NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Nell’affrontare il tema complesso e impegnativo del recupero integrato dei sistemi insediativi della Regione storica Arbëreshë, il dovere impone a soffermarsi, anche se sinteticamente, su alcuni aspetti disciplinari e metodologici direttamente connessi alle scelte culturali dei piani e dei progetti destinati a facilitare la valorizzazione ed il recupero, tale da richiamare i principi cui far riferimento nel corso di ciascuna operazione, nonché le più corrette modalità di intervento da porre in atto ai fini della salvaguardia attiva del patrimoni storico-culturale.
Tutto ciò per finalizzare al meglio quanto si vuole sviluppare, nella piena consapevolezza del maggior rispetto dei rilevanti caratteri ambientali ed espressivi.
Per questo, si ritiene utile ripercorrere per sommi capi quelle che appaiono come le tappe fondamentali di tale processi e, della lunga esperienza storica che anche in quisto campo precede il fare contemporaneo, considerare alcuni episodi di grande evidenza, non certo per desumerne indicazioni di vincolo o, tanto meno, principi di acritica immobilità operativa, bensì per collocare coscientemente le attuali scelte progettuali in continuità con una ininterrotta serie di interventi, leggibili nelle vicende delle nostre insule arbëreshë, basati su interpretazioni, modifiche ed arricchimenti del patrimonio preesistente.
Lo studio inoltre mira a indicare quelle che sono le più promettenti prospettive di lavoro che oggi si aprono in tal campo del recupero, la valorizzazioni e caratterizzazione di ambiti irripetibili.
Sulla scorta delle acquisizioni che provengono dall’attività di ricerca, la quale, superata la fase della riflessione critica e vuole aprire un nuovo stato di fatto, che non ha avuto ascolto negli ultimi decenni.
Oggi non è più prorogabile in quanto, lo stato di conflitto tra esigenze pratiche del recupero e gli irrinunciabili livelli di buona qualità complessiva, che la cultura contemporanea richiede a questo genere di interventi.
Da quando il destino dell’ambiente storico, da sempre preoccupazione esclusiva di ristretti ambiti culturali, ha preso ad attirare l’attenzione di altri ambienti della cosiddetta società civile, e ad interessare direttamente anche le prassi operative dell’architettura e dell’urbanistica è diventato un settore “particolare” della progettazione edilizia, componente non secondaria nelle scelte di pianificazione e controllo urbano e territoriale, il problema delle trasformazioni del patrimonio abitativo di antica data è divenuto centrale per molte categorie di addetti, e per diverse competenze, amministrative, economiche, tecniche.
Le discipline storiche dell’architettura, già da tempo, impegnate sul tema e nel dibattito secondo il loro particolare modo di intendere il patrimonio storico nella sua globalità, hanno dovuto assumersi con rinnovata energia, e con alterne fasi di ascolto e di rigetto, il compito di recare il proprio contributo specifico, anche in vista di scelte operative, riorientando talvolta i propri metodi di indagine e valutazione, per accordarli o per opporli a quelli dei diversi “aventi titolo”.
Si è trattato e si tratta di una nuova e più impegnativa responsabilità di ricerca, interpretazione, interpretazione e organizzazione delle conoscenza i Bèni Culturali nel loro complesso, includendo da un lato la più corretta “visualizzazione” delle strutture fisiche e degli oggetti concreti che concorrono a formare i patrimoni in questione (destinata ad offrire rappresentazioni “orientate” di spazi, luoghi, siti, edifici, insiemi, contesti), dall’altro l’enunciazione convincente ed “obiettiva” dei cosiddetti “valori” irrinunciabili dell’ambiente storico.
Questi ultimi sono meno afferrabili dai punti di osservazione semplificati e “quantitativi” oggi prevalenti; essi sono da cogliere invece attraverso riferimenti a quel delicato sistema di intenzioni, rapporti, testimonianze, e significati, implicito nel complesso dei beni storico-artistici, e non-estraneo alla stessa cultura dell’abitare, che sottende i “materiali” oggetto del presente studio.
E all’interno di tale ordine di considerazioni che sorgono del resto una serie di grandi e piccoli dilemmi connessi con la natura stessa del tema, in realtà antichi e consolidati, e tuttora vigenti, alcuni dei quali meritano forse alcune preliminari osservazioni.
Un primo importante dilemma è quello connesso con la ben nota vecchia divaricazione che viene a stabilirsi, almeno nell’ambito della cultura occidentale, tra l’istanza storica e quella estetica, destinate a creare e talvolta a cristallizzare situazioni di potenziale e spesso reale conflitto: una contrapposizione da sempre esistente, formulata efficacemente alcuni decenni orsono nell’ambito delle “teorie del restauro” e del resto non ancora rimpiazzata da più geniali acquisizioni da parte della più recente “cultura della conservazione”, che tende talvolta ad esaurirsi in dibattiti ripetitivi tra posizioni radicalizzate.








