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TI INVITANO A PRANZO NELLA GJITONIA E NON TI DICONO IL GIORNO

Posted on 16 dicembre 2020 by admin

CatturaNAPOLI (di Atanasio Pizzi Basile) – Comunemente si sentono storie struggenti di valori privati, monetizzati però dal pubblico, di ciò, la realtà che appare è nella sostanza ben diversa da come si vuol fare apparire; peccato, veramente peccato che queste “Attenzioni”, in specifiche aree geografiche, sono esclusive per soli animali, non preservando alcuna forma di rispetto o scrupolo in tal senso, nei confronti di quanti vivono un disagio “endemico” nonostante di genere indispensabile per recuperare valori dell’identità locale, in forma di convivenza e buon senso.

Ciò nonostante, invece di tacere, si apre la scena con protagonisti animali a quattro zampe, per millantare forme di emergenze, non si sa se indotte, tra le mura domestiche o reali accadimenti di trama sociale.

Tuttavia, accade che a essere esclusi dalle dinamiche locali, siano gli uomini, gli stessi denigrati e valutati senza rispetto alcuno, pur se culturalmente preparati oltre ogni misura e garbo.

Questi brevi accenni, tanto per non perdere la rotta o il filo del discorso, chiedono almeno un ragionevole approfondimento verso la parità dei diritti animali e del genere umano, in tutto, “uguaglianza”; specie se le misure poste in essere hanno radice privata, poi saldate dalla cassa pubblica.

Scrivere è facile, poi si dovrebbe anche comprendere il peso delle parole, sparse nell’etere, alla fine sono proprio queste che vanno a impattare nel cuore e nell’animo di chi porta la croce, dove ancora oggi, nonostante l’esilio degli ebrei sia terminato, si continua a emulare imperterriti quelle orme discriminanti, vissute lì sotto loro sguardo a nord.

Certamente queste si potrebbero ritenere storie di luoghi lontani, o mai accadute, per quanti credono che solo i loro atteggiamenti siano utili per il bene dei generi, rispettosi della formula, “armiamoci e partite” oppure, “ti invito io e paghi tu”.

Metrica antica, o formula opportunistica, tanto per aprire la scena, senza arte o ampia visione del luogo; questo anche sulla scorta dei limitati strumenti culturali a disposizione dei commediografi, che per scelta di vita e non imposta volontà, termina la sua figura lì dove finisce l’ombra.

L’auspicio, di questo breve, mira al confronto culturale senza discriminazione di generi viventi, come solito dire a quattro occhi, avendo ben chiaro che alcuni attori, sin da piccoli usano: per orientarsi l’occhio della mente, per poi focalizzano ogni cosa con quello che appare.

Queste ultime in specie sono le doti che in modo inconfutabile consentono di cogliere il senso completo di questa amara stupida e ridicola vicenda; guarda caso, si coglie sin anche la misura di quanto siano distanti i fondamenti della cultura che conta e valorizza una ben identificata comunità e le gesta inutili che sortiscono preferiscono occuparsi di realizzare “lettiere per  randagi che non le usano nemmeno”.

Il titolo di coda, rileva la deriva che vive chi vorrebbero apparire, lievitando in non si sa in quale icona di un ipotetico trittico terreno, senza avere consapevolezza  di essere, corvo che vuole cavalcare l’aquila.

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