Archive | giugno, 2022

“ATHÀNATARBËR” (l’immortale Arbër)

“ATHÀNATARBËR” (l’immortale Arbër)

Posted on 27 giugno 2022 by admin

Gallo ologoNAPOLI (- di Atanasio Pizzi Basile) – Quattro decenni di ricerca, comparazioni, lettura, riconoscimento sul campo di fatti della storia e diffusamente divulgati, in questi ultimi tempi dall’olimpo dell’Arbaria,  sono ritenuti mero conflitto di competenze, in forza delle attività mercatali.

I valori deformati non collimano con la somma delle azioni, naturali, perché allevati nei presidi, rivolti verso azioni e consuetudini di un sole che nasce a nord e tramonta a sud.

Vero è che trovarsi innanzi a queste esternazioni a dir poco singolari o meglio mercato senza  radice storica, perché estratti del wikizario  popolare dell’ultima ora, lasciano a dir poco basiti per le figure che vogliono auto celebrarsi e fornire lume a quanti, della via che usa fare il sole, dal sorgere al tramonto, senza troppo impegni, mirano a fare mujna.

Chi è abituato a segnare ore di lavoro, confrontare ogni elemento con dovizia di particolari, non può tollerare quanti aprono discorso, nei luoghi istituzionali della ricerca, esprimendo oltremodo e gratuitamente per fare cultura senza intrecciare  argomenti, in senso di luogo, di uomini e tempo.

Sono noti tutti i luoghi della capitale del regno partenopeo, Napoli e non servono figure istituzionali o emblemi di sorta, che senza alcuna rispetto verso la città, vi si recano per essere illuminati delle cose che altri hanno già provveduto a stendere al sole, con saggezza e dovizia di particolari; senza il bisogno di farsi aiutare da altri conferenzieri, a cui si danno calci sotto la cattedra, per impedire il giusto confronto.

Il centro antico di Napoli capitale, per la sua posizione baricentrica nel Mediteranno, facilitò l’approdo a Romani, Greci, Arabi, Bizantini, Normanni, Longobardi oltre a tante popolazioni e dinastie di rilievo.

Ognuna di esse depositò temi indissolubili, i cui lasciti sono diventati forza caratteristica culturale della città, tra questi, vanno ricordati anche gli antichi abitanti Arbër ed Arbën, gli abitanti dell’odierna Albania.

Le prospettive naturali della città partenopea, le strade, le piazze, gli edifici e gli elevati di culto; dal cuore ordinato e poi via, via, secondo un apparente disordine, nei quartieri fuori le mura, fissano l’identità dei residenti, di cui si nutrono i viandanti dalla breve esperienza in veste turistica.

La città metropolitana di oggi e quello antico di ieri, meritano una lettura approfondita, specie nei luoghi, dove furono seminati i germogli dell’integrazione Arbëri, racchiusi ancora oggi nel silenzio più intimo, tra i decumani del centro antico e in tempi più recenti nei quartieri nati per accogliere forza lavoro fuori le mura.

Dei due episodi storici di convivenza e cooperazione, il centro antico non corre alcun pericolo, per i processi di tutela cristallizzati dall’articolo nove della Costituzione, ed è proprio qui che hanno origine “I percorsi del genio Arbëreshe”, eccellenza, la cui tempra culturale fu affinata nei presidi della cultura da figure come: il Bugliaro, i Giura, il Baffi, lo Scura, i Bugliari, il Torelli, il Milani, il Leopardi e tante altre eccellenze che qui non è il casi di divulgare, le stesse che delinearono un vero e proprio itinerario per la diffusione culturale ad opera di Arbëreshë, qui, lungo i decumani e i cardini del centro antico della città e i rioni storici allestiti presso le porte storiche.

Tutto questo si rileva in luoghi specifici, dove avvennero i fatti, come testimoniano le innumerevoli pagine di storia, rilanciando e ricalcando, come si tentò di fare con poco successo, settant’anni addietro, innalzando un presidio culturale economico e produttivo dell’Albania, per la coloritura del potere a torto è dilapidato..

Attività che attende l’applicazione del progetto delineato sulla carta, non trova figure ligie culturalmente a comprendere il senso, la forma e la finalità di questo progetto pronto par partire.

Napoli non ha bisogni di un Messia, ne di Fatine a mezzanotte, tanto meno di Suonatori di Trombette, in quanto i figli adottati per cultura dalla Dea Partenopea li tiene sempre allenati culturalmente, nei giardini della Sapienza, nel cuore pulsante del centro antico e non lungo la via dei mulinari.

Sono questi figli arbëreshe, gli unici a ricambiare la Dea Partenopee, del gesto ricevuto, solo lei ne è orgogliosa, li mette in mostra tutte le volte che servono perche da secoli non l’hanno mai delusa in ogni genere di manifestazione di fedeltà culturale e storica.

Emulatori di ogni genere, la DEA, li “assecuta cu la scupa” perché distratta una volta, gli avidi innescarono processi in “dolore diffuso” spargendo sangue di cuore materno, lo stesso che scorre ancora, tra le acque dei torrenti Vote e il Galatrella senza più smettere di violare le limpide acque dove bevevano in gioventù i figli del sapere.

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NAPOLI LA VENUS PARTENOPEA DEGLI ARBËR

NAPOLI LA VENUS PARTENOPEA DEGLI ARBËR

Posted on 19 giugno 2022 by admin

36384154-albero-con-radici-isolateNAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Gli oltre cento e più Katundë che danno forma e vita alla Regione Storica Diffusa degli Arbëreshë, nel corso della storia per le innate doti di caparbietà della minoranza, ha superato ogni tipo di avversità  sino ad oggi.

Prima per difendere l’Impero Romano, con capitale Costantinopoli, poi i Dogi di Venezia, in seguito la stessa patria dagli invasori ottomani, da cui si dovettero allontanare, per tutelare le fondamentali radici identitarie, senza mai smettere di affrontare altre chine da togliere il respiro.

Vero è che giunti nelle terre simili a quelle di originarie dovettero confrontarsi con gli indigeni e le credenze locali, superando non pochi attiri, non solo con gli uomini ma anche, con la natura in forma di terremoti, carestie, siccità e  pandemie,  segnandoli ed  offrendo loro, non pochi patimenti.

Gli Arbëri in oltre, si adoperarono e presero parte a tutti i movimenti di libertà, compresa l’unità della nascente Italia e le guerre che la segnarono all’inizio del secolo scorso.

Arrivarono agli anni settanta, le direttive per la tutela delle diversità culturali, prima della nascente Europa terminò con la legge 482/99 della Costituzione Italiana.

Nei primi anni del 2000 si diede avvio a tutto tondo, ad attività che avrebbero dovuto tutelare, attingendo risorse e direttive, secondo quanto sancito dall’art. tre e sei della costituzione, per la tutela della lingua Albanese, ripeto Albanese.

La legge  sancisce testualmente che:” la Repubblica tutela la lingua  e  la  cultura  delle popolazioni  Albanesi, Catalane, Germaniche, Greche, Slovene e Croate e di quelle parlanti il Francese, il franco-provenzale, il  Friulano, il Ladino, l’Occitano e il Sardo”.

La legge 482/99 “tutela la lingua Albanese”, perdonate la precisazione che a questo punto è d’obbligo, cosa centra la lingua Albanese, se essa è una forma moderna dell’antico ceppo, infatti, la lingua che i Katundë della Regione Storica, diffusamente usano dal XVI secolo, con il moderno Skipë, fatto d’inflessione, credenze, metrica e comportamento, “non ha nulla da condividere se non pochi sostantivi di radice”.

Chi ha scritto, la legge 482/99, perché non si è adoperato nell’allargare la prospettiva, anche, a quanto sancito nell’articolo nove della Costituzione Italiana, per dare completezza e cosa più urgente, sostituire la parola Albanese con Arbër, offrendo più forza e chiarezza applicativa alla legge di prima e di quella che deve venire, che tutelerebbe gli Arbër, il Paesaggio e le Cose, invece di tutelare la lingua moderna di un’Altro stato?.

Alla luce dei fatti citati, dai primi anni del secolo appena iniziato e sempre con più frammentazione ha visto incunearsi, la lingua albanese moderna, negli ambiti minoritari che con irruenza e se  dalla vigilia del regime di 482 avevano risposto alle avversità chiudendo porte, finestre e persino i sottoscala dove stavano le copre, da allora in poi tutto è cambiato.

Oggi ormai sono pochi cultori ad essere emarginati  da cantanti, ballerine e ogni sorta di attivista irrispettoso del disciplinare, che se da un lato allieta gli ignari osservatori della storia, dall’altra semina sulle pietre i pochi germogli rimasti della nostra storia.

Ormai le sfilate di deputati ed esperti che giungono in regione storica, hanno preso il sopravvento e si contano senza misura, tutti con rituali imperterriti non lasciano neanche il tempo che trovano, ma distruggono le poche cose rimaste.

Per questo si potrebbe affermare che la Regione Storica Diffusa degli Arbëreshë, per lo stato Albanese è paragonabile a un possedimento in terra italiana, per questo, deve essere marcato con le statue dell’ eroe Albanese,  anche se a ben vedere, noi siamo e saremo sempre Italiani.

Se questi signori che giungono bellicosi come i re vagano per le loro terre, è opportuno che prendano consapevolezza che devono essere rispettosi dello stato Italiano e meno arroganti verso gli arbëreshë, a cui devono volgere lo sguardo con  rispetto e devozione, in quanto rappresentano i tutori della radice identitaria delle terre poste  Albania.

All’interno della regione storica non si va poi cosi leggeri, anzi direi sul pesante perche la storia è diventato un arnese complementare, alle disponibilità di pochi illuminati o prescelti, giacche, si organizzano symposium immaginando che tutto sia eccellenza Arbër, poi quando si aprono i fascicoli, per annunciare, si rivelano neri quelli che dovevano essere eccellenza,  quindi, per evitare magre figure, si affiancano eccellenze che invece di essere di contorno, diventano il riferimento solido, ma ormai è troppo tardi la nera, mera e magra figura è passata.

Capita sin anche di tornare sui propri passi, ritenendo di aver sbagliato e aver raccontato eresie, esagerando impropriamente a una tipologia additiva a un’epoca di costruzione impropria, ma questo non toglie l’onta di mentire, raccontando per anni cose che non sono state mai un riferimento storico costruttivo per gli arbër, se non opere abusive del secolo scorso.

Questo calderone culturale, dove musica, cultura, costumi, architettura, vita sociale e storia, induce tutti a parlare di ogni cosa senza consapevolezza alcuna; il fenomeno ha raggiunto livelli insopportabili sin anche per la tempra indeformabile degli Arbër, noti per assorbire ogni forma di sopruso.

Se si volesse disegnare uno scenario di cosa sono oggi gli Arbër, lo si potrebbe paragonare a un albero che ha foglie e frutti senza eguali, ritenendo che tutto questo è opera del fusto che le mantiene in piedi e non delle sane radici che dalla terra estraggono e filtrano, le cose che poi per il sistema di trasporto e confronto con l’ambiente naturale restituisce eccellenze.

Sino a Quando non si da vita e forma a un gruppo di lavoro multidisciplinare, che non miri al mero concetto di lingua altra, o finire sotto i riflettori per diventare altri, ma a dell’insieme del genio importato dalle terre di radice, tutto terminerà in un nulla di fatto.

Notoriamente prima si definiscono i traguardi bisogna tracciare sulla carta le arche dell’antichità, studiando e analizzando le cose e i processi sociali che sono esclusiva della minoranza; solo dopo di ciò dare seguito a preventivo di spesa e al progetto possibile.

Continue vicende negative accompagnano la storia degli arbër, esse non devono essere intese come un caso fortuito; molto probabilmente sono le ire di Zeus, giacché Giorgio Castriota imprudentemente ne ha voluto assume irrispettosamente le sembianze, e tutto si potrà placare, se si adoperano le dovute misure di penitenza, recandosi in rigorosa penitenza dove tutto ebbe inizio con l’ordine del drago e non della capra che apparteneva ad altri.

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UN TEMPO ERA SCUOLA SOFIOTA OGGI CAMPO PER LUMINARIE

Protetto: UN TEMPO ERA SCUOLA SOFIOTA OGGI CAMPO PER LUMINARIE

Posted on 13 giugno 2022 by admin

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