Categorized | In Evidenza, Storia

SANTA LUCIA E I GIORNI CHE GUARDANO SINO A NATALE I biri magaresë pa truu ruenë me sitë e Shën Lucièsë

Posted on 14 dicembre 2025 by admin

Santa LuciaNAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – C’è un tempo dell’anno in cui il cielo sembra abbassarsi sulla terra e parlare a chi ha ancora la pazienza di ascoltare.

È il tempo che va dal giorno di Santa Lucia alla vigilia di Natale, dodici giorni sospesi, brevi nella luce e lunghi nel significato, che la tradizione antica ha sempre considerato come uno specchio fedele dell’anno che sta per venire.

Nei giorni, quando l’inverno ha già stretto attorno al focolare delle case la famiglia e la natura si è ritirata in silenzio, le figure che un tempo dialogavano con il cielo con attenzione quasi sacra.

Ogni giorno non era soltanto un giorno, ma un mese annunciato e Santa Lucia, con il suo chiarore fragile, parlava di gennaio; il giorno seguente custodiva il destino di febbraio, e così via, fino a quando la vigilia di Natale, carica di attesa e raccoglimento, svelava il carattere dell’ultimo mese dell’anno nuovo.

Non si trattava di una previsione frettolosa, ma un esercizio di lentezza e, il sole che compariva timido dietro le nuvole non prometteva solo bel tempo, ma equilibrio.

Un cielo chiuso, pesante di pioggia, non annunciava sventura, bensì mesi di lavoro duro e di prove da affrontare con costanza.

La neve, quando arrivava, parlava di protezione, di riposo necessario prima della rinascita e, ogni fenomeno era letto non come giudizio, ma come messaggio fraterno inviato dalla natura all’uomo.

Questa sapienza non nasceva dalla paura del futuro, ma dal desiderio di prepararsi.

I contadini segnavano nella mente, o talvolta su piccoli quaderni, ciò che vedevano: l’alternarsi di sole e ombra, il vento che cambiava direzione, il gelo che mordeva al mattino e cedeva nel pomeriggio. Sapevano che il cielo non mente, ma parla con un linguaggio che richiede umiltà.

Tra Santa Lucia e la Vigilia il mondo sembra fermarsi, e proprio per questo rivela di più. Gli animali si muovono poco, i campi riposano, le notti sono lunghe. In questo silenzio, ogni segno acquista peso. Non c’è distrazione, non c’è fretta. Il tempo non corre: si lascia leggere.

Questa tradizione insegnava anche un’altra verità, più profonda: l’anno nuovo non è una rottura, ma una continuità. Ciò che verrà è già scritto in ciò che è. Osservare questi dodici giorni significava riconoscere che la vita segue cicli antichi, e che l’uomo, per vivere in armonia, deve imparare a muoversi dentro questi cicli, non contro di essi.

Così, mentre il Natale si avvicinava e le case si riempivano di attesa, chi conservava questa credenza non smetteva di guardare il cielo. Non per controllarlo, ma per ringraziarlo. Perché in quei giorni il tempo non serviva soltanto a prevedere il futuro, ma a ricordare che ogni anno è un dono fragile, da coltivare con rispetto, attenzione e memoria.

E ancora oggi, chi ripete questo gesto antico sa che non sta cercando certezze, ma connessione. Con la terra, con le stagioni, con coloro che, prima di noi, hanno imparato a vivere osservando il cielo e affidando al tempo il compito di insegnare.

Da Santa Lucia sino a Natale il tempo non corre, ma insegna all’uomo a osservare, a prevedere, a riconoscere il ritmo delle stagioni non solo nei campi, ma dentro di sé.

Sono giorni brevi, di luce misurata, e proprio per questo diventano maestri severi e giusti, mostrano quanto sia preziosa ogni ora, quanto sia necessario prepararsi quando il buio allunga le sue ombre.

In questo tratto dell’anno, l’uomo impara l’arte dell’organizzarsi.

La stagione lunga non si affronta con l’improvvisazione, come si ode dai progetti dei ricercatori dalla zeta smarrita, ma con la visione, dei saggi olivetani, specie adesso che bisogna seminare decisioni, in base agli strumenti da riparare, per rendere più solido il rafforzarsi delle fondamenta del lavoro per il germogli e la fioritura futura di un prodotto di terra locale senza importare parole e costumi altrui.

Chi comprende Santa Lucia sa che nulla nasce per caso o solo per parlare, una lingua altra, perché ogni raccolto è frutto di un pensiero antico, di una disciplina paziente che conosce cosa dire dove, ma soprattutto quando farlo.

La stagione corta, invece, insegna l’essenziale, ovvero quando il tempo stringe, non c’è spazio per lo spreco né per l’indecisione, per questo si fa e si dice ciò che conta, si conserva ciò che serve, si rinuncia al superfluo che racchiude quella zeta perduta.

Questa è una lezione dura ma necessaria, perché il futuro appartiene a chi sa distinguere tra il necessario e il vano raccontato dal campanile trasformato in minareto.

Così, nell’arco che va da Santa Lucia a Natale, si disegna l’intero anno che verrà, ma solo per quanti li sanno leggere questi giorni, solo loro saranno in grado di fare previsione e progetto per allestire nei mesi futuri.

Il freddo avverte di custodire le risorse, il silenzio invita all’ascolto, l’attesa prepara alla rinascita, tutto questo non è solo inverno: ma è un progetto.

E quando arriva il Natale, non giunge come fine, ma come promessa, infatti esso rappresenta la nascita della luce che lentamente ricomincia a crescere, e con essa cresce la speranza di un anno costruito con saggezza.

Chi ha osservato, chi ha previsto, chi ha lavorato nel tempo giusto, entrerà nel nuovo anno non con paura, ma con consapevolezza e cura, perché il futuro non si indovina: si prepara e, Santa Lucia, ancora una volta, lo insegna.

A tal proposito, si vuole sottolineare come il prossimo anno, già a partire da Santa Lucia, si presenti non come una semplice successione di giorni, ma come una visione chiara delle cose da fare.

È in questo tempo di passaggio che si raccolgono i segni e si tracciano i gesti necessari per riportare saggezza nei luoghi e nei tempi della stagione che verrà.

La saggezza non si impone: si semina, con cura, nei luoghi giusti e nei momenti opportuni, affinché possa germogliare vigorosa.

Solo così essa potrà fiorire numerosa e dare frutti buoni, capaci di sostenere la vita quotidiana e di rendere resiliente la consuetudine che cresce e si rafforza quando inizia il buio della stagione corta.

Ogni atto compiuto ora diventa nutrimento per il futuro e, le decisioni prese nel silenzio dell’inverno si trasformano in stabilità quando la luce si ritira.

Ciò che viene preparato con pazienza durante il tempo lungo proteggerà l’uomo quando il tempo si farà breve e severo.

Santa Lucia, dunque, non è soltanto memoria, ma fondamento, da lei prende forma un anno che chiede attenzione, misura e responsabilità, un anno in cui la previsione diventa cura, la cura diventa forza, e la forza diventa continuità.

Così, quando il buio tornerà a farsi più fitto, non troverà vuoto né fragilità, ma una consuetudine già cresciuta, radicata e pronta a resistere, perché nutrita da semi di saggezza piantati nel tempo giusto.

Arch. Atanasio Pizzi (Attento Ricercatore Napoletano Arbëreşë Tenace) A.R.N.A.T.

 

Leave a Reply

Advertise Here
Advertise Here

NOI ARBËRESHË




ARBËRESHË E FACEBOOK




ARBËRESHË




error: Content is protected !!