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IL PRESEPE IN PARLATO ASCOLTO E SGUARDI ARBËREŞË

Posted on 23 dicembre 2025 by admin

presepeNAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Pensare la nascita come fatto materiale implica inevitabilmente immaginare ciò che la precede e, ogni evento originario, infatti, non si dà mai come istante isolato, ma come esito di un tempo preparatorio, di una soglia in cui l’essere non è ancora manifestazione piena e tuttavia non è più assenza.

Il prima della nascita non è un semplice antecedente cronologico: esso costituisce una dimensione ontologica in cui l’evento è già inscritto come possibilità, promessa e necessità.

In questa prospettiva, il parë ulljè “prima della nascita” nella tradizione linguistica arbëreşë, designa uno spazio concettuale liminale, in cui il tempo non procede per successione lineare ma per attesa carica di senso.

È un tempo sospeso, in cui l’origine non è ancora accaduta e tuttavia esercita già il proprio potere di determinazione.

Ciò che deve nascere è, in un certo modo, già presente: non come fatto, ma come orientamento dell’essere.

Raccontare ciò che precede la nascita significa allora interrogare la struttura stessa del divenire di ogni luogo.

L’origine non coincide con il momento dell’apparizione, ma con il processo che la rende pensabile e per immaginare una prospettiva ridente colma di futuri migliori, in tutto l’inizio colmo dei domano migliori.

In tal senso, il presepe, inteso come forma simbolica, non rappresenta semplicemente un evento, ma mette in scena la tensione tra il non-ancora e il già, tra il silenzio dell’attesa e la necessità dell’accadere.

Il prima della nascita si configura così come luogo filosofico privilegiato: una soglia in cui il tempo si raccoglie, l’essere si prepara e il senso emerge prima ancora di manifestarsi.

Comprendere il “parëulljè” “parë u lljè” significa, in ultima analisi, riconoscere che ogni nascita è preceduta da una storia invisibile, e che l’origine non è mai un punto, ma una durata carica di significato.

Il termine presepe reca già nella sua struttura linguistica l’idea di un prima, derivato dal latino praesaepe o praesaepium, esso indica originariamente il recinto, il luogo chiuso che accoglie e protegge.

Prima ancora di designare una scena o una rappresentazione, il presepe è dunque uno spazio delimitato: un interno preparato affinché qualcosa possa avvenire.

L’etimologia rinvia non all’evento, ma alla sua condizione di possibilità; non alla nascita in sé, ma al luogo che la rende pensabile e visibile.

In questa accezione originaria, il presepe non è semplicemente una raffigurazione della nascita, bensì una forma simbolica del pre-accadere, in tutto, un dispositivo che raccoglie, ordina e trattiene il tempo dell’attesa.

Esso istituisce uno spazio ontologico in cui il nascere è già inscritto come destino, pur non essendosi ancora manifestato come fatto.

Il presepe è, in tal senso, il luogo del parë u lljè, e la tradizione arbëreşe, nel suo lessico e nella sua visione del mondo, consente di esprimere questa dimensione con particolare precisione semantica.

A seguito di questa premessa il presepe: është, vendi i parë si u lljè, ku motj e kindronë i mbiedurë, e i lljeuri vien si fiallë aierj; “Il presepe è il luogo del prima della nascita, dove il tempo resta raccolto e la nascita viene come parola, prima di farsi vento.”

In tale definizione, il presepe non appare come semplice oggetto devozionale, ma come spazio filosofico dell’origine: un recinto simbolico in cui l’essere non è ancora dato, ma già annunciato.

Il tutto rappresenta un costruito semplice come è un recinto dove so custodisce il tempo della possibilità per rende visibile ciò che, pur non essendo ancora nato, è già carico di senso.

In considerazione di quanto prima esposto, il presepe non può essere concepito come una semplice rappresentazione di un Katundë, di una città o costruito moderno dirsi voglia.

La sua forza simbolica risiede nel richiamare il momento che precede l’evento, un tempo sospeso in cui si annuncia una nascita che trasforma la storia.

Per questo motivo, l’ambientazione più adeguata è quella di un luogo umile e primordiale, come lo può essere un recinto o una stalla, in cui il genere umano ha intrapreso il cammino della propria crescita, segnando così l’inizio di una storia di genere che continua a produrre significato e speranza nuova.

 

Arch. Atanasio P.  Basile (Attento Ricercatore Napoletano Arbëreşë Tenace) A.R.N.A.T.

 

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