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MÈDULÙRË (ghjuga me dulùrë thë crjètë tona)

Posted on 22 luglio 2025 by admin

corbu 2NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Il Modulor è un sistema di proporzioni armoniche basato sull’altezza media dell’uomo e sulla sezione aurea, ideato negli anni ’40.

Esso aveva lo scopo di creare uno standard universale per progettare spazi architettonici che fossero a misura d’uomo, funzionali ed esteticamente equilibrati.

Il tutto mira a combinare matematica, antropometria e arte, al fine di guidare il progetto architettonico con proporzioni “naturali” e armoniche.

Utilizzato in molte opere di architettura razionale, il Modulor prende dal corpo umano (altezza, proporzioni, movimenti) come base per organizzare lo spazio architettonico in modo armonico.

E siccome la lingua arbëreşë, secondo dati storici linguistici e antropologici, usa nomi e radici che derivano da parti del corpo o azioni umane fondamentali per costruire significato (es. parole legate alla vista, alla mano, al camminare, ecc.).

Così come il Modulor usa creare una scala di proporzioni universali, la lingua albanese potrebbe utilizzare concetti come “dorë” (mano) “sy” (occhio) “veshë” (orecchio) o “ghjughë” (lingua) come base metaforica o etimologica per costruire altri significati, dando al corpo umano un ruolo strutturale nella lingua, come il Modulor , lo dà all’architettura.

Entrambe le visioni riflettono una concezione antropocentrica, dove l’essere umano si ritiene sia il concetto fondamentale e misura della realtà, sia nella costruzione dello spazio architettonico, sia nella costruzione del linguaggio e del pensiero (lingua arbëreşë).

È lecito chiedersi perché, pur avendo una lingua come l’arbëreşë con radici profondamente legate al corpo umano e, quindi a un sistema universale, non si sia sfruttato questo legame per consolidare una lingua che storicamente nasce come un codice essenziale e coesa.

Nonostante questa base antropocentrica potesse offrire un fondamento comune e naturale, l’ arbëreşë si è frammentato nel tempo in numerosi dialetti locali, come il riferito degli esperti che la legano alle tipiche parlate di oltre cento Katundë, spesso in competizione tra loro.

Le cause sono storiche e politiche e, l’assenza di una istituzione solida e unitaria mancata a tutt’oggi e per secoli, ha consentito, mentre gli intellettuali si ostinavano a scriverla, la dominazione o  le infiltrazioni straniere, che hanno sortito alle divisioni geografiche che ad oggi impediscono lo sviluppo di una norma linguistica unificante basata su principi “organici” come quelli che il corpo umano, o il Modulor, rappresentano.

Tutto questo avviene nonostante l’arbëreşë avesse in sé tutte le forze del luogo natio e di quello parallelo ritrovato per una lingua unitaria fondata sul corpo umano, quindi sul comune denominatore dell’esperienza o del bisogno di fratellanza che ti conferma il valore di appartenenza, concetto che non ha trovato è colto l’occasione di usarli come strumento di standardizzazione.

 Il risultato è una lingua ricca, ma ancora segnata da profonde fratture dialettali almeno a detta dei poco attenti e che non hanno una base colturale come quella dell’architetto che in maniera razionale e precisa, garantiva case a misura per il bisogno locativo.

Se si parte dal teorema secondo cui l’arbëreşë rappresenta la radice storica e linguistica del moderno albanese, come il latino e il greco lo sono per l’italiano, allora è legittimo interrogarsi sul perché molti teoretici albanesi sembrano negare o sminuire questo legame.

Nonostante gli arbëreşë conservino tratti linguistici arcaici e puri, anteriori alle trasformazioni sociopolitiche avvenute nei Balcani, spesso vengono relegati a una posizione marginale nel discorso ufficiale sull’identità linguistica albanese.

Questo può derivare da un approccio ideologico, costruire una lingua standard “nazionale” ha portato a privilegiare forme moderne, più legate al sud di quelle terre oltre adriatico, considerate le più nobili dal punto divista linguistico, alle esigenze dello Stato moderno, piuttosto che riconoscere la continuità storica custodita nella diaspora arbëreşë.

In breve, se l’arbëreşë è l’antico tronco da cui si è evoluto l’albanese moderno, allora l’attuale negazione accademica di questo legame somiglia a ignorare il latino nella storia dell’italiano e, il tutto si trasforma in una rimozione culturale, più che una scelta scientifica.

Il Congresso di Monastir, tenutosi nel novembre 1908, fu un momento cruciale per la definizione dell’alfabeto unificato della lingua albanese, e più in generale per l’identità linguistica e culturale della futura nazione albanese.

Tuttavia, un dato spesso trascurato è che nessuna figura intellettuale arbëreşë fu invitata o coinvolta nei lavori del congresso, nonostante gli arbëreşë avessero avuto per secoli un ruolo fondamentale nella conservazione e nella trasmissione della lingua, della cultura e dell’identità albanese fuori dai Balcani.

Gli intellettuali arbëreshë dell’Ottocento, dai tempi di Giuseppe Schirò a quelli più fondamentali e di confronto di Pasquale Baffi, tra i primi intellettuali con specifica formazione in grado di studiare, scrivere e codificare l’arbëreşë, molto prima della rinascita nazionale nei territori dell’attuale Albania.

Eppure, al momento di decidere l’orientamento linguistico ufficiale, la loro esperienza fu ignorata o esclusa la parlata storica, forse per ragioni politiche e ideologiche, che mirava a costruire una lingua che riflettesse le esigenze immediate di uno Stato moderno nei Balcani, lasciando ai margini la fondamentale diaspora storica, considerata troppo distante o legata a forme linguistiche “antiquate” sfuggendo cosi al principio della radice linguistica, che è alla base di ogni parlato.

In sintesi, l’assenza di intellettuali arbëreşë o la lettura dei loro postulati al Congresso di Monastir non fu una semplice dimenticanza, ma una scelta storica e politica, che mirava a fondare la lingua albanese moderna senza riconoscere chi, per secoli, l’aveva tenuta viva lontano dalla compromessa e perennemente dominata dalle altrui patrie.

Atanasio Arch. Pizzi                                                                                              Napoli 2025-07-22

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