Archive | luglio, 2012

Protetto: LA STORIA ARCIVESCOVILE

Posted on 30 luglio 2012 by admin

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LA PRO-LOCO RIPROPONE LA 4^ RASSEGNA DI ARTE – SAPORI A CONFRONTO. RASSEGNA DI ARTIGIANATO E PRODOTTI TIPICI ARBERESHE.

Posted on 27 luglio 2012 by admin

MASCHITO ( di Lorenzo Zolfo) – Per il quarto anno consecutivo la pro-loco”Fra’ R. Adduca” ripropone la quarta rassegna di Art e Sapori, a confronto artigianato e prodotti tipici del posto. E’ un’antica riproposizione, in chiave moderna, della fiera del Gallo che da tempo non veniva più ricordata dalla comunità. La fiera del Gallo, come tutte le fiere, pone l’attenzione sull’interazione con le comunità limitrofe attraverso un confronto tramite l’artigianato, tradizioni culturale, canti, arte e sapori. Anche quest’anno la pro-loco, per la riuscita dell’evento, ha dato spazio ai tutti gli artigiani del proprio paese e del territorio. Molti saranno i partecipanti a mostrare i loro “gioielli” d’arte, sarà dato molto spazio ai commercianti con le varie proposte, agli artigiani che modellano creta, lavorano cuoio, ferro e tanto…altro. Ci sarò spazio anche per chi ama raccogliere tracce del passato attraverso oggetti, attrezzi di lavoro, fotografie,  ricerche e studi.  Per l’occasione sono stata invitate autorità che prenderanno parte all’avvio delle due giornate di fiera. La pro-loco, presieduta da Antonio Maulà  e tutto il direttivo, si augura la partecipazione di molti curiosi ed amatori della semplicità per un confronto volto ad incrementare le relazioni tra artigiani, commercianti, scambi culturali, valorizzando anche la cucina locale, con le comunità del territori. Ecco nel dettaglio il programma: 2 agosto: ore 17,30 apertura stand; ore 20,30 degustazione piatti tipici locali; ore 21,00 spettacolo musicale con la Band “ I Sarracin”. 3 agosto: ore 10,30 apertura stand; ore 19,30 diretta Live di Radio Potenza centrale; ore 20,30 degustazione piatti tipici di Maschito; ore 21,00 Maschito Bijoux-Gioielli in passerella, in diretta con Radio Potenza centrale.

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UN PIANO REGOLATORE CHE TARDA AD ESSERE APPROVATO PRESENTATO IN REGIONE. SONO TRASCORSI 10 ANNI!

Posted on 26 luglio 2012 by admin

GINESTRA (di Lorenzo Zolfo) – E’ proprio vero! Da dieci anni che si sta mettendo mano al nuovo piano urbanistico comunale ma non si finisce di chiuderlo. Non sono bastati i vari incontri con i cittadini per ascoltare le proprie esigenze, i vari incontri tra amministratori e tecnici, il nuovo piano, non ancora firmato, giace presso l’ufficio tecnico comunale, in attesa di essere visionato e di essere presentato alla cittadinanza ed agli uffici competenti della Regione Basilicata. Da circa 10 anni si sta mettendo mano a questo nuovo piano regolatore! L’ex Sindaco Caputo durante il suo mandato amministrativo, conclusosi nel 2011, ha lanciato lo slogan:”venite a investire in Basilicata. Ginestra è il luogo ideale dove investire”. Un invito ad investire nella zona artigianale del paese dove il prezzo di acquisto dei lotti è di 10 Euro/mq, tra i più competitivi a livello nazionale: hanno finora investito un’azienda idraulico ed una di raccolta differenziata. Nel paese,invece, in attesa del nuovo piano urbanistico da approvare, alcune famiglie non possono…investire.

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TRA SISIFO E PROMETEO – MONS. PAOLO SCHIRÒ

Posted on 26 luglio 2012 by admin

PALERMO (di Paolo Borgia) – Scendere a Palermo da Piana e fare ritorno in paese con una cavalcatura o con un calesse in tutte le stagioni dell’anno, cento anni fa – e ancor oggi, nonostante il manto di asfalto – significava  viaggiare per cinque ore buone.

C’era, allora, chi ogni settimana si sobbarcava questo strapazzo per portare un foglio manoscritto in tipografia per stamparlo, per correggere la bozza dello scritto della settimana precedente e per ritirare l’ultimo numero di “Fjala e t’in’Zoti”, la Parola di Dio. Rivista settimanale diretta da Antonio Masi, dal  25.2.1912 al 28.2.1915 (nei numeri di aprile, giugno, luglio dell’anno 1912 comprendeva anche “Fjalori”, vocabolario, vocaboli premessi alla rivista): dove Antonio Masi era famiglio nell’Episcopio e la rivista era un foglio scritto in arbrescio, distribuito per la liturgia domenicale. La chiusura del periodico coincise con l’inizio della grande guerra e con la sua opprimente ombra di morte caduta su molte famiglie della nostra comunità.

L’idea, originale novità editoriale in assoluto, è di Mons. Paolo Schirò.

Ma per la comunità “Fjala e t’in’Zoti” è molto di più, è una manna di vita culturale (cfr.Norbert Jokl, Geitie, Guys, Holger Pedersen). Continue Reading

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RILINDASI IN BASILICATA, RIVISTA DI CULTURA ARBERESHE SENZA “BASILICATA ARBERESHE” CHE DA 30 ANNI E’ PRESENTE SUL TERRITORIO.

Posted on 23 luglio 2012 by admin

GINESTRA (di Lorenzo Zolfo ) – Dopo 30 anni e più di presenza dinamica e continua la Rivista “Basilicata Arbereshe” (dal 2001 Webzine su vari Blogs) che organizza ogni anno, autonomamente ed in partnership con le Pro Loco Unite di Barile-Ginestra-Maschito, con i suoi
Redattori , Esperti e Collaboratori sparsi in Italia ed in altri Continenti , la Giornata  di rievocazione storico-antropologica in onore di Giorgio Kastriota detto Skanderbeg , Decide di aprirsi ancora di più alle Università ed agli Sportelli Linguistici (L.482) del Mezzogiorno d’Italia.

Il nucleo promotore a Barile (nella storica sede di Piazzetta Skanderbeg 5) , in collaborazione con cultori, circoli ed amministratori dell’Arberia del Vulture (Ginestra,”Zhurjan” , Maschito e Barile ) e del Sarmento (San Costantino e San Paolo Albanese) si è sviluppato ed ampliato negli anni .

Fino a “gemellarsi” con la Rivista –Madre “Katundi Yne” di Civita-Cosenza e poi con “Jeta Arbereshe” di Frascineto-Ejanina e vari sodalizi di tutela (Confemili-Roma, Eblul- Bruxelles)  e valorizzazione dell’etnìa albanofona (in particolare in Piemonte, Puglia, Calabria, Sicilia, Molise, Campania (Greci-Av) ed Abruzzo-Lem Italia).

“Da qualche settimana, riferisce il direttore di Basilicata Arbereshe, prof. Donato Mazzeo-viene edita on-line “Rilindasi” come supplemento del settimanale “Shqiptaria” finanziato e sostenuto dalla Regione Basilicata, dal Presidente Vito De Filippo e dall’Assessore alla Formazione e Cultura Vincenzo Viti.

La domanda sorge spontanea ed opportuna : come è possibile che in Basilicata, dopo tanti fruttuosi decenni di eventi, progetti, meeting, convegni didattici e storiografici, antologie,  pubblicazioni a iosa , “by-passare” un così ingente e generoso patrimonio di passione per “le radici” e la storia originale degli Arbereshe lucani?

E  si possa pensare di ripartire, praticamente, “da zero” ?

Mentre un “ponte” di amicizia , da anni è stato instaurato fra le nostre comunità etniche e l’Ambasciata dell’Albania a Roma, e della Repubblica Italiana a Tirana ( con il progetto in itinere di “Binjakeri” ,dal 2010,   attraverso la “Shkolla e Kuqe”  ,  la
“Dhomi Tregtise” , la Rivista “Aggiornamenti Albanesi” in bi.lingue  della capitale skipetara , diretta dal prof. Luigi Nidito ???

Perché non coinvolgere,a pieno titolo e con la preziosa mole di esperienza glottologica e storiografica , tutto lo staff di “Basilicata Arbereshe”, iscritta da vari lustri al Registro Periodici del Tribunale di Melfi e nei primi anni, sostenuta
ufficialmente, tramite la Legge Reg. 40, in base al dettato dell’articolo 5 del vigente e non ancora rinnovato Statuto della Regione Basilicata?”.

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PER PRINCIPIO O PER NECESSITÀ

Posted on 13 luglio 2012 by admin

NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – L’indole  dei popoli balcanici che preferirono abbandonare le terre di origine per stabilirsi in altri sistemi orografici paralleli, sicuramente  conteneva il principio di non voler mettere in dubbio la propria identità.

Anche dopo circa quattro secoli, quando ormai i nuovi equilibri erano stati ottimizzati, non ritrovando l’adeguata dimensione economica che la politica unitaria offriva al nuovo meridione d’Italia, si videro costretti a emigrare verso le città dell’Italia settentrionale e d’Europa.
Qui l’economia basata sui modelli industriali accoglieva tutti coloro che avevano grande lena nel lavoro e come tornaconto gli assicurava una buona retribuzione.

In questo caso, la migrazione assunse un aspetto diverso rispetto a quelli che erano stati i travagli del 1470 basati sui valori religiosi, le cronache di allora raccontano dei ricchi bauli trasportati dai Balcani e contenenti i preziosissimi costumi (?).

Come allora, quattro secoli dopo ma per necessità, i lavoratori minoritari raggiunsero le nuove sedi dove svolgere le loto attività, il segno rappresentativo di questa migrazione divenne la valigia di cartone stretta con lacci di canapa e contenente pochi e umili capi di abbigliamento.

Mentre, le donne, gli adolescenti e gli anziani, rimasero a far guardia dei valori morali e materiali, l’antico focolare della famiglia allargata veniva ancora una volta acceso.

Gli uomini in età lavorativa partono, ma ad attenderli non sono le terre della valle del Crati, nè quelle della Mula, nè del Pollino o della rigogliosa terra presilana, ma presidi industriali e pastorali ben più distanti.

Il rapporto tra la casa natia e il posto di lavoro, non è più cadenzato dal tramonto e dal sorgere del sole a dorso di molo, ma seduti su moderni treni a vapore e solamente per tre volte l’anno.

Le nuove e sicure retribuzioni economiche, consentono alle famiglie dei migranti, di riattare le vecchie dimore, offrendo l’opportunità alle generazioni nate in questo nuovo modello, di frequentare le Università del centro e del nord dell’Italia.

Due nuovi processi caratterizzano anche i centri storici minori del meridione, manomissioni diffuse e incontrollate del patrimonio e nello stesso momento avviene lo svuotamento endemico dei piccoli centri, che di anno in anno alzano l’età media della popolazione.

Il processo di urbanizzazione che ha inizio negli anni sessanta, coinvolge anche i minoritari che all’isolamento dei centri collinari meridionali preferiscono il fragore e le luminarie delle metropoli.

Dopo tre decenni però il processo si inverte e nuovi  presupposti del vivere in una dimensione più a misura d’uomo interessano prima i centri prossimi alle metropoli e da qualche decennio anche quelli minori.

La voglia di fare presto e seguire la moda del momento, induce molti amministratori locali a non munirsi di linea guida o progetti mirati indispensabili alla valorizzazione e la difesa dei centri storici ancora intatti.

Idee di rilancio, che non mettano in discussione i modelli, con i quali dopo ancora quasi sei secoli, le genti autoctone del meridione s’identificano e si riconoscono.

Negli agglomerati delle colline del sud Italia vivono nicchie architettoniche perfettamente conservate, basta insinuarsi attraverso gli stretti vicoli e affacciandosi oltre le piccole finestre caratteristica dei Catoj, e ritrovarsi di fronte a intervalli dell’antica vita quotidiana: dimore arredate con tutte le suppellettili di un tempo, depositate ancora in quel modo, avvolte dalla polvere come a proteggere un fotogramma che attende il naturale proseguo.

È giusto auspicare che il fotogramma successivo sia più prossimo a quello appena fissato, poiché una sequenza moderna troppo dissimile potrebbe rendere tutti i minoritari, più orfani di quei valori in cui s’identificano.

La pagina di vita quotidiana fissata dalla polvere è in uno stato, di stallo, pronto per essere ripresentato o spazzato via dal vento e scomparire per sempre.

È indispensabile a questo punto attraverso la storia, il rilievo strutturale, architettonico e materico, dare continuità a quella traccia o sequenza che da troppo tempo attende di essere recuperata.

L’opportunità però non va ricercata attraverso il sinonimo del fallimento o importando modelli diversi, questi ultimi, teoremi da non perseguire assolutamente, perché darebbero avvio a incontrollate manomissioni, utili solamente a cancellare gli antichi e preziosi frammenti.

La necessità di mediare in modo incontrollato o passivo l’affidamento di manufatti edilizi dismessi, innesca i parametri tipici della globalizzazione, che se da un lato garantisce la crescita e il rilancio del sito ad ogni costo, poi la realtà disegna skyline in cui nessuno riesce più a identificarsi.

Diversamente, esistono percorsi capaci di rigenerare vecchi agglomerati disabitati, o gradevoli poggi, senza stravolgerli o penalizzarli nella loro valenza architettonica o urbana.

La pianificazione e la realizzazione dell’albergo diffuso o della vacanza all’interno dei nuclei familiari, è l’alternativa da adottare, anche perché, i valori dell’accoglienza che gli albanofoni tengono depositato sia nei centri storici che nel DNA è una eccellenza innata che tutti gli riconoscono.

Bisogna stare vigili anche perché la necessità economica, innesca processi che un giorno si potrebbero pagare a caro prezzo, un’etnia che nella propria identità deposita la propria forza, non mi sembra plausibile che per ridare vitalità ai centri storici, sia disposta a metterli nelle mani di figure estranee, innescando il processo simile ai centri commerciale a tema o quelli ancora più degradanti delle residenze dormitorio.

Affidando l’etnia minore a coloro che non la conoscono, non gli aggrada e non sanno neanche cosa rappresenta, perché non la comprendono, è ipotizzabile che stiamo scrivendo la parola “fine”.

Se poi proprio affare deve essere, sarebbe più giusto invogliare investitori che credono in progetti alla cui guida, vi siano, lucide e dinamiche figure autoctone, molto motivate e storicamente preparate; il cui fine sia quello di tenere alti i principi, i valori, la cultura e la diversità etnica, che oltre ad avere una crescita del capitale sociale, promuova a pieno titolo le eccellenze arbëreshë.

Ad oggi si fa riferimento a tante episodi isolati ma in nessun caso è messo in risalto l’utilizzo delle antiche dimore minori o la concertazione di percorsi che mettano in evidenza aree predefinite, i centri abitati spesso nel loro interno racchiudono frammenti di storia difficilmente leggibile, ma unificando in progetti diffusi extra Comunali, potrebbero tracciare vicende suggestive della storia arbëreshë.

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La comunità della Chiesa bizantina di S. Atanasio di Roma in pellegrinaggio in Albania

Posted on 07 luglio 2012 by admin

ROMA ( di I.C. Fortino) – Una rappresentanza della Comunità della Chiesa cattolica di rito bizantino “S. Atanasio” di Roma si è recata in pellegrinaggio in Albania, in occasione della Thiranìxia (Apertura della porta) della Nuova Cattedrale Ortodossa di Tirana Ngjallja e Krishtit (La Resurrezione di Cristo), in coincidenza anche con il ventennale della designazione di Arcivescovo di Tirana, Durazzo e di tutta l’Albania di Sua Beatitudine Anastasi.

All’intonazione del Krishti u ngjall (Cristo è risorto) la mattina del 24 giugno a Tirana si sono aperte le porte della maestosa Cattedrale, alla luce dei colori del grande mosaico del Pantocrator della Cupola, opera del Maestro Josif Droboniku, noto in Italia per avere affrescato e mosaicato molte chiese delle Eparchie bizantine cattoliche di Lungro (CS) e di Piana degli Albanesi (PA).

La Chiesa ortodossa albanese è autocefala dal 1937 e come tutte le altre espressioni religiose, durante il periodo del totalitarismo comunista, ha subito una forte persecuzione. Ora vive una fase di grande ripresa: ha ricostruito la gerarchia, ma è soprattutto attenta a ricostruire la spiritualità dei seguaci.

Simbolo della ripresa è anche l’inaugurazione della Nuova Cattedrale che ha visto attorno all’altare il Primate Sua Beatitudine Anastasi e gli altri componenti il Santo Sinodo: il Metropolita di Berat, di Korça, di Argirocastro, e i Vescovi di Apollonia e di Kruja.

Significativa la presenza degli esponenti delle altre espressioni religiose: l’Arcivescovo cattolico di Tirana, il Capo della Comunità Bektasciana che a Tirana ha la sede mondiale, il Capo dei musulmani sunniti, e il responsabile della Chiesa Evangelica.

In Albania le religioni hanno convissuto sempre pacificamente, hanno collaborato a favore della società civile nei momenti più difficili per la ricostruzione della nazione da un punto di vista umano e spirituale.

Quello albanese rimane un valido esempio per le comunità dove esistono diversità religiose.

I fedeli della Chiesa di “S. Atanasio” di Roma, in gran parte appartenenti all’emigrazione arbëreshe in Italia del XV-XVI secolo, hanno partecipato alla Liturgia di S. Giovanni Crisostomo nella Nuova Cattedrale e hanno porto all’Arcivescovo Anastasi gli omaggi, gli auguri e i saluti del Vescovo dell’Eparchia di Lungro, Mons. Donato Oliverio, che ha ricevuto la Chirotonia (Ordinazione episcopale) domenica 1 luglio scorso, e del Rettore del Collegio Greco di Roma, Archimandrita Manuel Nin, che, dopo la morte prematura di Mons. Eleuterio Fortino, guida la comunità dei Fedeli della Chiesa di S. Atanasio.

I pellegrini di S. Atanasio sono stati ricevuti anche dal Capo della Kryegjishata Bektashiane Botërore (Sede mondiale dei Bektascì) e dal Hoxha della Moschea Et’hem Beu di Tirana.

Infine  hanno fatto visita a Scutari alla Icona della Madonna del Buon Consiglio, quella stessa icona che ha seguito gli emigranti arbëreshë del XV secolo, fino alle porte di Roma, a Genazzano, e da qui nei paesi del Regno di Napoli.

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Protetto: I PUNTI CARDINALI D’ARBERIA

Posted on 06 luglio 2012 by admin

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