Posted on 23 agosto 2015 by admin
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Posted on 22 agosto 2015 by admin
Commenti disabilitati su Protetto: LETTERA DI PROTESTA ALL’AMBASCIATORE ALBANESE IN ITALIA
Posted on 14 agosto 2015 by admin
Commenti disabilitati su Protetto: MISTERI E CONTRADDIZIONI DEL MEDITERRANEO
Posted on 12 agosto 2015 by admin
ROMA (di Paolo Borgia) – Il nuovo secondo alveo del Canale di Suez, inaugurato nei giorni scorsi, ora consente il transito continuato delle navi nei due sensi di marcia: mentre prima si doveva procedere a senso unico alternato, con snervanti attese di ore alle imboccature, proprio come succede durante i lavori in corso lungo le strade automobilistiche. Quando si realizzò il primo canale, si trattò di un opera faraonica durata dieci anni, tra il 1859 e il 1869, in balia degli elementi ambientali in mezzo a ogni genere di difficoltà. Oggi il secondo canale è stato realizzato interamente in meno di un anno – anziché nei tre previsti – e la vera difficoltà da affrontare sono stati i continui tentativi di sabotaggio da parte di guerriglieri antigovernativi, che non sono riusciti però ad intimidire i lavoratori.
Che cosa sia questo passaggio a Sud-Ovest per il Mediterraneo, Mar Nero compreso, e per le regioni che si vi affacciano, lo sappiamo bene: è la scorciatoia per le navi che trasportano il 60% circa di tutte le merci circolanti nel mondo. Questo rende di nuovo protagonista il mare di Odisseo, dopo la decadenza del “mare nostro” iniziata con la scoperta dell’America, quando il Centro del Mondo si trasferì con la ricchezza lungo le coste settentrionali dell’Oceano Atlantico. Solo con il taglio dell’istmo che lega l’Africa all’Asia Suez diventa il principale crocevia planetario e il Mediterraneo torna ad essere il Centro del Mondo.
L’importanza della rotta mediterranea consiste nel fatto che riduce di un terzo la durata della navigazione dall’India all’Atlantico settentrionale rispetto alla rotta circum-africana. Il continuo passaggio delle navi sempre sulla stessa rotta ha favorito lungo i suoi pressi anche la nascita di officine piccole e medie per soddisfare le esigenze di rimozione delle inevitabili avarie e usure delle navi, senza dovere modificare l’itinerario, senza doversi fermare e a minori costi rispetto alle quotazioni di altri paesi più settentrionali. Piccole imbarcazioni vanno sottobordo al natante in transito, si accostano, scaricano il pezzo ordinato o lo sostituiscono con quello rotto e, finito il lavoro, tornano a casa, mentre il cargo prosegue il suo viaggio: così in Egitto, così in Grecia.Tra Atene e il mare c’è un formicaio di piccole officine dove si fabbrica di tutto: quello che non c’è in Sicilia, dove ampi porti immacolati e deserti con il loro letargo danno la sensazione di trovarsi alla estremità del Mondo e non al suo Centro.
Ciò che s’intende con tali espressioni non è frutto di antiche credenze mitologiche tramandate ma il riscontro della semplice evidenza geografica: se togliamo Australia e Antartide, quattro continenti occupano un po’ più di mezza sfera terrestre ed il loro centro, il polo, più o meno coincide con l’intorno dell’isola di Ustica. Ad una distanza di oltre 11.000 km da qui, tutto a giro rispetto all’isola tirrenica troviamo i bordi dell’“Oceano”, l’emisfero d’acqua.
Il Centro del Mondo gode del migliore clima in assoluto della Terra. Anche quando ci sono state le grandi variazioni climatiche epocali, masse di disperati profughi o “barbari” invasori sono state attratte dalla mitezza delle condizioni meteorologiche favorevoli alla agricoltura nonostante che il clima fosse e resta semi-arido, costringendo l’uomo ad una economia basata sulla cultura dell’acqua, come ci ha insegnato il grande materano Pietro Laureano. Per fare un esempio basti pensare – in modo discorde dalla idea del clima di Niccolò Tommaseo – alla enorme differenza tra città che si trovano sul 38° parallelo Nord: San Francisco, Washington, Lisbona, Hora (Palermo), Atene, Teheran, Samarcanda, Pechino, Seul, Tokio.
Da qualche tempo nel Centro del Mondo va crescendo un’instabile precarietà frutto delle mutazioni climatica ed egemonica. Si tratta di vecchie questioni a cui non si è voluto dare compromissorie soluzioni tempestive. L’azzardo di egoistiche pretese ha avuto la meglio su ogni ragionevole proposta, scaricando, però, in tal modo conseguenze nefaste su milioni di persone umiliate che ammuffiscono aspettando invano in squallidi campi profughi, dopo aver dovuto abbandonare ogni loro avere. O peggio, persone sole che per soddisfare i loro più elementari bisogni esistenziali si allontanano dalle loro famiglie e vagano inermi come automi alla ricerca di un posto di quiete.
Ora la speranza è affidata ad un rapido ravvedimento di tutti i potentati palesi o occulti, soprattutto di quelli occidentali, perché vogliano desistere almeno in parte dalle loro pretese di dominio esclusivo. Senza tale premessa non si possono realizzare le condizioni di un ripristino di pace, né la possibilità di considerare il Centro del Mondo fraterna casa comune di tutti i suoi abitanti cristiani, musulmani, ebrei e idolatri
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Posted on 12 agosto 2015 by admin
BARILE (di Lorenzo Zolfo) – Il 13 e 14 Agosto nel centro storico di Barile prende il via l’evento “Tumact Me Tulez” a cura della pro-loco che si svolgerà dopo il lusinghiero successo degli scorsi anni, presso il Centro Storico di Barile (Piazza dello Steccato, Corso Vittorio Emanuele ). E’ un itinerario enogastronomico, sulla riqualificazione del centro storico e sulla presentazione dei prodotti tipici di origine prettamente biologica. Alle pendici del monte Vulture in arrivo un weekend all’insegna del buon cibo, dell’arte e del divertimento con degustazioni, presentazioni di libri, talk show, mostre fotografiche ed artistiche, intrattenimenti musicali, ed istallazioni, accompagneranno le due serate.
Un evento rievocativo della tradizione arbëreshë. Tumact Me Tulez, è’ un piatto tipico a base di tagliatelle casarecce, mollica di pane croccante e sugo alle noci. L’itinerario si snoda infatti tra espositori di piatti tipici del Vulture e luoghi di incontro culturale, dove il cibo si sposa con la scrittura, l’arte e la fotografia, insieme a mostre di artigianato locale. Molto singolare la “Fontana del Vino”.
Intenso il programma:
Giovedì 13 Agosto 2015
Ore 18.00 | Palazzo Frusci
Inaugurazione Evento
Ore 18.30 | Palazzo Frusci
Laboratorio di Tumact Me Tulez per i bambini
(6-16 anni) con lo chef Giuseppe SCIARAFFA
(gratuito con prenotazione obbligatoria all’indirizzo mail prolocobarile@gmail.com)
Ore 19.00 | Piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa
Active Radio in diretta
Ore 19.30 | Palazzo Frusci
Show cooking con lo chef Giuseppe SCIARAFFA
(gratuito con prenotazione obbligatoria all’indirizzo mail prolocobarile@gmail.com)
Ore 19.30 | Centro Storico
Itinerari del gusto: Apertura stand enogastronomici
e degustazioni varie di Tumact Me Tulez e piatti tipici
Ore 22.30 | Largo Steccato
Concerto dei “CHIAGN’ E FOLK”, ritmi del Sud
Venerdì 14 agosto 2015
Ore 18.30 | Palazzo Frusci
Show cooking con lo chef Giuseppe SCIARAFFA
(gratuito con prenotazione obbligatoria all’indirizzo mail prolocobarile@gmail.com)
Ore 19.00 | Piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa
Radio Hirundo All Star e Radio Vulture in diretta
Ore 19.30 | Centro Storico
Itinerari del gusto: Apertura stand enogastronomici e degustazioni varie di Tumact Me Tulez e piatti tipici
Ore 22.30| Largo Steccato
Concerto degli “SCANNAPIECO BROS”, jazz 4et
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Posted on 01 agosto 2015 by admin
Commenti disabilitati su Protetto: LA CULTURA NON SI IMPORTA NE SI ESPORTA; SI CONDIVIDE FRATERNAMENTE (The pùnuërth nëngë mbjdhet ne schjtèth; ma miret pjesë vellezërisht)
Posted on 21 luglio 2015 by admin
SAN DEMETRIO CORONE (di Adriano Mazziotti) – Per il quindicesimo anno consecutivo San Demetrio C. si tinge di stelle a strisce. Sono tornati puntuali, come è ormai consuetudine ad ogni inizio d’estate, gli studenti americani frequentanti il corso “Study Italian and discover Mediterranean culture”, il programma della University of Rhode Island e del De Rada Italian Institute che, oltre alle lezioni e seminari impartiti dai docenti Daniela Roma, Francesca Beretta, Francesca D’Agostino e Daniel Shield, propone ai suoi frequentanti, quest’anno ventinove, visite d’istruzione in Calabria (Reggio Calabria, Pizzo, Tropea, Unical), in Basilicata (Matera) e in Puglia (Otranto, Lecce, Galatina, Gallipoli).
Il punto di forza del ciclo di studi continua ad essere la sua collocazione in una realtà vissuta all’insegna dell’interazione quotidiana tra i giovani studenti statunitensi e la popolazione locale; un modo originale per elevare la qualità dell’attività didattica e immergersi totalmente in alcuni aspetti peculiari della cultura mediterranea.
Il corso di lingua, letteratura italiana e cinema si deve alla iniziativa realizzata nel 2001 dal direttore del centro studi deradiani, Michelangelo la Luna, docente presso la University of Rhode Island, uno dei tanti audaci che per raccogliere le soddisfazioni che meritano hanno preferito giovanissimi oltrepassare l’Oceano.
Il programma di studi degli studenti statunitensi concluderà giovedì 23 nell’Anfiteatro comunale con la presentazione della nuova edizione del libro di Carmine Abate, “La festa del ritorno”,
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Posted on 04 luglio 2015 by admin
NAPOLI (di eledA elisaB) – Il paese arbëreshë di cui voglio parlare in questo breve trattato, nasce alla fine del IX secolo nelle colline della Sila Greca, a cavallo del promontorio scavato, tra le isoipse 620 e 520 s.l.m., dai torrenti del Duca e del Galatrella; il sito, insieme ai casali di Acci, Alimusti e San Benedetto è stato da sempre considerato uno solido riferimento del confine tra le diocesi di Bisignano e quella di Rossano, per questo i suoi abituri ha avuto attenzioni dalle autorità religiose e laiche bisignanese.
Il nucleo abitato rientrava tra quelli inclusi nella vendita del 26 marzo del 1462 quando Luca Sanseverino primo Principe di Bisignano acquistò il feudo dal Re di Napoli per la somma di 20.000 ducati,.
Con l’acquisizione del feudo il principe Sanseverino mirava a ottenere grandi profitti, ma l’indotto produttivo e le attività realizzate dal principe dopo un brillante avvio ben presto dovettero misurarsi con gli effetti della carestia, della peste e dei terremoti che videro come scenario la Calabria citeriore.
I successori di Luca rispettivamente; Girolamo, Bernardino e Pietro Antonio per cercare di rinvigorire le sorti dei loro possedimenti, si adoperarono per accogliere nuove e operose genti di origine albanese.
Gli arbëreshë dopo un iniziale ”nomadismo”che si dilungò sino agli inizi del XVI secolo s’insediarono definitivamente in casali disabitati e nei luoghi di confine delle diocesi.
Con la caduta di Corone, dalla Morea giunsero altri gruppi albanofoni; lo stesso periodo in oltre segna un’altra tappa importante riguardo l’economia del sud, infatti le terre non erano più assegnae in maniera frammentate, ma date in concessione grossi appezzamenti a referenziati, che non potevano più sfuggire agli esattori delle gabelle.
A seguito di ciò trascritti gli atti di sottomissione tra le autorità locali e agli esuli, venne concesso agli arbëreshë il diritto di edificare manufatti in muratura oltre ad avere i privilegi di trasferire alle discendenze quanto a loro disposizione, le nuove disposizioni chiaramente miravano ad aggiungere valore ai possedimenti del principato.
Ebbero così inizio quelli che oggi si riconoscono come agglomerati urbani diffusi arbëreshë, le cui direttive affonda nelle disposizioni regie del governo centrale spagnolo affinate dagli esuli con il modello di famiglia allargata, secondo quanto disposto nel Kanun.
Gli albanesi giunti nel casale denominato Terra, presumibilmente il sette di settembre del 1471, inviarono messaggi della loro presenza realizzando fuochi per ribadire che quei territori da allora in avanti non sarebbero stati più disadorni e incolti, disponendosi per fare ciò in maniera strategica tra l’antico rione Terra ove sorgeva l’antica chiesa ad impronta greca e Pedalati.
Superata la fase di nomadismo, innescata dai principi di Bisignano, gli esuli dei due agglomerati, si unirono dopo le sottoscrizione dei capitoli del 1535 nell’area circoscritta dai rioni denominati: Kisha vieter (L’area adiacente alla chiesa costruita alla fine del IX secolo), Huda Made ( la strada di costa che collegava le diocesi di Bisignano e Rossano), Karkareleth (Il luogo dove erano allocate le vasche per lo spegnimento della calce), Sheshi kuarvonit ( Il loogo dove si fermaroni gli esuli quando giunsero nel casale Terra), Lemi litirith (l’aia che apparteneva agli aggregati del 1535), Huda kasanes ( Rappresenta il luogo delle correnti ascensionali e utilizzato come discarica), Stangoi( era la fontana che segnava la congiunzione con la strada grande della bretella dei periodi di secca), Shigata ( parete piana a vista da cui il toponimo Terra che caratterizza il borgo), tutti gravitanti attorno alla Trapëza ( luogo paludoso e instabile geologicamente; unità di misura per la pesa dell’oro, per cui il luogo dove reperire frammenti di cibo dalla mensa arcivescovile); Essi rappresentano i rioni storici distintivi di ogni famiglia allargata, rispettivamente identificate nei: Marchiano, Baffa, Becci, Elmo, Masci, Miracco, Bugliari e ancora Baffa.
Le vicende che accompagnarono lo sviluppo dell’insediamento cosi circoscritto sono tipiche di tutti i paesi albanofoni, anche se in questo caso appaiono molto più evidenti che in altri ambiti.
Come accennato prima una volta sottoscritte le capitolazioni, gli albanofoni, che da ora chiameremo “arbëreshë”, iniziarono a patire e subire gli eventi storici che caratterizzarono le province di tutto il Regno Napoli nel seicento, mi riferisco alla ricerca di un equilibrio economico che alla fine divenne un miraggio, viste anche le difficoltà che scaturivano non solo dal sistema feudale, mai rimosso, ma anche da eventi tellurici, igienici e meteorologici che non favoriscono la risalita economica.
Tutto il milleseicento fu un susseguirsi di difficoltà che imbruttirono le popolazioni albanofone, oltretutto, essendo fortemente radicate a una ritualità sociale e religiosa propria, se aggiunto il dato che non vi fossero nuove generazioni di Clerici preparati a impartire un solido credo religioso, diventava sempre più arduo trovare punti di coesione con le genti autoctone.
Bisogna attendere l’istituzione del Collegio Corsini, voluto dal papa Clemente XII, per intercessione dei Rodotà, i quali avendo ben chiaro il quadro si adoperarono affinché si formassero nuovi Clerici che potessero impartire la parola di Dio a una minoranza che rimanevano fortemente legate al rito bizantino, alla consuetudine e all’idioma della terra d’origine.
L’istituto ha rappresentato la piattaforma ideale per ricostruire la propria identità arbëreshë, una finestra aperta in occidente ma che guarda verso le radici nell’oriente abbandonato nel 1470, grazie agli antichi insegnamenti che gli albanofoni riacquisirono ebbero l’occasione di poter frequentare gli ambienti universitari nella capitale partenopea e inserirsi all’interno della vita sociale, politica, scientifica e religiosa del Regno, divenendo esempio di integrazione e fratellanza tra popoli con principi e caratteristiche sociali dissimili.
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All’interno del perimetro denominato Terra dal 1535 venne adottata una nuova metodica di edificazione, utilizzando calce e arena, con questi materiali sostituirono rami e fango con cui venivano edificate le antiche abitazioni elementari denominate Kalive, parola greca, che ha il significato di copricapo, cappello, ombrello.
La disposizione e l’aggregazione dei moduli abitativi elementari avveniva secondo regole radicate nella consuetudine albanofona, secondo quando disposto dal Kanun.
In oltre l’orografia del terreno e l’orientamento consentivano di posizionare al meglio il rituale modulo da edificazione.
Rioni ben delineati e distanti dall’asse viario principale, da cui si dipartivano le strade secondarie su cui affacciavano gli ingressi delle abitazioni.
La porta, la finestrella e il seggio oltre la copertura a falda unica, che riversava le indispensabili piogge meteoriche sul vico, caratterizzava i moduli abitativi.
La kaliva per gli esuli albanofoni diventa un elemento fondamentale, non solo come luogo di ricovero fisico, ma anche il contenitore dei beni intangibili, entro cui riversare le attività che hanno consentito il riverbero degli elementi di un modello consuetudinario, riferito nella sola forma orale, capace di difendersi e sopravvivere sino ai giorni nostri.
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Posted on 30 giugno 2015 by admin
Napoli (di eledA elisaB) – Venerdì scorso ha avuto luogo nella suggestiva sala del Capitolo del Complesso di San Domenico Maggiore, il Convegno internazionale per celebrare i 500 anni dall’insediamento dei Greci in Campania.
L’evento organizzato dalla presidenza della comunità ellenica di Napoli è stato Moderato dal prof. Jannis Korinthios e ha avuto come ospiti d’onore: Temistocle Demiris, ambasciatore della Grecia e Paul Kyprianou, Kafantaris, sindaco di Pylos, il paese dal cui porto 500 anni fa salparono i profughi verso l’Italia.
Hanno preso parte iall’incontro importanti relatori ed esperti d’ambito della coltura partenopea, tra cui segnaliamo:
Filippo D’Oria Università di Napoli “Federico II”, Emilia Ambra Vice direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, Imma Ascione direttrice Archivio di Stato di Napoli, Antonio Stopani Università di Torino, Roberto Romano Università di Napoli “Federico II”, Panagiotis loannou Università di Creta, Gianfranco Zarrillo maestro restauratore, Elsa Evangelista Direttrice del Conservatorio di San Pietro a Majella; Jolanda Capriglione Seconda Università di Napoli, Roberto Modiano Comunità Ebraica di Napoli, Sotiris Papadimitriou; Atanasio Pizzi ricercatore, Isabella Insolvibile storico; Giulio Maria Chiodi Università degli studi dell’lnsubria, Marco Galdi Università di Salerno, Gennaro Oliviero Università di Napoli, Mario Colella notaio, Giorgio Patoulis Presidente Unione Centrale dei Comuni della Grecia.
Presente anche il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che ha portato i saluti del popolo partenopeo oltre l’impegno della municipalità a ripristinare l’antico toponimo di epoca aragonese nel rione Carità; la strada denominata Vico de’ Greci, che corre lungo il fianco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo è stata dal 1518 luogo di preghiera delle popolazioni greco bizantine e greco ortodosse.
Va posto l’accento sull’intervento dell’architetto Atanasio Pizzi in cui è stato rilevato quali siano state le peculiarità che hanno determinato la crescita e poi la riedificazione, negli anni quaranta del secolo scorso, del rione Carità; riferendo anche delle caratteristiche sociali di chiara impronta greca che ha segnato lo sviluppo della città partenopea riferendo nel lessico abitudinario riferimenti al vicolo, in oltre l’architetto ha ricordato che anche nel Rione Loreto esisteva una strada titolata “Vico de’ Greci alla Marinella”, area dismessa con l’ampliamento dell’asse di scorrimento della marina.
Oggi, il progetto “Napoli Est”, che vuole riqualificare l’area, interessa anche quel tracciato identificativo della minoranza; ha riferito l’architetto, negli ambiti del progetto si potrebbe prevedere di evidenziare almeno planimetricamente il percorso, dato che l’area quasi certamente sarà adibita a verde pubblico.
L’evento e proseguito nel Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella e ha avuto il suo culmine con un concerto dal titolo “la Musica, un ponte di civiltà sullo Ionio”, che ha suggellerà il gemellaggio tra l’Accademia Musicale Napoletana e il Conservatorio Musicale di Corfù.
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Posted on 17 giugno 2015 by admin
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