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REGIONE STORICA ARBËRESHË FIGLIA UNICA DELL’IMPERO CON CAPITALE COSTANTINOPOLI

Posted on 13 febbraio 2022 by admin

213725595_138178398424219_5901055145669427821_nNAPOLI (di Atanasio Pizzi Basile) – Lungo il fiume Adriatico prima che sfoci nel mare jonio, dalla metà del XIII secolo ai primi decenni del XVI, le terre del meridione italiano, diventarono luogo parallelo di accoglienza dei principi, dei fondamenti e delle credenze che sostennero l’impero, sino a quando la capitale fu Costantinopoli.

Quel patrimonio sociale di credenze e consuetudini, unico e irripetibile, venne affidato alle genti che andranno a disporsi in quella che oggi s’identifica come Regione storica diffusa Arbëreshë.

Queste antiche terre che si insinuano nel bacino del mediterraneo, notoriamente considerate il banco di prova diffuso di tutti i popoli del vecchio continente, alla spasmodica ricerca di luoghi dove predisporre principi, cose e valori sostenibili per una lungimirante convivenza.

Ogni gruppo, una volta approdato in questo paradiso mediterraneo, predispose e segnò quelle terre con attività e cose in comune convivenza con la natura, escludendo tra questi l’impero romano quando la capitale era allocata nelle odierno terre laziali, tuttavia tutti gli altri, senza colpo ferire, innestarono germogli e temi per una seconda opportunità sostenibile,  realizzando modelli abitativi, sostenuti dai valori religiosi, quali, Romitori, Chiese, Oratori e complessi monastici.

Dell’Italia, a tale scopo e in maniera più attiva, nel periodo su citato, fu scelta la lingua di terra meridionale, diventa l’ambiente fertile per innestare le radici evolute nell’oriente bizantino, il cui interesse prioritario nel corso del tramonto dell’impero mirava a tutelare i valori di credenza iconografica della cultura di credenza, oggi ancora vivo nonostante le tante evoluzioni dello scorrere del  tempo e alle cose degli uomini.

Ritenere oggi, che i valori tutelati dalle genti della Regione Storica Diffusa Arbëreshë, possano esse alchimia idiomatica  innestata in un banalissimo sostantivo fuori luogo e tempo, è un errore a dir poco infantile e non più tollerabile.

Far risalire questo patrimonio vivo e indelebile in sette regioni, raggruppanti oltre cento paesi, in ventuno macro aree, ritenendoli il frutto  proveniente da la Luna, o  battaglie contro i mulini a vento di Donchisciotte della Mangia e Saggio Panza,  terminando nei banali  valorizzatori estivi, i quali, invece di migliorare la qualità della ricerca, inquinano e rallentano il corso della conoscenza, devastando documenti cose, case e fatti.

Non può essere più tollerato da nessuna figura politica, istituzione, civile e religiosa, perennemente raggirati  dalle cose de la Luna, di Saggia panza e dalla Mangia kisciottesca e dei tematici termo valorizzatori che bruciano ogni cosa.

Allo stato delle cose e per evitare che le ilarità culturali dilaghino e prima che diventino piena incontenibile, che infanga ogni limpida cosa, è bene porre fine a questo fenomeno apponendo a difesa della cultura una nuova generazione, barriera ideale, di figure competenti, capaci e motivati con temi idonei, per assumersi la responsabilità storica di tutela, con senso e grado il patrimonio della regione storica.

È tempo di avere consapevolezza delle cose vere che appartengono e fanno parte della regione storica, le quali, di sovente sono sottovalutate, per far brillare campanili in forma di camini, senza rendersi conto che ironicamente, il genio della pittura in pellegrinaggio, li ha riproposti in forma di minareto turco-fono; l’antica deriva culturale da cui gli arbëreshë vennero nominati per sfuggire per salvare la radice.

Adesso si battono i tempi post pandemici, che vorrebbero riavviare l’economia, secondo i dettami della ripresa e resilienza locale, una nuova deriva economica posta in essere a dir poco gratuitamente, questa se non idoneamente valutata, potrebbe rivelarsi pericolosa, se applicata senza le dovute cautele storiche, come già successo durante la delocalizzazione in monte Mula, questa infatti venne attuata senza aver scritto un rigo della radice storica arbëreshë.

Spetta alle persone munite di senso di sopravvivenza storica, predisporre misure temi e contenuti in forza della tutela del patrimonio che non è solo della regione storica, ma del genere umano intero, specie quello antico del mediterraneo che è stato sempre la fiamma per orientarsi.

Questa non è una questiono tra il tempo grande e il tempo piccolo, questo è il momento di tutelare un patrimoni inestimabile, quello vero e non quello dei personaggi misere, capaci di tradire caparbiamente fratelli arbëreshë o addirittura scambiare camini per minareti perché lo vociferano le architetture parlanti con vesti abusive e cancerogene degli anni sessanta del secolo scorso.

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