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IL GRANDE ARCHITETTO SI RIVOLTA NELLA TOMBA

Posted on 08 settembre 2011 by admin

NAPOLI (di Atanasio Pizzi ) – Sul mio libretto universitario, che conservo gelosamente, il primo esame per il conseguimento della laurea da me sostenuto, porta la firma del prof. Ludovico Quaroni.

Conoscendo la fama del professore, seguii quel corso senza mai perdere una lezione, alla fine del quale mi ritrovai con un ricco bagaglio di nozioni progettuali e il principio secondo cui gli uomini e i contesti della progettazione vanno rispettati.

Per trovare il terreno ideale dove questa affermazione non trova il ben che minimo riscontro basta recarsi nello sconfinato e variegato scenario delle pertinenze minoritarie. Questo è sempre più ricco di labili teorie dissociate del contesto, rappresentazione di istanze ed esigenze demenziali da soddisfare, poiché privi dell’adeguata preparazione storica a cui fare riferimento.

Eppure c’è chi usa questo nome per arrogaesi il diritto o dovere di stravolgere e violentare gli anfratti e la storia architettonica delle minoranze del meridione e non solo.

Questo accade perché non essendo in grado di realizzare adeguate analisi e sintesi volte a definire i requisiti, le forme e le dimensioni dell’intervento architettonico, attraverso cui dare forma e configurare gli elementi costruttivi ed esecutivi, per poi metterli rigidamente a confronto con le preesistenze ambientali, al fine di dare continuità alle vicende storiche del contesto, si realizzano modelli vuoti di ogni riferimento.

L’itinerario così descritto porta al prodotto finale che diviene “la costruzione da incubo”.

Per evitare ciò, la stesura del progetto si esprime e si configura attraverso l’interfaccia continua e solidale tra la cognizione creativa delle forme e l’interpretazione tematica di esigenze e funzioni mutuate attraverso la codificazione di prestazioni e requisiti locali.

Le risorse, i mezzi, le procedure, le azioni, gli aspetti morfologici vengono tradotti ed integrati nelle più realistiche e articolate risoluzioni operative e nelle compatibilità univoche del sistema ambiente.

Le proposizioni sistematiche che interessano il progetto, e più propriamente le sue qualità, intese come espressioni di adeguata rispondenza all’uso e come valori che riflettano il giusto rapporto tra prestazioni attese e risorse impegnate, richiedono la rielaborazione di alcuni dei percorsi enunciati, al fine di acquisire la portata di influenze e ripercussioni che essi hanno in definitiva sul progetto.

Essenziale è riprendere quindi il tema della costruzione del progetto, in un momento in cui la progettazione e la produzione edilizia sono percorse da innovazioni che hanno decisive ripercussioni nel modo di concepire ed attuare gli interventi architettonici.

Queste trasformazioni consentono di attuare nuove sinergie che si traducono in rinnovate possibilità di interpretare e valutare le mutazioni che si vanno registrando nelle più recenti realizzazioni architettoniche che impiegano fattori innovativi immateriali, quali la gestione evoluta dell’informazione e la costruzione assistita del progetto.

La immagine architettonica come idea anticipatrice del progetto e la concezione operativa come fase razionale del processo, attraverso le quali si rappresentano e si materializzano le forme immaginate, rifuggono da una susseguenza cronologica che, in pratica, sarebbe tutta da dimostrare ma, soprattutto, escludono gli equivoci.

Progettare è sempre il risultato del porre insieme, confrontare, elaborare, ordinare e rielaborare e ancora, riordinare conoscenze culturali.

Anzi, quanto più il progetto pone insieme in modo coerente discipline, tematiche, aspetti culturali e esigenze autoctone, tanto più esso contribuisce alla crescita e il rispetto delle proprie radici

Ed allora la costruzione del progetto può essere individuata come momento contestuale per produrre architettura, momento nel quale ricomporre espressioni interdisciplinari per rendere le diverse classi del sapere individuate riconoscibili ed egualmente apprezzabili e reciprocamente compatibili.

E’ l’idea condivisa, ma non sempre conseguita in maniera interattiva, in quanto solitamente la ricerca non si spinge oltre una semplice addizione di elaborati, e al più ad una verifica di congruenza degli aspetti che si riconoscono in maniera approssimata nella progettazione pluridisciplinare.

Fare architettura, più di ogni altra attività creativa, implica la costruzione di sistemi coerenti; questa è la prima ragione a cui si affida la definizione di progetto sostenibile, dove la sostenibilità è intesa come progetto o processo integrato nel quale si manifesta la capacità di immaginare l’intervento architettonico e di anticiparne la configurazione delle sue espressioni formali senza traumatizzare i contesti nei quali ognuno dei fruitori si possa riconoscere.

Il meccanismo circuitale tra costruzione, sistema generatore e forme, induce ai valori espressivi che si rivelano nelle forme costruite.

La costruzione deve dimostrare che l’idea immaginata, prima che diventi materia e quindi non più reversibile trovi nel contesto dove si va ad intervenire la giusta misura e l’adeguato equilibrio.

L’informazione e la ricerca, nella costruzione del progetto, possono essere considerati congiuntamente come momenti e come strumenti di conoscenza.

In tal senso, ricerca ed informazione si pongono come termini combinatori delle connotazioni conoscitive necessari tanto al progetto proponibile, quanto alla sostenibilità della sua costruzione.

Il tecnico che produce arte (?) in contesti di grande valore storico e propone forme e segni che sono l’espressione dell’anti architettura è come se commettesse il più subdolo dei reati, ovvero quello di infliggere violenza nei confronti di inermi, indifesi o di qualsiasi essere che non ha la capacità di reagire.

Gli esempi a cui fare riferimento sono sotto gli occhi di tutti, ma la cosa più grave e sempre la stessa, chi pagherà i danni di questa violenza, chi rimetterà le cose a posto e quando questo sarà attuabile se la cultura della violenza è ancora viva e vegeta?

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