, così come la capitale dell’impero si misurava con le sue colonie e in specie quelle più recondite.
A tal modello urbanistico, fece seguito un intervallo di media curanza, specie nelle case del popolo, che dopo aver definito volumetrie e funzioni interne utili all’uomo, venne trasformato, fu utilizzata come parte urbanistico difensivo, in sistema di sheshi (il labirinto), le cui abitazioni costruite in aderenza, servite da strette vie, con poca aria e luce variabile; divennero il contorno difensivo dei Castrum feudali.
L’era segna anche l’abitazione quale possedimento per la discendenza, anche per le classi meno abbienti e con l’accalcarsi dei moduli abitativi in aderenza si aggiunsero emergenze igieniche non trascurabili per le quali, la natura chiederà ripetutamente conto in varie epoche, oltre agli interessi maturati dai derivati dall’ambiente naturale violato, in diverse forme.
Resta comunque il dato secondo cui l’abitazione per la stabilità della vita politica ed economica, ebbe un ruolo fondamentale perché i modelli assunsero non solo il ruolo di rifugio per la notte, ma anche utile di giorno per la trasformazione e il confezionamento dei frutti dalla terra.
La classe operaia agreste a quei tempi, fondava la base della catena economica del mediterraneo, la casa la notte rifugio per rigenerarsi e di giorno coltivare l’essenza sociale nei periodi non lavorativi e come la terra anch’essi riposavano.
L’abitazione è anche stalla per i fedeli animali da soma e del latte mattutino è il luogo per conservare e affinare gli indispensabili attrezzi, per un più cospicuo ritorno economico.
La casa nelle ore di relativa libertà, continuava a essere anche il luogo per difendersi, delle colonie, ovvero, i territori agreste, mediamente distanti, posti generalmente a valle, quindi più esposti ai pericoli derivanti dal famigerato anofele.
Presso le nazioni che vivono affacciate sul bacino del mediterraneo, con il crescere accentramento, non migliorarono le dinamiche abitative, sia dal punto di vista strutturale che igienico, in quanto i moduli si espansero in altezza, questo nuovo modo di costruire, espose a nuovi rischi l’abitazione che in questo modo ingloba anche le ire di eventi tellurici, oltre al perenne insinuarsi, nei fessurati conseguenti rimasti scuciti, l’aria intrisa di vaiolo e peste che diedro non poche pene al genere umano.
Sotto l’aspetto puramente abitativo nell’area che si estende dalla Turchia sino alle zone più recondite, del Portogallo, il modulo abitativo attinge comunemente dall’architettura romana, mentre da quella greca prende i caratteri distributivi urbanistici con gli sheshi che diventano l’emblema difensivo privo di barriere sia in forma di murazioni e sia di fossati.
Il modello, specie, nei centri identificati come castrum, casali, mote, terre, frazioni e comunque sistemi abitativi riferibili ai centri di residenza dei principi o locali, continua il suo lento evolversi sino al 1783.
Questa diventa una data fondamentale, in quanto, il conseguente terremoto fa crescere l’interesse delle classi dirigenziali non per mera la salute delle classi meno abbienti, ma per il declino economico a cui si va incontro se non si adoperano nuove strategie per la solidità delle abitazioni, il cui sistema aggregativo da forza al luogo dei cinque sensi, l’unica formula che da linfa nuova all’economia da quel tempo in avanti.
Nell’Italia meridionale per quanto attiene la salubrità dell’abitare si deve attendere il regolamento 6 settembre 1876, n. 2120 che sino ad allora, pur essendo stati vissuti molti patimenti in senso igienico, solo dopo l’alternarsi di pestilenze sività ed eventi tellurici, si pose attenzione allo stato della salubrità pubblica all’interno dei centri antichi, con la legge di sanità pubblica del 20 marzo 1868, nel di cui Capitolo primo, si stabiliscono i parametri di salubrità, delle abitazioni e dei luoghi abitati a cui non si può sottrarre, stabilendo che:
” Art. 44 La tutela della pubblica salute, per quanto concerne le abitazioni e i siti destinati soltanto ad uso dei privati, è affidata ai sindaci; i quali vi provvedono curando l’esatta osservanza dei regolamenti comunali di igiene pubblica, ed osservando da parte loro quelle prescrizioni, il cui adempimento è posto a carico dell’Amministrazione comunale.
” Art. 45 L’autorità dei sindaci in materia sanitaria si estende anche agli ospedali, luoghi di detenzione, istituti pubblici e stabilimenti sanitari, tutte le volte si tratti di un fomite qualunque di insalubrità, capace di estendere la sua azione anche al di fuori con danno al vicinato.
” Art. 46 I regolamenti d’igiene pubblica per ciò che concerne la salubrità delle abitazioni prescriveranno principalmente l’osservanza delle seguenti disposizioni:
” a) le case siano edificate in guisa misura e che non sia difetto di aria e di luce;
” b) siano provviste di latrine, le quali devono essere costruite in modo da non lasciar adito ad esalazioni danno::;e ad infiltramenti;
” c ) gli acquai e gli scaricatoi delle acque immonde e residue degli usi domestici siano costruiti in maniera da non pregiudicare e guastare i pozzi:
” d) le case, o parte di esse costrutte o restaurate, non possano essere abitate prima che siano dichiarate abitabili dalla Giunta comunale, sentito il parere, della Commissione municipale di sanità.
” Art. 47 I suddetti regolamenti potranno inoltre prescrivere, dove esistete un considerevole agglomeramento di abitazioni, possa essere proibito di tener stalle permanenti ad uso di interi armenti o pecore di capre o di altre specie di animali.
L’ultima legge sul risanamento e quella dei prestiti a miti interessi o di favore, con cui il Governo, facilitava molto le operazioni finanziarie dei Comuni, per spese tendenti a migliorare il proprio abitato, nonché l’istituzione di Commissioni di ingegneri e sanitari, addetti alla Direzione superiore del Regio o di quelle istituite nelle singole Prefetture delle provincie, per il fine di agevolare lo studio delle opere di risanamento a farsi dai Comuni stessi.
Esse varranno molto per ottenere una razionale riforma in questo settore, così essenziale del benessere della specie umana.
Dalla nascita delle abitazioni, l’uomo si è evoluto, sino a raggiungere livelli apparenti di una vita migliore, non alla pari della sostenibilità dell’ambiente costruito e altera a dismisura l’equilibrio sostanziale tra natura e uomo, mutando lo stato delle cose, dove a soccombere in apparenza è la natura, ma chi coglie i frutti più malevoli è l’uomo.