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PER LA TERMINAZIONE DELLE LACRIME SI ATTENDE IL RISCATTO

PER LA TERMINAZIONE DELLE LACRIME SI ATTENDE IL RISCATTO

Posted on 27 maggio 2018 by admin

PER LE LACRIME DALLE MINIERE SI ATTENDE IL RISCATTO.NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Dopo quanto è avvenuto in questi vergognosi giorni di Maggio, si riterrebbe che i tempi dei congressi senza atti, l’accogliere figure istituzionali senza un protocollo, la conversione del folclore in arte dell’apparire, la cavalcata mascolina della sposa, le ballate con indosso la sintesi dell’antica vestizione, ironizzare verso gli sforzi storici delle giovani leve, le sonorità alloctone,  l’irriverenza di presentarsi davanti a Sant’Atanasio l’Alessandrino “in chiesa”  con il cappello in testa e non ultima apparire per riferire quanto poco si conosce il territorio; abbiano colmato la vetrina delle vergognose incongruenze di tutta la R.S.A.

Non è più concepibile lasciare il ruolo di tutori del codice identitario alla mercé di figure abituate ad immaginare che tutto sia una disputa monotematica, pluri archivistica o il giardino dove seminare avena fatua.

Purtroppo per questi elementi, oggi, esiste internet oltre a tutte le risorse dei canali multimediali e nascondersi dietro un dito o i meandri della gjitonia non è più sufficiente.

Nella tradizione della Grecia antica quando gli ateniesi volevano riferire dell’indole di una persona falsa e ipocrita, utilizzavano paragonarla al pianto degli abitanti di Megara con l’espressione: “lacrime megaresi”.

Per usare una frase demoniaca in Arbëreshë potremmo dire che se la Regione storica potesse partorire fecondata da lacrime di femmina, ogni goccia sarebbe un coccodrillo!

Chi conosce gli ambiti della “regione storica” ormai da troppo tempo, archivia immagini testi e video che trattano i momenti che dovrebbero essere di caratterizzazione del patrimonio storico, motivo per il quale cosa è vero e cosa è falso lo si può definire nel battito di un ciglio.

Questo deve servire da monito a quanti s’innalzano a intoccabili e dall’alto dei loro castelli di sabbia non si rende conto che i comandamenti arbëreshë, non gli appartengono perché non li hanno mai saputi leggere.

Purtroppo ogni puntata è una caduta di stile sempre peggiore e senza fare il conto economico di quanto si va sperperando, ma riferendo ai tasselli di storia che si calpestano.

A quanti si rendono protagonisti di ciò, devono prendere coscienza che quelle risorse potrebbero essere impegnate in ricerca multi disciplinare per dare solide conferme alla Regione storia Arbëreshë.

È terminato il tempo della vecchia maniera, per indicarla  le terre addomesticate, attraversate e vissute dagli uomini che vissero la diaspora utilizzando l’alias “arberia” è vetusto e inadatto, è giunto il tempo di parlare di genius loci, è tempo di capire cosa sia un costume femminile arbëreshë e cosa consente il rituale dopo la vestizione, onde evitare poi di versare lacrime di sale, per le irriverenze commesse.

Non è più concepibile divulgare che le “Valje sono balli”, gli arbëreshë, quelli del XV secolo non avevano nulla da ballare, perche la loro vita era fatta di duro lavoro condiviso; per questo l’unico modo di alleviare le sofferenze era attraverso “il canto”, tra gruppi di uomini e gruppi di donne intenti a lavorare (senza strumenti a mantice e tamburelli).

Per quanti hanno deciso di festeggiare il quinto giubileo e mezzo della morte di Zotin Gjergji (il Signor Giorgio) è opportuno ricordare che non è proprio lecito appellarlo con l’alias imposto dai turchi (e di proposito non si ripete, per indicare tutto il disprezzo verso questo appellativo).

È bene precisare che Giorgio eall’età di nove anni secondo la costumanza di quella gente gli venne cambiato il nome appellandolo “Signore Alessandro”; particolare storico che non è sfuggito alla Scuola di Santa Sofia, infatti il centro è l’unico di tutta la R.s.A. ad avere Via Castriota e basta.

Per grandi linee, quanto Giovanni Castriota di Kroje nel 1413 subiva dai turchi, è ciò che sta avvenendo oggi con gli arbëreshë d’Italia; tuttavia allo stato non rimane che esortare a leggere con attenzione la storia e se non si ha modo di farlo è opportuno “rendersi disponibili per essere illuminati” prima di intraprendere incautamente navigazioni e patimenti che conducono a commettere gesti inconsulti tra le quinte naturali del paese di fronte.

La regione storica è ancora in tempo per estraniarsi da tutto ciò, affidandosi a un gruppo multidisciplinare che possegga un immenso spirito di appartenenza, non abbia velleità di protagonismo e sia munito di tanta pazienza per ricostruire quei costumi arbëreshë, continuamente e perennemente sporcati.

Per terminare ma non perché meno importante, pregare di astenersi in futuro, quanti si sono resi protagonisti nell’avvicinarsi alla statua di sant’Atanasio l’Alessandrino protettore di Santa Sofia d’Epiro, e dentro il perimetro religioso, senza togliersi il cappello dalla testa, cantando lodi d’amore inappropriate per un Santo.

Le gesta e gli avvenimenti che hanno visto nel tempo protagonista la regione storica è scritta sui libri, tracciata sui territori e conservata all’interno delle piccole abitazioni che imperterrite resistono all’incoscienza e alla sintesi di quanti fanno il mestiere dell’antiquario; è tempo di  intraprendere la rotta smarrita e ciò, non deve essere condotto da quanti sino ad oggi l’anno riversata in questa assurda deriva.

P.S

Per terminare questo scritto coerentemente con studi e certezze, è bene ribadire che non tutti i paesi della regione storica sono stati accompagnati dai presupposti storico culturali ed artistici tali per produrre un costume che si possa ritenere di matrice arbëreshë.

Questo per affermare, che i paesi che realmente hanno inserito, tra le pieghe i valori del codice nel “costume arbëreshë” sono meno di dieci e più di cinque, il resto e pura è semplice invenzione locale, associata agli indigeni.

 

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PRIMAVERA ITALO-ALBANESE  (jaku i sprischiur su harrua)

Protetto: PRIMAVERA ITALO-ALBANESE (jaku i sprischiur su harrua)

Posted on 06 maggio 2018 by admin

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AI SINDACI ARBËRESHË DELLA R.s.A.

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Posted on 09 febbraio 2018 by admin

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ALIENAZIONE ARBËRESHË NELLA CINTA SANSEVERINENSE

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Posted on 01 febbraio 2018 by admin

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LIBERE INTERPRETAZIONI ASSOCIATE ALLA STORIA ARBËRESHË

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Posted on 05 gennaio 2018 by admin

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GLI ARBERESHE QUALE LUCE DIVINA

GLI ARBERESHE QUALE LUCE DIVINA

Posted on 31 dicembre 2017 by admin

GLI ARBERESHE QUALE LUCE DIVINANapoli (di Atanasio Pizzi) – In una “Indiavolata” conversazione di un poco di tempo addietro, mi è all’improvviso apparsa la strada per una nuova ricerca sulla verità storica Arbëreshë.

Essa si basa su un principio fondamentale, che aveva bisogno solo di esse interlacciata con altre mie conoscenze; tuttavia il rispetto e l’educazione che ho avuto dai miei genitori (a confronto di altri che sono cresciuti nei mercati e solo di domenica) mi distraeva nel collegare i principi di un teorema molto semplice.

Una delle mie prime letture per avvicinarmi al mondo della ricerca della storia Arbëreshë è stato il Kanun nelle sue varie spigolature dei gruppi che formavano l’allora Arbëria.

Bene questo è un esercizio che tutti voi potete fare in autonomia e confrontare i principi su cui si basa il Kanun e la religione Ortodossa o greco Ortodossa, troverete similitudini strabilianti che fanno meditare su quale sia l’ideale religioso più affine agli arbëreshë.

Se a ciò associate che gli esuli non hanno mai superato i confini dell’infinito, per la ricerca dei territori paralleli nel regno di Napoli, avrete un quadro completo per domandarvi chi a detto che gli arbëreshë sono di religione greco bizantina?

A chi fa comodo che noi arbëreshë dobbiamo essere associati a una religione che con il nostro consuetudinario non ha nulla a che fare, ed essere utilizzati come una semplice finestra o nel migliore dii casi come balcone?

Siamo proprio certi che il Rodotà con il papa nell’istituire il Collegio Corsini avesse a cuore le nostre anime e il nostro credo religioso, o gli interessi erano molto diversi?

Perché gli arbëreshë non varcarono mai le soglie dell’infinito, se non per approdare e allontanarsi subito dopo?

Quali furono i veri motivi che spinsero il Baffi e il Bugliari a portare la struttura a Sant’Adriano e formare un gran numero di laici?

Sono queste le domande che mi sono balenate, a cui ho dato una risposta

P.S.

Augurando a tutti un Felice 2018, non lasciatevi incantare mai e ricordate che la Cultura e l’educazione non abitano nei fastosi saloni del potere, in quanto, preferisce i dignitosi Katoj degli artigiani!

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IL NATALE COME NASCITA DELLA REGIONE STORICA ARBËRESHË

IL NATALE COME NASCITA DELLA REGIONE STORICA ARBËRESHË

Posted on 14 dicembre 2017 by admin

Natale 2017NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Per la religione cristiana, il Natale simboleggia la nascita del bambinello Gesù, ossia il nostro Messia, atteso fin dai tempi remoti.

Il giorno corrisponde al 25 Dicembre per le chiese, greche ortodosse secondo il calendario liturgico, mentre per quelle orientali cade il 6 Gennaio secondo il calendario Giuliano.

Il termine “Natale” deriva dal latino, e significa: GIORNO DI NASCITA.

Si dice che il giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre, inizia la sintesi dei mesi dell’anno che seguirà, in fatti, il dodicesimo giorno corrisponde proprio al 25 dicembre, il giorno della nascita.

L’augurio che faccio a voi tutti è quello di meditare dal 14 al 25 dicembre, o dal 26 al 6 gennaio (secondo il vostro credo) per una nascita di tutta la Regione storica Arbëreshë, al fine di non tessere più, all’ombra dei campanili, dei minareti turchi e degli inutili protagonismi, quel pietoso velo che avvolge e non mette in mostra le bellezze dell’arberia .

Il mio auspicio mira a sentimenti antichi che non vanno nella direzione del profitto a scapito di coloro chi partono per difendere i propri ideali, unici e irripetibili.

Arbëreshë di buon senso, solo a voi Auguro un Felice Natale e un 2018 colmo di ribalte, sino a oggi negate, per illuminare con garbo il “codice sociale più solido del mediterraneo”.

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MIRACOLI ARBËRESHË

MIRACOLI ARBËRESHË

Posted on 11 dicembre 2017 by admin

Roberto vertaNAPOLI (di Atanasio Pizzi) – All’indomani della pubblicazione, in gazzetta ufficiale, della legge 482 del 1999, giovani cattedratici, associarono, senza elementi riconducibili di esclusiva arbëreshë, il vicinato indigeno, alla Gjitonia; gli esecutori del enunciato, copiarono frammenti di un’analisi,  eseguita nel dopoguerra per dare senso ad in  progetto di delocalizzazione.

L’irresponsabile gesto di copia/incolla ha innescato un“processo degenerativo senza eguali” e tutt’oggi dopo quasi due decenni, non smette di far “germogliare avena fatua” nel seminato storico della minoranza, più numerosa in Italiano.

Che la Gjitonia sia un modello sociale è innegabile; tuttavia ritenere di poterlo riassumere, in quattro o cinque porte che affacciano sullo sheshi o sulla strada, la pone alla stregua di un moderno abuso edilizio da sanare, per tale motivo  sminuisce a dismidura il valore della consuetudine e il lessico della Regione storica Arbëreshë.

In questi untimi tempi, una lezione su cui meditare ci giunge via etere dalle trasmissioni multimediali di Radio Antenna Duemila; nata per dare parola ad amministratori, addetti locali e operatori del settore folcloristico, e porre all’attenzione delle istituzioni oltre alle proposte, anche le innumerevoli necessità locali, è diventato un nuovo modo di sentirsi “Gjitoni arbëreshë”.

Ogni sera, si illustrano soluzione per rendere solido il senso della minoranza che vede sempre più lontana la rotta  per una ripresa che dia linfa all’antica caratterizzazione minoritaria.

Tuttavia a giudicare dagli ascolti e di quanto succede in questo piccolo Catojo, nel brego di Serra di Leo, ogni sera dopo le 21, 30 supera lei confini entro i quali la trasmissione aveva deciso addentrarsi.

Un piccolo spazio, non più grande di un profferlo, dove per incanto si armonizzano “i cinque sensi” e raccolgono adesioni e interesse da tutto il mondo; un’ora intera, di sana e semplice arbëria.

Senza volerlo attraverso le telecamere di questa emittente, si  riaccendono i riflettori, per la prima volta nella storia, sulla “Gjitonia del nuovo millennio”; e tutti assieme ci ritroviamo a parlare di legami, di luoghi, di religione, di paesi, di progetti e di apparentamenti da consolidare.

Questo fenomeno si attua grazie alla consuetudine radicata in ogni arbëreshë, in quanto quel luogo verticale, ci accomuna, ci avvicina, ci legava, e risveglia quell’antico senso di mutua convivenza, così come faceva con i nostri avi; quando, riuniti davanti al camino in inverno, sotto il sole nascente a primavera, all’ombra delle acacie in estate o protetti dai vitigni e dagli ulivi in autunno, tutti assieme, tesseva i legami parentali per continuare a seguire quella rotta fatta di consuetudine, idioma, canto e religione.

Qui, nel Catojo di Serra di Leo, hanno cantato, discusso, ballato, giudicato, condannato e aiutato nella piena consapevolezza di continuare a sentirsi orgogliosamente arbëreshë, indirizzati dal grande cuore e con la passione che ci accomuna, abbiamo magicamente risvegliato in ognuno di noi il concerto dei cinque sensi.

Ebbene, in queste sere in radio antenna duemila non è stato fatto altro che utilizzare la magia ricetta arbëreshë, denominata “GJITONIA”.

Se questo miracolo è stato possibile nello stretto di un Catojo, perché non amplificarlo e renderlo possibile anche all’interno dei Comuni, delle Associazioni o di ambiti multimediali meglio organizzati?

Sicuramente, grazie alla opportunità offerta dal nuovo modello comunicativo, possiamo trasformare la gjitonia multimediale in uno strumento per avvicinare e rendere più solida tutta l’arberia.

Appare evidente che aver ben chiaro, cosa sia la gjitonia, è un valore indispensabile per il futuro degli albanesi; un emblema ideale su cui ricostruire quei legami e quegli affetti che sino ad oggi non potevano in alcun modo essere concertati per renderli possibili.

Occorre dare avvio alla stagione dei CONVEGNI STORICI, che pongano le basi per una nuova politica di tutela e custodia, una solida piattaforma che parta dall’inno degli antichi del settecento e dell’ottocento d’arberia “la storia degli arbëreshë unica e indivisibile” al fine di restituire il giusto garbo a tutta la Regione minoritaria.

Occorrono progetti condivisi, che abbiano come unico fine la tutela del tangibile e dell’intangibile a tutti i costi, senza protagonismi, campanili o egocentrismi.

La Regione storica Arbëreshë è tutta bella, tutta interessante, e tutti hanno contribuito nel bene e nel male a renderla magica; ciò nonostante nessuno dei protagonisti, ha mai rinunciato all’idioma, alla consuetudine, alla metrica del canto e alla religione, greca bizantina, nel aver assunto un qualsivoglia ruolo nella storia.

Avviare la stagione dei congressi è indispensabile, ( inutile andare a cercare nel luogo dove avvenne la divisione, perché, ormai tutto è cambiato), le domande e le risposte vanno fatte e cercate all’interno della R.s.A., solo in questo modo, chi riferisce, potrà essere individuato da quanti millantano e tutti finalmente possiamo sollevare quel velo pietoso d’inesattezze, che hanno manomesso  le solide fondamenta d’arbëria.

Amministratori, cattedratici e tutti i cultori che si occupano delle vicende che vedono protagonista la R.s.A., devono fornire le certezze e curare adeguatamente le radici  del buon senso, storico/culturali, sofferenti da troppi decenni.

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IL LESSICO CROMATICO DELLA REGIONE STORICA ARBËRESHË

Protetto: IL LESSICO CROMATICO DELLA REGIONE STORICA ARBËRESHË

Posted on 03 dicembre 2017 by admin

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QUANDO IL MESTIERE LO FANNO COLORO CHE HANNO L’ARTE NELL’ANIMA

Protetto: QUANDO IL MESTIERE LO FANNO COLORO CHE HANNO L’ARTE NELL’ANIMA

Posted on 21 novembre 2017 by admin

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