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1799 – 2019 IL LUOGO IDEALE DOVE REPRIMERE IDEALI E PROGRAMMARE “VENTENNI”

Posted on 25 novembre 2020 by admin

NAPOLI (di Atanasio Pizzi Basile) – Dal primo incontro nel suo centro culturale e poi durante le conversazioni telefoniche, Gerardo  M. e lo scrivente, erano in linea sul dato che: le conseguenze subite dai giovani pensatori del 1799, non erano riferite alla ribellione popolare, ma a una nuova linea di pensiero innovativo, che andava cancellata e non doveva lasciare traccia ereditaria.

Vero è che rileggendo la storia, annotando i particolari del disciplinare adottato, verso i giovani pensatori, emerge un dato inconfutabile, in altre parole, negli immediati momenti che seguivano l’arresto, si operava a distruggere libri editi e ogni sorta di documento scritto.

Ovvero, tutto ciò che poteva avere forma o consistenza di un discorso, erano distrutti perché considerati pericoloso, al pari, anzi peggio, di chi lo possedeva o lo aveva scritto, per questo era opportuno dare subito alle fiamme l’edito, per evitare che sfuggisse.

Solo dopo si passava al processo e al conseguente afforcamento in pubblico, mentre chi nel chiuso delle proprie case e quanti li davanti a guardare, non alzava un lamento di diniego, ne prima, ne durante e ne dopo l’esecuzione.

Le vicende di bruciare gli editi e poi eliminare fisicamente gli antagonisti reali proseguono anche fuori dagli ambiti della capitale partenopea dal giugno del 99 e per diversi anni, si racconta almeno più di cinque e meno di sette.

Le ideologie dei giovani pensatori furono soffocate e chi magari vigliaccamente le ha conservate, non avendo la cultura per comprenderne il significato, le ha usate in malo modo.

Tuttavia, la metodica di bruciare il pensiero e poi eliminare fisicamente i pensatori, è finita sin anche tra le pianure e gli anfratti del regno, senza mai terminare la sua corsa, rimanendo viva imperterrita e senza epoca.

Un esempio che conferma questa regola viene anche dagli anfratti delle colline arbëreshë, dove proprio allo scadere di quegli anni, per un millantato limite di proprietà fu soppresso un Bugliari.

Le vicende poi si accavallarono venne, l’unità, le guerre e il bum economico sino ai motti della rivoluzione giovanile.

E vista ancora la divisione sociale che aleggiava tra le colline anzidette, un comitato di affari in maniera perversa immaginò di porre guida un altro omonimo, con a cuore, non la coesione sociale, ma il buon termine della sua carriera.

Ragion per cui, lo scettro passo nelle mani di un comitato d’affari, che ritenere solamente senza cultura, garbo, dignità e onore è un eufemismo che non da misura del danno prodotto, perché, ebbe inizio la stagione della moderna metodica del 1799, sopprimere le idee degli altri e poi togliere beni e benefici gli antagonisti.

Questo penare senza soluzione di continuità andò avanti sino agli inizi degli anni ottanta, stranamente, giusto un ventennio, dove al posto della svastica era stata posta la falce e il martello; il primo per tagliare risorse agli antagonisti il secondo per fare male fisicamente.

Il ventennio trascorse con una piccola parte sociale che accumulava ricchezza, la plebe che si cibava di trapesi e gli antagonisti a penare immaginando un idolo giusto.

Vennero gli anni ottanta, e festa fu, ma Emilio, Atanasio e Carletto si resero conto solo dopo i dieci minuti che seguirono lo spoglio che il nuovo era cresciuto nello “sheshi” di chi avrebbe dovuto sostituire il comitato prima citato e così fu continuità.

A subire furono gli stessi e andare avanti, se non tutti, una buona parte del citato comitato rimase sempre in piedi e comunque sempre comitato rimase.

Nulla sarebbe cambiato nei seguenti due ventenni e la deriva assunse forme e dimensioni paradossali, dove il rispetto e la tutela, divenne una leggenda, da citare davanti al camino in forma di favola ai nipoti adolescenti.

Dopo il primo ventennio e i due seguenti, di quinquennale illusione, un segno benevolo era apparso a Ovest delle colline, illudendo però nel breve di una stagione invernale quanti annotano e hanno lucida visione storica;  constatando ora come nell’ottanta, di dover riporre ago filo e ditale, nell’attesa di un quinquennio migliore per cucire, culturale, società, politica e religiosa, dilaniata e appesa al sole a perde consistenza.

Aveva tutte le caratteristiche di una nuova era, purtroppo quel bagliore scambiato per una nuova alba, non era di sole, ma un lampo di tempesta, perché  a ovest.

A ben vedere, nella stessa direzione è allocato lo “sheshi” del primo ventennio, proprio lì, dove finiva la strada che dalla piazza doveva essere la via di tutti, ma finì privata e solo per amici.

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