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L’AQUILA A DUE TESTE ARBËREŞË RESTA IN GABBIA E NESSUNO FA COSE PER LIBERARLA

Posted on 18 gennaio 2024 by admin

Sant'Elmo

NAPOLI di (Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Se dopo sei secoli di studi, convegni e appuntamenti, con inizio, svolgimento e termine svoltisi esclusivamente con l’eterno tema culturale di allestire “insiemi di scritti unitari”, oggi riceviamo in eredità, l’inutile deriva a cui si deve porre termine.

È giunto il tempo di scuotere la cultura e le figure più titolate non per forma curriculare, ricordando agli impavidi scribi, che una minoranza non è mera favola di favella di corte ignota.

La cultura e mi riferisco a quella fatta dai maestri di scuola, secondo le regole di un tempo, gli stessi che seguivano regole di forgiatura della crusca locale in “Ragione Storica” e, non andavano secondo le gesta di quanti approdarono, levando le braccia al cielo, favellando lingua ignota, perché senza regole di bottega Dogale o lume di Hora.

Oggi la cultura, quella nuova naturalmente fatta di senso compiuto, preferisce indagare le cose tra gruppi di molteplici discipline e, usa volare in alto, affinché prendere visione globale della storica regione diffusa del meridione Italiano.

Sono numerose le figure istituzionali e di comuni cittadini che oggi si recano al cospetto dell’aquila bicipite, inchinarsi perché fedeli al suo valore, tuttavia nel corso dei secoli nessuno si è mai chiesto come fare o se è il caso di liberarla per lasciarla volare secondo natura.

E vedere, finalmente il suo particolare volteggiare, libero senza ferri paralleli verticali/orizzontali, gli stessi che ne violano la sua libertà culturale non certo mono cefalico.

Un volo libero a tu per tu con il vento e il suo cuore grande, lo stesso che da tempo è stanco di rimanere accovacciato sulla spalla del padrone, e anche quando in liberta ascolta sempre l’inutile battito di chi lo tiene legato.

Perché non lasciare spazio all’avanzare del sapere della radice antica, di cui lei ne è l’emblema storico e terminare di ascoltare il cuore nemico, che la tiene in gabbia da lungo tempo.

È così che si smarrisce il ritmo del cuore unico e forte dell’aquila bicipite, che alimenta due punti di vista e apre scenari ampi di ricerca nuova.

Questo, stato di fatto ha dato spazio a quanti vivono nel buio delle loro botteghe, ostinandosi a costruire solite gabbie, per lo storico volatile che ci rappresenta e vorrebbe volare in alto, e inviare grida di giubilo per le cose buone e di allarme per quelle, che sono di più, mancate.

Il volo dell’aquila nella Regione storica diffusa degli Arbëreşë, resta l’unico esperimento possibile in età moderna e, l’osservare con libertà bicipite, potrà giudicare le cose ancora non fatte e, scientemente ignorate in queste terre buone; questo potrebbe essere un buon inizio di una nuova era, o giorni dirsi voglia, specie di mattina, con il sorgere del sole, che illumina da est la radice storica del mediterraneo buono.

Un punto di vista nuovo e, certamente molto alto a cui nessuno ha mai immaginato di dare scena, per osservare le cose compromesse dei due pensieri, che sia da ovest e sia da est hanno sempre immaginato confronti cruenti o di ricatto dirsi voglia, senza mai fermarsi e comprendere i bisogni di quei popoli, in continuo fermento.

Solo dall’alto di un volo silenzioso e in sicurezza, sarà possibile ascoltare le discronie, le diacronie oltre tutte le incongruenze prodotte in questo storico intervallo di deriva scura, dove le cose buone, di uomini e natura non sono germogliate per poter fiorire una primavera di coerenza.

In vero, mancano vie di comunicazione, dei luoghi vicini e lontani, dove approdare e, sin anche l’aquila bicipite non sa dove fermarsi per riposare, quando appagata delle cose viste e sottolineate nel panorama della fannullona Sibari, perché preferite altre pratiche di conservazione le stesse che non fanno servizio per tutta la comunità che fa resilienza continuata, e spera di non vedere il solito sole tramontare ad ovest.

Il senso di questa frase vuole indicare che esiste un diffuso gruppo di cultori titolati, a cui è stato chiesto di ricercare, pur se allo stato delle cose e dei fatti restano tutti divisi perché percorrono strade senza meta e, mai sortiti a terminare uniti la china più semplice; tuttavia e senza il loro ausilio, basterebbe educarli tutti a fare un percorso rettilineo per prendere quota e volare uniti.

Un percorso rettilineo largo a sufficienza e lungo come una pista per aerei, lì dove gli abitanti della Sibari antica, seminarono cose ancora oggi capaci di rispondere alle ire del tempo e della natura.

Un approdo e una strada Jonë, che partendo dall’aeroporto di Sibari dovrebbe abbracciare tutto il meridione Arbëreşë per seminare i meriti pregressi e poco noti della Regione Storica Diffusa e, per la prima volta nella storia moderna, si potrebbe costruire un termine a modo dei greci, per ripartire con le vie del cielo e, diffondere il modello che oggi diverrebbe l’esempio per tutto il mediterraneo, perché l’unico riconosciuto come esempio dal tempo, dalla storia e dagli uomini.

Cosi Sibari si approprierebbe del suo ruolo antico, di approdo per popoli in cerca di una nuova possibilità per la vita e, diventare un polo d’integrazione moderno, fulcro Mediterraneo a impronta dell’aquila bicipite, la stessa che unisce pensieri, alimentati da un cuore unico forte e indivisibile.

Non è più tempo di fare i discorsi, oggi siamo al tempo dei progetti e dell’agire, fare la storia moderna, non serve alternare soluzioni, vicino le pieghe dei pensatori sani, gli unici pronti a costruire e programmare, futuri di memoria buona e cose utili.

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