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GRECI – KATUND “Apertura di un nuovo spazio di fatto”

Posted on 21 febbraio 2016 by admin

GreciKatundiNapoli (di Atanasio Pizzi) -La cittadina di Greci insiste all’interno di una macroarea albanofona, extra-regionale e rimane l’unico agglomerato a conservare idioma e consuetudinari arbëreshë; essa per questo va tutelata in modo mirato, affinché il tesoro, materiale e immateriale ancora vivo all’interno del suo centro storico non vada smarrito nell’inconsapevolezza generale.

I sistemi urbani diffusi, e le Kaljve che hanno dato origine al centro storico, rappresentano l’humus ideale, dove il GENIUS LOCI ALBANESE ha avuto modo di mettere a dimora i semi dove oggi sono radicati i beni tangibili e intangibili della minoranza denominata Arbëreshë.

Diviene quindi prioritario tutelare non solo l’idioma, la consuetudine e la religione dei minoritari ma anche i luoghi fisici costruiti e gli spazzi vissuti dal popolo albanofono, sulla base di quanto asseriva Servio, il quale sottolineava che: “ nessun luogo è senza un genio ” (nullus locus sine genio).

Nonostante il legislatore europeo e quello italiano, in seguito, tuteli questi ambiti con: LA CARTAEUROPEA; seguita dalla CONVENZIONE-QUADRO la LEGGE n. 482 del 15 Dicembre 1999, il DECRETO del Presidente Repubblica n. 345 Art. 1 Comma 3 e la LEGGE REGIONALE N.14 DEL 20 DICEMBRE 2004, che tutela specificamente la minoranza alloglotta e il patrimonio storico, culturale e folkloristico della comunità albanofona del Comune di Greci in provincia di Avellino, oggi si predilige l’aspetto linguistico consuetudinario non operando alcuna tutela verso i contenitori fisici costruiti o vissuti dagli arbëreshë.

A tal proposito, per evitare atteggiamenti impropri e giungere alla confusione storica, realizzata negli ambiti emergenziali delle pendici del monte Mula, si vogliono portare alla luce punti fondamentali, per la ricerca di microarea; condotta tracciando un itinerario riferibile alla storia albanofona legato direttamente alle specifiche territoriali, a iniziare dalla suddivisione della “Regione storica Arbëreshë” in macroaree omogenee che qui di seguito si riporta quella riferita a Greci: CAMPANIA: Provincia di Avellino e Benevento; (Macroarea del Bovino).

Esaminando nello specifico caso, glia ambiti dell’abitato di Greci, l’unico paese che ancora oggi parla l’arbëreshë orgogliosa delle proprie origini, con l’apertura del nuovo stato di fatto, è stato assemblato digitalmente un modello, G.I.S. (Geographic Information System), attraverso il quale sono state individuati dati interessanti come: la linea per la difesa lungo la quale furono disposti gli agglomerati diffusi albanofoni.

Il dato si ritrova sovrapponendo Layer diversi delle planimetrie del 1546-1623, e le odierne ortofoto; se a queste si sovrappongono i due assi viari (Foggia, “Stazione di posta Savignano”, Ariano Irpino) e (Cerignola, Ascoli, “Stazione di posta Savignano”) emerge in modo palese l’avamposti naturale di controllo e difesa della capitale de Regno partenopeo da oriente .

Se a questo dato, sono associati gli aspetti urbanistici e abitativi con i quali gli albanofoni ricercavano e organizzavano gli spazi da utilizzare per insediarsi, la lettura del piccolo centro arbëreshë dell’avellinese conferma quanto è storicamente divulgato.

Va comunque sottolineato che gli abitati  di pertinenza arbëreshë, innalzati dal XVI secolo,  sono stati ritenuti simili al costruito storico indigeno, tralasciando per questo gli aspetti sociali, economici e politici connessa alle epoche  d’insediamento degli esuli.

Il percorso qui di seguito trattato vuole fornire elementi utili a sfatare questo dato anomalo, sulla base di elementi  secondo uno “schema architettonico/sociale” riferito a uomini, luoghi e tempo.

Le note più evidenti sono riassunte nelle direttive che trovano rilevante caratterizzazione negli aspetti idiomatici, sociali, nella religione, nella salubrità e la difesa territoriale, qui di seguito esposti per grandi linee:

  • Sociale: organizzati secondo un disciplinare consuetudinario tramandato oralmente, indispensabile a blindare la sua divulgazione esclusivamente entro gli ambiti della Famiglia tradizionale Allargata, tale che, pur venendo a mancare uno dei cardini identificativi la comunità riusciva a sostenersi in maniera indelebile;
  • Religioso: ogni serie di gruppi familiari aveva come accompagnatore ecclesiasti, greco-ortodosso, che presumibilmente predisposero le nuove dimore secondo l’antica disposizione della “Skita” (piccole celle nei pressi di un presidio religioso, a uso dei gruppi di preghiera).
  • Orografico: ricercavano ambiti paralleli o simili alla terra d’origine per attivare i protocolli di sostentamento preservando il territorio senza incutere ferite indelebili;
  • Salubrità: gli esuli avendo conoscenza dei pericoli provenienti delle zone paludose si stabilivano ben distanti altimetricamente, collocati al disopra di tale soglia limite.
  • Difesa: è noto che gli ambiti facilmente raggiungibili dalle costa erano territorio di cacca di pirati e banditi, i quali, consapevoli di non incontrare alcuna opposizione spaziavano in lungo e in largo le coste e le zone ad esse facile menta raggiungibili dello ioni motivo per cui i paesi albanofoni sono disposti secondo uno schema che garantiva di intervenire per troncare nel nascere ogni tipo di incursione.

Il Paese di Greci fu ripopolato dalle genti albanofone per strategie per la difesa del Regno di Napoli nel XV secolo, linea di confine delle Provincie del Principato Ultra e l’Appennino della Daunia, insediamenti non casuali, ma esigenze strategiche, studiate, per la difesa e attuate, con l’ausilio di  origine albanesi rispettosi alle regole della  Besa; (Promessa, Patto, Impegno), in cambio della libertà d’uso e lo sfruttamento delle risorse territoriali.

Dal confronto dei supporti cartografici digitali, attuali con quelli storici e delle aree a rischio, si è potuto costatare che l’edificato è riconducibile a capisaldi strategici; agglomerati delle due province cinquecentesche, (oggi sono tre, Avellino, Benevento, Foggia), unite dalla radice idiomatica e consuetudinaria albanofone, rispettivamente con i Comuni di: Greci, Ginestra degli Schiavoni, Faeto, Panni, Monteleone di Puglia e Castelluccio dei Sauri, della quale oggi solo Greci mantiene idioma e modello consuetudinario.

In queste macro area, assicurata la salubrità dei luoghi di residenza, confermate le costanti dei sistemi urbani, comparati gli ambiti paralleli e di difesa, si è dato avvio a tipologie urbane ancora presenti sul territorio, utilizzando per la loro posa esclusivamente materiali reperibili in loco senza troppo incidere violenza sul territorio, realizzando così il recinto, la casa e il giardino.

Relativamente agli aspetti sociali, nel periodo che va dal XV secolo, data di arrivo degli albanofoni, sino al XXI secolo, gli esuli lentamente si allontanano dal modello familiare allargato, per quello urbano, in seguito, in tempi più recenti, vive il modello della multimedialità.

Quando la famiglia allargata inizia ad assumere la connotazione di famiglia urbana, realizza i primi isolati (manxane), seguendo schemi che sono funzione indissolubile dei rapporti sociali e dall’orografia; essi si possono identificare in articolati o lineari, generati rigorosamente dai presupposti sociali che poi sono riconducibili alla Gjitonia, riassunta nella frase “dove vedo e dove sento”.

La gjitonia ha origine dal tepore del focolare, si espande con cerchi concentrici negli sheshi si estende lungo le ruhat all’interno delle manxane, sino a giungere negli angoli più reconditi delle macroaree.

Per i profughi albanesi giunti nel meridione italiano dalla fine del XV a tutto il XVI secolo, il processo segue un percorso dissimile o addirittura contrario; gli agglomerati urbani diffusi per la consuetudine dei gruppi familiari allargati, quando s’insediavano erano, fortemente coesi, quindi il processo si attua attraverso un percorso che parte dal centro per allargarsi.

Per circa un secolo, gli albanofoni vivono e si confrontano con le realtà contigue sviluppando i loro centri secondo le città policentriche, avendo come unità abitativa le Kalive, se si esclude una ristretta cerchia di privilegiati che alle dirette dipendenze nobiliari, gestivano mulini e trappeti, per questo vivevano un modello abitativo più evoluto a due livelli, che avevano già perso il riferimento familiare allargato.

Esaminando nel dettaglio il borgo di Greci, il centro storico pur se rimaneggiato conserva l’originario assetto planimetrico escludendo le aree d’espansione a Nord- Ovest in cui episodi isolati per le dimensioni, possono facilmente essere estruse.

La toponomastica ha come riferimento Bregù, in albanese promontorio, infatti, proprio qui gli esuli albanesi edificarono le prime Kaljve che conservano l’originario assetto planimetrico, anche se nel tempo materiali e la definizione degli spazi interni ha subito l’evoluzione dei tempi, assumendo funzioni allineandosi ai tempi.

Oltre al Bregù e gli altri Rioni, Sheshi, Fontane oltre le macroaree urbane definite Drèlartë e Drehjimë, a Greci, rimane fondamentale il ruolo della chiesa, caposaldo storico sin dalla sua origine in epoca greca.

Urge allo scopo realizzare una ricerca che possa identificare in maniera inequivocabile la toponomastica dei Rioni e Sheshi, attraverso i quali ricostruire il percorso evolutivo dell’insediamento, supportata da un’attenta analisi dei materiali, utilizzati, per realizzare paramenti verticali, orizzontali e inclinati.

Avendo cura di valorizzare le Kaljve ingrediente che caratterizza la storia albanofona, e per questo, vanno solo catalogati e censiti avendo cura di seguire la cronologia di sviluppo.

Il fine cui si dovrebbe giungere è quello di sensibilizzare il quadro generale delle istituzioni locali riferito alla popolazione di minoranza arbëreshë, (ç‘shohin e gjegjin) con l’auspicio di far crescere una nuova forza culturale con i giovani in prima fila da contrapporre all’impetuoso processo noto come la globalizzazione che appiattisce e reprime ogni cosa.

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