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LA STORIA DI SANTA SOFIA D’EPIRO Thë shëcuràt e Shen Sofisë

Posted on 30 marzo 2020 by admin

Santa Sofia StoriaNAPOLI (di Atanasio Basile Pizzi ) –  Premessa:

 Sono innumerevoli le illustrazioni atipiche con protagonisti gli agglomerati bonificati, ripopolati e vissuti delle genti di origine Arbanon; oggi identificati all’interno della Regione storica diffusa, come Arbëreshë.

Una popolazione “unica e irripetibile”, protagonista nel palcoscenici del vecchio continente nei territori, in dettaglio, del bacino mediterraneo, circondati o prospicienti i mari Adriatico, Jonio e Tirreno.

Natii delle terre, un tempo, dell’Epiro vecchia e dell’Epiro nuova, oggi del Meridione peninsulare e insulare italiano; storicamente sono ritenuti quale caparbio esempio dinastico, ancora oggi, capace di tramandare i proprio valori culturali e identitari in sola forma “Orale”.

Dal XIII secolo in diverse forme e metodiche a dir poco comuni, si è ostinatamente voluto imporre alle popolazioni oggi identificate come Arbëreshë, una forma scritta.

Una necessità che mai alcun individuo facente parte la minoranza, ha richiesto, lamentato o ritenuto indispensabile, ma arbitrariamente imposto, “dalle altrui genti”, secondo metriche, disciplinari alfabetari a dir poco bizzarri e comunemente applicati.

L’errore è vistoso, grossolano e paradossale: in quanto mirava a voler valorizzare la radice orale, affiancando o attribuendole una improbabile forma scritta con annesso manuale d’uso.

 Con ciò si è creato un codice metrico irripetibile, producendo un deriva di valori identitari che rifiuta categoricamente le attribuzioni associate e rese nude, senza vesti quelle intimità della minoranza, una veste pudica senza eguali.

L’incauto procedimento, ha prodotto uno strappo tra generazioni, incalcolabile e senza eguali, cui la regione storica diffusa arbëreshë, quella ancora incontaminata, non sa come arginare con adeguati mezzi, la perdita dell’antico codice.

Non si riesce ancora oggi a dare senso a quali siano state le vere ragioni secondo cui si è voluta infliggere tale pena alle genti Arbëreshë.

Atteggiamenti senza accortezza indirizzarono presunti ricercatori, tutti uniformati secondo due caratteristiche fondamentali: non aver alcuna capacità espressiva e interpretativa dell’idioma; titoli non idonei per la ricerca in campo storico, metrico, sociale e delle arti verso gli uomini e i territorio dove il Genius Loci degli Arbëreshë, aveva germogliato.

Si è proceduti sin anche dopo aver impattato violentemente con i ricorsi storici, pur di emergere quali “idoli seriali di modelli ignoti”; capitoli di luoghi mai innalzati, e catasti privi di corrispondenza sul territorio, innestando quartieri, rioni, vicinato e Gjitonie come se fossero piante da frutto che dovevano infiorare a primavera.

Come se non bastasse, si è continuato nel tracciare i corsi, i ricorsi e gli avvenimenti della storia e cosa aveva caratterizzato solo alcuni uomini, dell’ambiente naturale Arbëreshë, ritenendoli esclusivamente come episodi circoscritti, sospesi, casuali o disconnessi e senza radice comune.

La formulazione del percorso che in questo discorso sugli Arbëreshë Sofioti si vuole percorrere, segue, come la professione di architetto impone, la metrica e l’entusiasmo delle antiche genti, al tempo in cui formularono richiesta ufficiale per edificare le proprie case con materiali duraturi.

Da questo momento in avanti non più con metodi estrattivi o naturali, attraverso l’uso di materiali deperibili quali: anfratti lungo corsi d’acqua, paglia, rami secchi e argilla esposta alle intemperie, in tutto, ogni cosa che non garantiva vita lunga e solidamente innestata nel territorio.

Nei primi anni del XVI secolo, dopo aver trascorso un breve periodo di confronto e scontro con le genti indigene, i Sofioti, riconosciuti gli ambiti paralleli della terra di origine, per innestare solidamente le proprie radici, ritennero indispensabile elevare e coprire con elementi solidi e duraturi, nei quali conservare e proteggere, dalle intemperie, la propria identità materiale e immateriale.

Che cosa poteva esse più solido di una casa, con elevati in pietra, calce e arena i cui orizzontamenti ordinavano verso l’ingresso, del modulo abitativo,  sovrastando il perimetro elevato con  solide travi, robusti panconcelli, su cui stendere manufatti in laterizio, da adesso in poi capace di risponde ad ogni tipo di avversità naturale o indotta.

A seguito della concessione di stanziamento, ebbe inizio la brillante storia di del casale, poi Katundë e oggi Santa Sofia d’Epiro, per non essere confuso con i comunemente denominati “Borghi”; da quel sette di settembre, del XV secolo in avanti, il centro avrà modo di rendere il suo straordinario valore, escludendo le vicende del agosto del 1806 e dell’ultimo quarto di secolo, che sono da considerare come veri e propri cataclismi da cui ancora oggi non si riesce ad emergere.

Sono molteplici i personaggi nati in quelle solide case, gli stessi che la pongono ai vertici della Regione storica diffusa arbëreshë; eccellenza dal punto di vista sociale, religioso, culturale, scientifico e di impegno per la tutela dell’identità, non  comunemente racchiusi nelle favole, giacché i Sofioti, i “loro valori culturali” sapevano come custodirli e a chi rivolgersi per riverberarli.

Sono gli stessi che in ogni epoca forniscono, quando avvertono che sia indispensabile, l’idoneo potenziale, sia in luce di idee, sia di uomini e di raffinata dedizione, non solo entro i perimetri delle loro case, ma attraverso il principio dei “cinque sensi” con cerchi concentrici invadono gjitonie, rioni, paesi macroaree e la regione storica diffusa Arbëreshë.

Un disciplinare antico, lo stesso che in genere avviene per le capitali, i luoghi di culto meta di fedeli, in tutto, le culle dove si cerca una ragione di vita o una via per ritrovare se stessi e gli altri.

 

XVsecolo:

 

Tra il 1464 e il 1472 due di cinque casali di Bisignano, posti a guardia del confine a est, dei territori della diocesi di Rossano, Santa Sofia Terra e Pedalati furono ripopolati da esuli della diaspora in atto negli anfratti dei Balcani.

Segue………..

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