Archive | ottobre, 2012

KATUNDETH ARBËRESHË ESEMPIO DI MANZANE DIFFUSE

Posted on 24 ottobre 2012 by admin

NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Lo studio dell’urbanistica delle città albanofone è trascurata, rispetto allo studio dei presidi urbani del passato di altre civiltà,  nate Tra il XIV° e XVI° secolo, prive dei parametri di codifica unitaria.

Resta un dato rilevante, in quanto questa fu l’epoca in cui sorsero moltissimi dei centri urbani odierni minoritari.

Le modalità insediative essendo state  realizzate molto lentamente non consentono di estrapolare le parti spontanee da quelle pianificate, di conseguenza vanno analizzate con cautela e comparando gli elementi caratteristici.

Lo sviluppo di questi presidi si può racchiudere nell’enunciato secondo cui l’espressione di crescita spontanea che ingloba i centri minori in un’apparenza caotica, è stato il prodotto di stratificazioni storiche più che della mancanza di una ragionata pianificazione.

L’immagine di molti insediamenti urbani, nel rapporto tra edifici privati e spazi pubblici nasce da regole che trovano ispirazione da i presidi monastici unici elementi architettonici che da secoli caratterizzavano gli anfratti più remoti del territorio meridionale.

E bene ribadire che fino al XIV secolo i centri abitati erano realizzati soprattutto per iniziativa feudale, allocati in posizione collinare e avente finalità puramente difensiva.

Anche se il territorio conteneva strutture utili a creare le condizioni di un habitat sparso fuori dalle città, le uniche alternative a questo stato era rappresentato, per l’appunto, dai numerosi insediamenti monastici, le pievi rurali e i presidi delle fiere.

A partire dal XIV°secolo, furono realizzati numerosi centri urbani di colonizzazione, con la finalità di ripopolare e controllare aree poco urbanizzate o rimaste in posizione marginale pur avendo ottime caratteristiche produttive.

Il progetto dei nuovi insediamenti edilizi urbani e rurali, aveva come finalità l’esigenza di presidiare e assicurare la difesa, mettere in atto la bonifica e avviare il territorio allo sfruttamento agro pastorale.

Con questo fine furono accolti numerosi esuli Balcani,  agevolati prima dalle esenzioni fiscali predisposte negli atti d’imposizione che dopo  misero in luce insostenibili  gabelle .

Sono riconoscibili a tale intervallo storico i presidi abitativi che vengono appellati come Villa, Terra, Castello, Borgo, Casale, conferma di ciò ci giunge attraverso le trascrizioni degli atti sopra citati.

Gli Albanofoni contribuirono a ripopolare gli agglomerati urbani ormai disabitati ricadenti nel meridione italiano e strategicamente distribuiti in quel territorio che si identificava nel Principato di Bisignano.

La funzione di habitat realizzate in questi ambiti si denota come spazio addomesticato, utile a sottrarsi ai  tumultuosi agenti atmosferici, all’interno di un dominio territoriale  in cui operare ed esternare il proprio tradizionale patrimonio  consuetudinario.

Similmente come avviene per un quadro in cui sono utili le linee guida o le maglie di riferimento, anche per le abitazioni si depositano al suo interno l’esistenza della propria vita e le radici identitarie.

La connotazione più ampia di tale citazione geografica o paesaggio è formalmente definita dall’unità primaria e secondaria di aggregazione, ovvero famiglia e gruppo di famiglie che a sua volta occupa spazi e utilizza volumi secondo modelli propri.

All’interno dei contesti privati e all’interno delle dimore o quello che si definisce corpo home, cucina, soggiorno, letto, depositi.

All’esterno invece sono rappresentate: con gli edifici, le strade, piazze, spazi aperti e le fontane.

L’aspetto morfologico va cercato all’interno di formule ed esigenze identificative oltre che connotative, tipiche di ogni gruppo familiare che crea il proprio ambiente, costruito e non, riconoscibile in generale nel modello sub urbano delle manzane.

Aspetti considerati concettuali, ma in pratica si concretizzano nella realtà, in gruppi di case, strade e spazi aperti, la cui natura muta e si diversifica in funzione degli abitanti.

Così, anche se in linea di principio le caratteristiche generali, si presentano le stesse, in ogni sub agglomerato edilizio distribuito in modo diffuso nel territorio, forma i villaggi, i Borghi, la Terra o il Casale.

Da questo punto di vista, se si considera la realtà che riguarda la messa in atto dei presidi  non si può ignorare l’importanza di tre fattori chiave: la caratteristica orografica parallela con la terra di origine, la storia e le leggi che regolavano questo popolo, la religione greco bizantina e le tradizioni.

La formula del modello abitativo Arbëri produce come risultato la caratterizzazione della strada non intesa come via di comunicazione ma il luogo dell’aggregazione.

Il sito generalmente non ha un piano di posa ben definito o pianeggiante, in cui si depositano gli insiemi di moduli, infatti, il sistema viario è il risultato che si ottiene dalla somma; orografia più i moduli abitativi.

È il modulo stesso che prevale e costringe le strade ad articolarsi, spazio di risulta del costruito che diventano il luogo di aggregazione.

Ha così avvio quel processo in cui sono gli edifici che tracciano Uhudet, sheshin e rughat.

Questo modello di insediamenti ha avvio quando le emergenze primarie sono state realizzate, e l’aggregazione tra i moduli produce tipologie spontanee, consolidando il processo della manzana, all’interno della quale si relegano assi viari, (sheshi e rugha), di tipo lineari e articolati.

È all’interno di questo modello sub urbano che si attuano i legami familiari e di commarato identificabili come gjitone.

Esse nascono da esigenze e da logiche topografiche e dal bisogno di rilancio della produttività agricola e pastorale; manzane allocate generalmente in presidi baricentrica tra i luoghi di attività agricole intensive e quelli da bonificare delle pianure fluviali dove si tentava di attivare la produzione estensiva, sicuramente più remunerativa.

Per questo motivo, spesso, non si è in grado di estendere le strade o i blocchi  con regolarità, in quanto relegati e costretti dagli aspetti orografici impervi che offrivano anche idonea esposizioni solare ed eolica.

Queste sono le ragioni che hanno prodotto la crescita spontanea a Manzana, risultato di esigenze stratificate nel tempo, che pur disegnando una apparente  irregolarità, in realtà, sono il prodotto di esigenze scaturite dagli eventi sociali e dallo storico impedimento di reperire i materiali, sono  questi gli aspetti che determinano il manufatto architettonico minore.

Se si osservano planimetricamente i centri delle popolazioni arbëri, la forma spontanea  è comune in tutti gli agglomerati abitativi risalenti a tale periodo.

Una trama compatta quadrangolare al cui interno  stradine e colpi di scena interni, i giardini, generalmente orientati e disposti nel modo più pragmatico e comunicante con l’interno delle case, filtro naturale con la strada.

La configurazione, è il ricamo di una trama edilizia che si adagia senza modificare il territorio, anzi ne diventa parte integrante  senza incidere ferite rilevanti sulla crosta superficiale, ne in origine, perchè utilizza materiali autoctoni e neanche nel futuro poichè lo sviluppo dei moduli si estenderà in elevato.

Un’altra caratteristica del sistema sub urbano è quello di produrre il tracciato viario come difesa naturale contro l’esposizione dei venti e il riscaldamento solare, aspetti importanti per l’idonea vivibilità dei fruitori di queste aree collinari.

Non esistono allineati predominanti in una direzione, ciò per evitare prolungate esposizione, in modo che, la disposizione mutevole diventava il migliore alleato possibile contro le alte temperature estive e l’esposizione ai venti freddi provenienti da est in inverno.

Questa è la ragione per cui la pianta di un qualsiasi insediamento di origine Arbëri mostra un labirinto, senza logica e mancanza di purezza geometrica e  la disposizione articolata si rivela fondamentale a mitigare il microclima all’interno della manzana.

Appare chiaro che la pianta definibile a “modulazione geometrica” non è altro che una matrice composta da numerose variabili, ascrivibili ad una molteplicità di aspetti complessi e quindi non di facile lettura per i non addetti.

Esistono esempi negli insediamenti arbëri, in cui la pianta può possedere una disposizione apparentemente confusa in senso generale e nello stesso tempo molto ordinata nella funzione organizzativa vista dal suo intermo.

La coerenza, degli insediamenti minoritari, va compresa sia dell’impianto urbanistico planimetrico che dell’alzato architettonico;  gli imperativi economici e culturali della nuova natura parallela, che hanno prodotto le realtà urbana  a cui rispondono ordini  sociali fortemente radicati, è da qui che le  caratteristica speculativa territoriali e la virtuosità delle concezioni tradizionali dei minoritari danno avvio agli aglomerati architettonici minori.

Il risultato dell’applicazione di formule e caratteristiche tradizionali, per soddisfare i propri bisogni è stata così radicale, che, in generale, la Manzana, e il luogo dell’organizzazione complessiva delle popolazioni arbëri nei nascenti presidi.

Essa consente di mettere a disposizione l’ideale pragmatismo e rendere la maggior parte del lavoro collettivo il più efficiente possibile.

Si può notare come la migrazione del modello albanofoni è stato messo in atto nei piccoli insediamenti rurali o in domini contadini riconoscibili con il modello sub urbano a forma di mela “Manzana” poi in seguito modificate le esigenze socio culturali si sono plasmati i modelli tradizionali integrando altri servizio di una nuova realtà, in cui il destinatario finale non e più la persona, la casa o la strada e le loro esigenze , ma i rumorosi veicolo a motore.

L’edificazione di nuovi quartieri e complessi urbani hanno ulteriormente mutato o distrutto, il giardino, la casa e la strada, come elementi chiave della popolazione arbëri, quadri sociali di coesione tra gli abitanti, trasformando i presidi in un luogo di transito e non più di socializzazione.

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CHIERI (TO). 29 SETTEMBRE IL COMUNE, SU INVITO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE ARBERESHE, “VATRA ARBERESHE”, INTITOLA UNA STRADA A MADRE TERESA DI CALCUTTA.

Posted on 05 ottobre 2012 by admin

CHIERI ( di Lorenzo Zolfo) – La piccola cittadina alle porte di Torino, Chieri, di solo 36 mila abitanti, dove da circa 10 anni opera indefessamente l’Associazione “Vatra Arbëreshe” (presidente prof. Vincenzo Cucci, originario di Maschito (Pz), il focolare degli italo-albanesi, dal 29 settembre scorso ha una piazzetta legata alla storia dell’Albania: quello di Madre Teresa di Calcutta.La piazzetta, alla presenza delle autorità Cittadine, del Console Generale della Repubblica d’Albania di Milano, Dott. Gjon Çoba e del Console Onorario della Repubblica d’Albania per il Piemonte Dott. Artan Doda, è stata inaugurata nell’area di fronte alla sede di Vigili del Fuoco, a fianco della Croce Rossa, con ingresso da Strada San Silvestro. “Abbiamo motivo di sentirci felici e orgogliosi noi arbereshë e albanesi del Piemonte – dice il Prof. Vincenzo Cucci, presidente dell’ Associazione di Coordinamento degli arbereshë.
Madre Teresa di Calcutta e Giorgio Castriota Scanderbeg sono considerate le due figure più importanti della storia albanese e Chieri è la prima città del Piemonte ad avere una piazza e una via in memoria di queste due figure”.Qui sotto la motivazione della delibera della Giunta Comunale su Madre Teresa di Calcutta:
“Al secolo Agnese Gonxhe Bojaxhi, (Scopje, 26 agosto 1910- Calcutta,5 settembre 1997) è stata una religiosa albanese di fede cattolica, fondatrice della Congregazione religiosa di Missionarie della Carità. Il suo lavoro tra le vittime della povertà di Calcutta, l’ ha resa una delle persone più famose al mondo. ha vinto il premio Nobel per la Pace nel 1979 e il 18 ottobre 2003 è stata proclamata beata da papa Giovanni Paolo II.”

La cerimonia di titolazione della strada è stata completata con una conferenza sulla vita e l’opera di Madre Teresa a cura di Anamaria Skanjeti; un aperitivo offerto dall’Associazione “Vatra Arbëreshe” ed una  mostra pannellare “Albania ieri e oggi” – circa 40 foto, gentilmente concessi dal “Centro di Cultura Albanese”, montati su griglie ammirati lungo le vie cittadine, allietate da musiche e canti tradizionali albanesi e arbereshë.

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Protetto: LA BANDIERA ITALIANA ULTIMO BALUARDO A DIFESA DI UNA STRADA

Posted on 04 ottobre 2012 by admin

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