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CRITERI PER FARE UN MUSEO DEL COSTUME ARBËREŞË Trutë satë bëmi ghe Zògnàrtë i vèshjuratë arbëreşë

Posted on 02 agosto 2025 by admin

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NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Un museo del costume, per essere solido, rilevante e culturalmente significativo, dovrebbe poggiare su radici e fondamenti essenziali, suddivisi in sezioni culturali, scientifiche, museologiche e comunicative.

Avendo come mira prioritaria le fondamenta storico-culturale, attraverso la documentazione del costume di una macro area specifica nel tempo.

Il museo deve avere la forza di raccontare l’evoluzione del costume attraverso le epoche, evidenziando il contesto storico, sociale, politico e culturale in cui la vestizione era indossata in rappresentanza.

Sulla base del dato che i costumi sono espressione delle identità locali, di macro aree consolidate, il museo deve valorizzare le diversità culturali, comprese quelle legate a classi sociali, generi e comunità etniche.

In oltre deve contenere il fondamento scientifico e conservativo, secondo cui i manufatti devono essere originali rigidamente, per essere tutti i componenti, studiati prima di tutto dal punto di vista tessile, tecnico e stilistico e in aderenza con le consuetudini, per creare la sfera ideale dove contenere il messaggio completo, in esso contenuto, quando è indossato dentro la casa, fuori la soglia e sino alla chiesa.

Ragion per la quale ogni elemento che qui viene esposto deve prevedere una specifica conservazione preventiva.

I tessuti sono materiali delicati, per questo è necessario avere spazi climatizzati, tecniche di conservazione avanzate e un piano per la gestione del deterioramento, ma soprattutto, l’intero volume specie della parte espositiva, deve essere in pressione, con l’immissione di aria filtrata, un sistema di finestre e porte a tenuta stagna e di emergenza direzionata.

Il fine rende indispensabile separare dove ogni ambiente, controllato da telecamere e sensori di pressione o fuoco eventuale.

Il fine mira a rendere durevoli le cose esposte e, non sottoposte alle variazioni termiche, alla luce solare oltre alle polveri all’interno del volume, queste ultime non devono e non possono volatilizzarsi per depositarsi e fare danno.

In oltre ogni elemento deve essere catalogato con rigore e inventariato con dati precisi: datazione, provenienza, materiale, tecnica di realizzazione, stato di conservazione, ecc.

Va comunque applicato un protocollo di fondamento museologico, che segua criteri di esposizione in linea con un progetto curatoriale coerente, che può essere cronologico, tematico, geografico o stilistico.

L’accesso e l’inclusività deve dare agio ai contenuti resi essere accessibili a tutto il pubblico compresi anche i non specialisti, con strumenti idonei per persone con disabilità e materiali multilingua.

L’insieme deve prevedere Spazi funzionali: espositivi, laboratori, depositi adeguati, archivi, biblioteca, e magari una sezione didattica.

Il tutto per avere e promuovere un Fondamento educativo e comunicativo, perché il ruolo primario di un museo deve avere il fine di raccontare le storie dei costumi e delle persone che li indossavano.

Da qui si devono riverberare e delineare attività didattiche come laboratori per scuole, workshop di sartoria, conferenze su moda e società, eventi tematici tipicamente locali.

Oggi con l’Uso della tecnologia, la realtà cognitiva aumentata, ricostruzioni 3D, visite virtuali e supporti multimediali possono arricchire l’esperienza del visitatore.

Da ciò non da meno resta il fondamento etico e partecipativo, avendo come fine l’esporre con garbo e dedizione i costumi di popolazioni indigene, specie di minoranze, dove è importante evitare esotismi o stereotipi.

Attraverso il presidio che deva avere come primo obiettivo la sua inaugurazione e subito dopo il successivo riconoscimento documentale, creando e stabilendo una solida collaborazione con le comunità li presenti, seguendo un fine inclusivo, coinvolgere artisti, storici locali, portatori di memoria orale e sartorie tradizionali.

Onde evitare acquisizioni dubbie o non etiche, specialmente nel caso di costumi cerimoniali o sacri, la certificazione e il catalogo delle provenienze è d’obbligo e improrogabile.

Un Museo del Costume Arbëreşë, deve erigersi con il fine di tutelare, documentare e valorizzare la ricchissima tradizione della vestizione femminile da giovane ragazza sino alla vedovanza certa o incerta e fine vita.

Il museo per avere senso e dare valore ala vestizione si sviluppa o meglio si articola secondo un duplice percorso che non è mera esposizione ma anche secondo una forma didattica che intreccia arte tessile, identità culturale e memoria collettiva, di tutte le consuetudini che riferiscono del percorso che unisce, le attività domestiche della casa e l’altare della chiesa.

La collezione oltre al percorso permanente, deve includere abiti originali e, sin anche riproduzioni, queste ultime capaci di riferire della perdita del valore nel tempo, oltre gli allestiti in oggetti di rifinitura, accessori e oggetti tessili e orafi.

L’insieme dele cose usate nelle varie fasi della vita della donna, dalla giovane età al matrimonio, fino alla maturità e la sua estinzione.

Le sezioni di Adolescente, Donna, Sposa, Madre, Regina della Casa, Vedova Incerta e Vedova, in cui ogni sezione sarà accompagnata da schede esplicative, fotografie d’epoca, videointerviste alle donne delle comunità e postazioni interattive per la comprensione del significato simbolico della vestizione e del loro uso.

Ogni costume deve essere indossato dalla categoria di vita femminile, e per tutte vale la regola fortemente vietata, di travestire per chi è minorenne e, se proprio la misura serve per avere una visione minuta da intercettare meglio è di obbligo allestire bambole o manichini di modeste dimensioni.

Il museo inoltre dovrà prevedere una sezione di ricerca, aperto alla collaborazione con studiosi, etnografi e stilisti, e ospiterà laboratori didattici rivolti a scuole e visitatori per tramandare saperi artigianali come il ricamo, la tessitura e la composizione dell’abito tradizionale.

Un luogo vivo dove l’identità arbëreşë potrà avere continua e raccontarsi attraverso i fili, i colori e le forme di una cultura antica ma ancora viva.

Il Percorso museale, inizia con la vestizione di ragazza come simbolo potenziale e, ancora libera, di una comunità che la forma attraverso usi, consuetudini e credenza.

Questa sezione si articola con l’esposizione di abiti più semplici, ma curati, secondo uno specifico disciplinare di bianco candore.

In questa sezione saranno contenuti ed esposti anche i gioielli della giovinezza, come anche oggetti educativi e domestici e, documenti dove sono annotati frammenti di canti e poesie e atti di comportamento sino all’età in cui si diventa donna genitrice.

Poi segue la sezione di spasa con l’abito del matrimonio, celebrazione e sacrificio, a cui si affianca l’essenziale e fondamentale componimento di ori e ricami, simbolo dell’ingresso in un nuovo ruolo.

La donna pilastro della famiglia diventa così anche la regina del focolare domestico, il cuore della casa.

A lei appartiene il focolare, la trasmissione della lingua, la conservazione delle ricette, dei gesti, della memoria.

Secondo cui Abiti del quotidiano dignitosi, oggetti fondamentali per cucinare, telai, cesti, rosari e tradizione del parlato orali, per mantenere vivo e riprodurre identicamente e costantemente il “fuoco domestico” come spazio sacro.

Altro emblema caratteristico sono le vesti che ufficializzano la perdita del marito, la donna entra in uno stato rituale e sociale dove il lutto è visibile, e porta con sé una nuova autorevolezza.

E nel caso del marito scomparso di cui non si ha traccia rientra nel protocollo della Vedova incerta, in perenne attesa senza risposta

Questa figura nasce nel tempo delle guerre, quando molti uomini partivano senza tornare, e le donne rimanevano in un limbo: né mogli, né vedove ufficiali, una condizione esistenziale dolorosa e sospesa, di silenzio e di speranza interrotta.

Il percorso si può concludere con una riflessione, dove ad emergere è la forza delle donne arbëreşë che non è solo racchiuso nella vestizione, ma nella loro resilienza di fronte a ruoli imposti, eventi tragici e silenzi lunghi che durano e vanno oltre il tempo di una vita.

Atanasio Arch. Pizzi                                                                                                            Napoli 2025-08-02

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