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I REMË

Posted on 24 marzo 2019 by admin

I REMËNAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Resta in silenzio, ascolta e pensa agli arbëreshë, questo appena trascorso è stato un anno difficile e penoso per le certezze della Regione Storica Arbëreshë.

Credetemi, fidatevi, voi ultimi veri e sani arbëreshë, allevati con le essenze della cultura, con i ritmi dell’antica metrica; quello appena trascorso è stato un anno senza gloria e la pena prodotta è stato cosi profondo da far nascere paure mai avvertite.

Vi mentirei se vi dicessi che per diventare un arbëreshë che conosce la storia, ho letto qualche libro, voi lo sapete che vi mentirei perché avete consapevolezza della conta che ci vuole per sapere di arbëreshë.

Sapete bene che non vi parlerò mai di un ballo tondo, perché non esiste, ne tanto meno di valje sotto forma di danzate, per festeggiare stragi, ne vi citerò di borghi emblemi di quanti compongono e vivono la regione storica.

Fidatevi di me, voi vecchi saggi arbëreshë, ultimi portatori parlanti, fidativi di me, quando vi dico che voi sarti di cose antiche, nei vostri bauli non conservate la preziosa arte, voi vestite in rosso in oro e in altri colori e avvolgete di bianco il seno, lasciando al vento in maniera scandalosa tanto che si dissolva nel nulla.

O saggi sagomatori, guardate e ditemi se vedete credenze sartoriali o strappi, strappi profondi, proprio li dove le preziose cuciture irreparabilmente disallineano le forme delle nostre donne; vorrei poter fuggire per dimenticare queste visioni innaturali, ma non voglio fingere, vorrei poter cancellare tutto per ricomporre la dignità di quelle vesti che danno la vita, non oso toccarle per non alimentare il danno irresponsabilmente prodotto.

Sarei un bugiardo, un ottimo bugiardo se affermassi giusto mandare gli adolescenti a raccontare le storie del vostro Katundë perche voi siete certi di quello che dicono.

Sarei un bugiardo, un ottimo bugiardo se vi dicessi che è giusto tutto quello che si racconta del costruito storico della regione storica, su Sheshi, Chiese, Palazzi, Kalive e Katoj e chi lo fa lo fa perche sa studiare, e quindi sono degni della vostra fiducia.

Sarei un bugiardo, un ottimo bugiardo se vi dicessi che gli antichi abitanti delle terre balcaniche non bruciavano i loro defunti per conservare le ceneri.

Quanto mi pesa essere lucidamente consapevole di quanto accade; vorrei dirvi che qui tutto va bene, ma non so mentirei e voi che osservate, lo sapete che dico una bugia, se vi dico che in mostra in ogni manifestazione è la nostra storica.

Non ho imparato a parlare l’arbëreshë con il telefono; io lo ascolto sin dal grembo materno e dopo che sono nato ho iniziato a vagire con la metrica importata dalla terra di origine; ascoltato penso e parlo arbëreshë, poi traduco in italiano.

Ora lo sapete, ora lo sapete anche perché lo confesso, forse non ho fatto quanto avrei dovuto fare, per evitare questi troppi domani, irreparabili e malevoli strappati. 

Tutti i miei sogni, non hanno mai significato molto, anzi direi nulla per chi ha avuto modo di confrontarsi, con la mia irriducibile caparbietà; essi sono gli stessi che legano la loro felicità oltre quella dei propri cari, alla lucentezza delle antiche lire, diventate con meno valore con gli euro; voi lo sapete saggi anziani arbëreshë io non ho aperto mai cantieri per voi, volevo solo vivere la mia vita in conformità con le cose e le persone del passato, immaginando scenari di coerenza, e avere come ricompensa l’illusione di aver fatto piacere a chi ci ha preceduto nel fare sacrifici.

Tuttavia, nonostante tutto, seguo la mia strada, in compagnia di bastone solido, quest’ultimo non serve per difendermi dal mondo fuori controllo, ma come oggetto con cui innalzare le preziose stoffe mai cucite, e segnare con le ombre il territorio, senza scalfirlo ed evitare di creare problemi, problemi, problemi, cercando almeno di frenare volutamente le tante missioni in via di allestimento.

Non riesco a respirare, quando mi chiedono di pensare e di parlare come fanno tanti antiquari, non posso essere, non posso essere, non posso essere come loro; credimi, sono un pessimo bugiardo, cattivo bugiardo, ora lo sapete, lo sapete, sono un pessimo bugiardo, cattivo bugiardo, se vi dico che da qui si vede un raggio di luce.

Siete liberi di andare per le rotte indefinite, e gridare al vento che i Katundë arbëreshë sono borghi, ma credetemi, sono un pessimo bugiardo, se vi dico che avete fatto bene, giacché il vostro futuro è fermo e la luce che vedete in lontananza, non vi porta nel blu del cielo infinito, essa è fatta di bagliori rossi e porta lungo la rotta del verticale basso!

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