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TRE PECCATI INCONSAPEVOLMENTE DIFESI DELLA NOSTRA STORIA: BORGHI ARBËRESHË, ARBËRIA E SCANDERBEG

Posted on 24 gennaio 2021 by admin

AVENDO AVUTO UN INVITO AD ASCOLTARE PER INTERVENIRE, VI INVIO QUANTONAPOLI (di Atanasio Basile Pizzi) – Il patrimonio culturale arbëreshë, notoriamente tramandato attraverso la forma orale e la consuetudini d’ambito, dagli anni settanta del secolo scorso è stato scosso dalle nuove generazioni che hanno intrapreso, a loro dire, la via dei discorsi nuovi.

Questa è stata l’epoca che ha prodotto la “nuova alba culturale” dove i pittori pur di vedere al loro seguito, generi che sognano bagliori di luce, ne fanno di tutti i colori, escluso, quelli più opportuni o a tema pittorico.

Le manifestazioni di pigmentazione, così attuate, sono drammaticamente penose e variopinte senza alcun senso per il proseguimento del protocollo identitario; per questo, urgono misure preventive atte ad arginare le soverchianti  folgori.

Ormai viviamo una stagione di confusione totale, basti solo porre l’accento sulle innumerevoli manifestazioni prive di senso e di garbo, generalmente aperte al grido di Borghi Arbëreshë, Arbëria e Scanderbeg e tanta altre diavolerie che è vergogna citare, perché si usa vestirsi a mo variopinto con cui disegnare a terra  ruote, cerchi e ridde, immaginando di stupire gli spettatori che allibiti si danno a gambe.

Tutte manifestazioni che lasciano il tempo che trovano e non interessano a nessuno, se non i comuni praticanti, che nel vedersi abbagliati dai riflettori della ribalta, pensano di aver fatto festa, senza rendersi conto di  bruciare quanto non gli appartiene.

A tal proposito e senza dubbio alcuno, dei tre componimenti: Borghi Arbëreshë, Arbëria e Scanderbeg, è bene rilevare, che nessuno di essi trova allocazione nella storia, neanche in forma di ombra, per la popolazione minoritaria che oggi vive la REGIONE STORICA DIFFUSA ARBËRESHË.

Questa deve ricevere rispetto da tutti, sin anche, chi travestito da pifferaio, saltimbanco e ogni genere d’inadatto alchimista, crede di poter disporre a suo piacimento del patrimonio che non ci appartiene, perché ricevuto per consegnarlo alle nuove generazioni, per questo più rimane puro e intatto dalla sua origine storica e più ha durevolezza nei secoli.

Nello specifico iniziamo a porre l’accento, con forza e senza sorta di dubbio alcuno, che la denominazione “Borgo” non ha alcuna attinenza storica, urbanistica, architettonica, sociale, economica culturale, sia di tempo, sia di luogo, sia di uomini;  i paesi arbëreshë sono Katundë, il parente stretto di Castrum, Paese, Casale e rappresentano storicamente l’inizio dei processi urbanistici delle città aperte, oggi metropolitane.

A proposito del concetto di Arberia, per com’è inteso, vorrebbe essere uno stato, con i suoi abitanti, un proprio governo, una propria autonomia, con proprie leggi e comunque si giri e si osservi il concetto, nulla del genere esiste, in quanto gli arbëreshë sono una minoranza storica italiana, verso la quale lo stato offre tutte le tutele di rispetto dovuto a quanti hanno saputo integrarsi e proteggere il territorio con lo stesso senso degli indigeni, gli stessi che li accolsero sei secoli or sono.

Relativamente all’appellativo con cui viene soprannominato Giorgio Castriota di Giovanni, (volgarmente denominato Scanderbeg) bisogna stare molto attenti nell’utilizzare o il nome o l’alias.

Perché l’eroe con intelligente astuzia, per evitare che il suo popolo e le terre di quest’ultimo fossero cancellate dal ricordo degli uomini, realizzo uno degli stratagemmi che la storia ancora stenta a comprendere e valorizzare.

Egli per questo resosi conto che non aveva possibilità di prevalere sui cani turchi, operò la strategia seguente, grazie al patto di mutuo soccorso che il padre Giovanni aveva con Il re di Napoli, Vlad I, i Principi dell’allora Epiro nova e Vecchia, trovando il modo di lasciare un messaggio indelebile, irriconoscibile ai turchi, e unisse quanti vivevano le terre oggi denominate Albania e nel frattempo, salvare lingua consuetudini, metrica e religione nelle terre del meridione allora regno di Napoli.

Alla luce di ciò, quando si fa uso del suo nome, bisogna guardarsi attorno per comprendere cosa pronunziare, per questo se state in terra d’Albania gridate con forza, ai quattro venti, l’appellativo “Skanderbeg”, lo slogan nato per unire e risvegliare antichi legami in senso di confini territoriali.

Tuttavia se vi dovreste trovare, per caso, negli sheshi o ambiti della regione storica, il luogo dove la lingua, le consuetudini, la religione, fa vibrare i cinque sensi Arbëreshë, per non cadere nel banale è d’obbligo usare solo ed esclusivamente Giorgio Castriota il valoroso figlio di Giovanni; null’altro.

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