NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Sabato 3 febbraio saranno ricordati e onorati i morti per chi crede nella Regione storica Arbëreshe, una consuetudine che affonda le sue radici nell’alto valore che i minoritari assegnano al ricordo dei defunti.
Ogni famiglia da Domenica mantiene acceso la fioca luce a olio; essa serve a indicare alle anime in pena, il luogo dove vissero nella piena armonia dei cinque sensi.
Una tradizione antica che è impunemente riportata, nell’inconsapevolezza generale, ma la sua paternità è attribuibile solo ed esclusivamente a Pasquale Baffi.
Un appuntamento antico che gli arbëreshë rievocano prima nel privato davanti al camino delle abitazioni e poi tutto il villaggio unito negli ambiti di sepoltura (quest’anno il 3 di Febbraio).
Essa rappresenta la luce che va in cielo, la fine dell’inverno, presto sarà il solstizio di primavere e il sole tornerà a illuminare i territori dove indigeni e arbëreshë hanno condiviso dolori e gioie.
La primavera, l’appuntamento della rinascita, il momento della fratellanza, fu il Baffi a comprendere quale momento della partecipazione e integrazione, tra esuli e indigeni titolandola quale primavera d’Arbëria.
La giornata rappresenta il momento cruciale del ricordo dei morti, prima in forma privata poi pubblica, a febbraio, poi condivisa tra genti e popoli con ideali e valori diversi, a primavera inoltrata.
Essa potrebbe sembrare una funzione religiosa, ma così non è, in quanto, il ricordo dei morti viene prima di ogni religione, essa non ha forme o ideali da contrapporre tra noi e i nostri cari.
Gli abitanti della Regione storica Arbëreshë, sanno che questo è un momento d’intimità diretta, ci rechiamo in quei luoghi, senza l’ausilio di terze cose, idoli o persone, non esistono spazi che possono o debbano allontanare il nostro cuore da quello dei nostri cari.
Solo alla fiammella e nulla più, essa rappresenta la dimensione per avvicinare i nostri sensi e quelli dei nostri cari.