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GNË “LLITIRË” VIENË NAPULË PHËR THË BIEGNË KRIPË  (Un Campagnolo viene a Napoli per comprare sale)

GNË “LLITIRË” VIENË NAPULË PHËR THË BIEGNË KRIPË (Un Campagnolo viene a Napoli per comprare sale)

Posted on 18 dicembre 2023 by admin

tabacchiNAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Ogni cittadino residente di Napoli è abituato alle regole del vicolo e, la conoscenza di tutte le cose, le consuetudini e i trascorsi del vivere con le altrui genti, secondo antichissimi protocolli mirati e regolati da quella via dell’accoglienza, confronto e integrazione.

E prima di accreditare la supposizione dei turisti distratti, giunti qui in ore tarde e senza regola, è bene rammentare quali siano le cose che possono e non possono riferire, nell’ambito del comune parlare di cose qui avvenute con pene e valori di rispetto degli altri.

Qui a Napoli ogni cosa deve essere a misura per la sensibilità dei suoi conviventi a memoria, delle cose della storia specie se si tratta degli Arbëreshë, che qui vi giunsero per formarsi e brillare, secondo un patto antico, tra persone per bene e rispettose.

Per questo i turisti colturali distratti, specie dell’ultima ora, qui mai ben accolti nonostante stonati, devono misurare cosa e dove spingersi a elevare canto, perché notoriamente inconsapevoli di storia, uomini, fatti e cose, le stesse che ci appartengono a noi Arbëreshë e qui con rispetto anche se con dispiacere fraterno, fate fiaccolata con il gregge di pecore con le frasche sulla testa, queste attività, potrebbero anche essere intese come ingiuriose dei dotti arbëreshë Partenopei.

Specie se dirette agli educati e saggi che per adesso ridono divertiti dei seminatori fatui, ma potrebbero anche spegnere con argomenti storici la mai avvenuta pena del gregge senza colpa.

Per coloro che non hanno mai potuto visitare neanche le porte della murazioni Partenopea e, non sanno o conoscono, quante sono e quale tesoro, esse proteggono dai comuni avventori colturali.

Gli stessi che sbarcano a Napoli ignudi e con le braccia rivolte al cielo con la speranza che piova pizza margherita dal cielo e, sfamarsi.

Sappiano che non gli sarà concessa un terzo approdo e, la prossima volta, prima di organizzare cose, fatti ad eventi al fine di inveire sulle tavolate imbandite come diceva il Geppetto romanziere, sarà certamente più utile, leggere prima e comprendere cosa esporre e se non sufficientemente formati, trovino genio che spieghi loro, le disertazioni dei partecipanti e singolari figure che, assomigliano molto per il dialetto e le movenze di rito alle Jannare beneventane.

Se poi nello scorrere delle disertazioni avete fame e voglia di pizza, non disperatevi nessuno vi toglie la prelibatezza dal piatto vostro, perché essa si serve appena uscita dal forno, ed è solo di chi la chiede e la paga.

Comuni esponenti senza formazione di crediti acquisiti sul campo, scambiano la Napoli culturale al pari di un giardino di pascolo come quello circoscritto dai regimi succedutisi nei Balcani, dove il bove allevato in cattività, non conosce, o meglio ignora le regole della stalla comune.

Non è un bel sentire espressioni del tipo: solo chi fa parte dei concordati con germoglio di allegorici dipartimenti, può esprimere pareri e ricercare le cose Arbëreshë, pur se constatati i valori alti di cultura e conoscenza dentro l’elevato Bizantino di Napoli.

Ed è per questo che qui le parole devono essere misurate e pesate una ad una e, chi non lo fa, commette peccato e brucerà con i refusi della ignoranza mentale, che cola dalla bocca, il naso e le orecchie.

Queste affermazioni possono valere o passare nei limes dei sottoprodotti, dei lavinai di reflui lenti, del Surdo  e il Settimo, ma non a Napoli, specie davanti alle onde impetuoso del mar Tirreno che si infrangono in gocce al contatto con la scogliera e, dilava le impurità li approdate.

A questo punto una precisazione si ritiene doveroso e indispensabile fare: con molto eco, riverbero e vibrazioni, talli da provocare scuotimento in ogni forma e grado, dei lavinai citati prima, se “il banditore matto”, qui incoscientemente accolto, si è permesso di esprimere pareri, cose, senza senso, garbo, educazione, oltre tutto indirizzando, verso gli intellettuali che in questa città seminano sapere solido e irripetibile, quando gli antenati “di detto banditore” si occupavano a evangelizzare non credenti in prova il genio degli Arbëreshë partenopeo faceva Grammatica.

Blaterare gratuitamente nella capitale della cultura Arbëreshë con queste affermazioni, si fa torto al Reverendo Militare della Real Macedone, G. Bugliaro, voluto da re Carlo III e, in oltre a: P. Baffi, V. Torelli, i Vescovi Bugliari, Francesco e Giuseppe, a G. Feriolo Suocero di De Rada e, P. Scura, ai fratelli L. e R. Giura e tutti gli intellettuali che qui a Napoli, dopo aver fatto solco e semina di cose buone, portarono luce sino alle falde delle inconsapevoli montuosità Balcane.

Nel mentre qui tutti erano incantati ad ammirare, esaltare e distribuire effigi con il cappello mussulmano incuneato nella testa della pecora di Giove, la stesa di chi va per pascoli e, non conosce non sa, anzi non ha misura, del torto divulgato, ignorando quanti stanno ordinati in fila a fare la storia; quella vera naturalmente e non per procura o per ratto.

Quando a Napoli, P. Baffi comparava la lingua Arbëreshë, con il Germanico, il Grecanico, l’Anglofono, i Latinismi, non esistevano in Europa dipartimenti di caratura o funzione equipollente, per questo solo i qui residenti sono gli eredi certificati, di quella storica, cultura e ricerca, unica irripetibile ed inarrivabile, in tutto crusca che non volatilizza, come fa la farina bianca dei mugnai del Crati e dei suoi affluenti.

Diversamente dalla fatua Arberia, che in altre latitudini si preferisce nelle disponibilità di quanti vivono e vegetano quanti per accendere camino usano testi antichi, qui a Napoli quando si fanno e si dicono cose, si piantano radici buone.

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PENURIA CULTURALE PROMOSSA VALORIZZATA E DISTRIBUITA ALLE NUOVE GENERAZIONI (Trùtë i shëprisurë ndë Kushët e ndë Deràvetë thë Sofiesë)

PENURIA CULTURALE PROMOSSA VALORIZZATA E DISTRIBUITA ALLE NUOVE GENERAZIONI (Trùtë i shëprisurë ndë Kushët e ndë Deràvetë thë Sofiesë)

Posted on 08 dicembre 2023 by admin

Hoov,_Soccavo_-_Courtyard,_Soccavo_(16339625512)NAPOLI (Atanasio Pizzi Arch. Basile) – Il sistema Colturale e Civico diffuso nel loco storico denominato Terra, vive al giorno d’oggi, una deriva culturale a dir poco allo sbando, perché sistema articolato ad opera di figure malevole.

Genere plastico, informe, variabile e viscido che oltremodo ricerca, certifica e promuove cose di archivi e biblioteche, palesando senza dubbio alcuno, la deriva, in pena multi tema, dell’identità, della storia e della cultura .

Essi si presentano in forma come elemosinatori di concetti o di temi, in tutto, con il cappello in mano per avere frammenti di idee e spunti, a cui abbarbicare forme incomprensibili di trattato senza decenza e, dato il luogo dove ciò questo accade, fanno danno a se stessi, alla comunità locale e alla memoria storica scritta e romanzata che qui aveva visto germogliare frutti buoni.

Quanto qui anticipato, per molti addetti culturali, si ritiene sia consentita, la sfacciata libertà di calpestare senza riguardo, il patrimonio di cose innalzate in quattro secoli di Scuola in Terra di Sofia, assieme ai trascorsi dei suoi storici casali, identificati come cunei di semina, selezione e accumulo di beni naturali e coltura.

Un patrimonio diversificato, che non ha eguali, ma purtroppo, posto per incapacità dei “Locali Primi”, che si ostinano a depositarle, nelle disponibilità e lettura, dei citati “storici di vanto”, una penosa schiera di necessità politica “compassati”, i quali, siccome in vestizione tricolore, relaziona cose indicibili del territorio, posto alle falde assolate della preSila, detta per motivi monastici, Greca.

Il luogo noto come ameno della cultura, alla cui guida si posizionano le generazioni dei sessantottini viziati e raccomandati, in tutto, la pena moderna concentrata per l’intero territorio della Regione storica del meridione Italiano.

Il polo colturale, così articolato, possiede osservatori che si posizionano ben lontani dal loco di nascita, onde essere contaminati da tale povertà, per questo possono osservare in tranquillità e sanza essere contaminati, cosa dicono, fanno, combinano ed esternano di pensiero gratuito, senza vergogna ad opera di faccendieri economici e culturali, che non perdono occasione, nell’esprimere stupidaggini in raccolti stagionali, colmi d’imprecisioni o demenzialità, dirsi voglia.

Nonostante a risvegliare gli animi di cultura sia stato P. Baffi, il quale per aver voluto elevare il luogo, finì per essere tradito e fatto scotennare per un suo trattato sottrattogli e qualche tomolo di grano, incassato lì di fronte all’ingresso di casa sua.

Al giorno d’oggi tutto si ripete identicamente e, nulla si può fare contro questa viscida deriva, fatta di giuda culturali sostenuti, diretti e certificati dalle malevole arche disegnate a modo di compasso.

Generazioni sprecate che dalla fine degli anni settanta, raggiunta la maggiore età negli anni novanta non fanno altro che divulgare errori identitari senza vergogna.

Si potrebbero ipotizzare tante cose, ma si tratta solo di educazione culturale, quella che nessun genitore di queste figure possedeva e ancora oggi possiede.

Siano essi noni, nonne padri e madri o parenti in diversa forma o stagione, ed è proprio questo a renderli cosi leggeri e vulnerabili, verso le cose identitarie della storia, al puto tale che pur se frequentano un istituto rinomato o vanno ramenghi per archivi e biblioteche, caricano ogni edito di arroganza per rendersi padroni di storia e di cose che da secoli sono state conservate senza essere mai sciupate o attinte in favore di altri.

Questa diplomatica vorrebbe correggere le cose, senza eccedere o accendere dissidi, ma calmierare gli enunciati storico culturali senza senso per orientare le vele del discorso, senza danneggiare, istituzioni alte, in forte difficolta si editi divulgati.

Le stesse istituzioni o istituti che fidandosi, nel partecipare alle rivendicazioni dei malevoli, in pompa magna, non immaginavano catapultati in penosa divulgazione di eventi e cose delittuose contro rappresentanti delle stesse in epoca antica.

Sono state scambiate case nobiliari, per luoghi di penitenza e prestito del grano, hanno violato il significato di cose e intime divulgandone liberamente il senso, si sono addobbati di costumi anomali ritenendoli di valore antico o arte dei tempi in cui ago e filo non erano ancora stati inventati,

Sono state millantate opere librarie antichissime postate nei bauli dalle terre parallele di origine, dimenticando che gli Arbëri come gli Arbën, non avevano forme scritte o grafiche, perché vivevano di codici antichi, proprio per non esse copiati o sconfitti, quindi privi di scrittura.

È stato attribuito alla festa di primavera, che rappresentava la conferma dei patti di accoglienza e fratellanza “Valle”, la data storica, per ricordare una epica battaglia vinta dall’eroe Giorgio Castriota

Se poi vediamo come ci viene riproposto in epoca moderna, dagli Schupetari come l’eroe che porta in testa il simbolo di una cupola mussulmana, sormontata da una improbabile pecora albanica, non credo sia credibile.

Quanta pena e quanta povertà culturale viene diffusa, e si riverberano non solo dalle Trùtë e shëprisurë ndë Kushët i Sofiesë.

Infatti basta che ti giri un attimo ad ovest e guardi la deriva in cui versa l’impero d’Occidente Arbëreshë molti apartitico e  trovo a medicare nelle periferie, della capitale, cose a dir poco irrispettose, condite con argomenti senza senso o un minimo di ragione scrittografica.

E se poi avete coraggio di volgere lo sguardo o la mira ad est, verso l’estensione dell’impero d’Oriente Arbëreshë,  il quadro appare ardente come l’inferno e servirebbe, tanto olio di olive bianche, per azzerare i peccati di pena per aprire la porta del paradiso culturale sempre in sancito scritto, ma da nessuno in grado di comprendere e leggere.

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