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IL VAGARE DI ULISSE “IL FIERO” DI MENOMARE IN OGNI DOVE I PARLANTI ARBËREŞË (Mosëgnerju Arbëreşë)

Posted on 25 maggio 2025 by admin

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NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Polifemo e la sua odissea per la lingua e la sua visione in arbëreşë: Ulisse e i suoi uomini approdano sull’isola dei Ciclopi e trovano la grotta di Polifemo, ma il Ciclope li rinchiude nella grotta e comincia a mangiare due dementi al giorno.

Allora il mugnaio Ulisse offre a Polifemo del vino, molto forte che aveva portato con sé e, il Ciclope Arbëreşë, non abituato al vino del mugnaio matto, si ubriaca rapidamente.

E quando Polifemo gli chiede il nome, il mugnaio Ulisse risponde: “Nessuno” (in greco, “Οὖτις”, “Outis” in Arbëreşë, “Mosëgnerji”) un dettaglio cruciale per tutti i parlanti che mirano al futuro.

Purtroppo questi ultimi sereni nella propria solidità culturale per trovare consuetudine e parola, oggi sono noti come i ciclopi dormienti e fieri del parlato arbëreşë, ma il mugnaio Ulisse e i suoi uomini prediletti, mentre le donne tessono “seteria falsa di costume”, prendono un grande palo di legno, presentandolo per matita e lo appuntiscono, lo rendono incandescente nel fuoco, credendo sia inchiostro rosso, e lo conficcano nell’ugola del ciclope, Albanizzandolo lui e tutti i suoi sottoposti.

La beffa di questo atto, si concretizza nel dato che l’Arbëreşë Polifemo vorrebbe urlare di dolore, ma tutto rimane imprigionato nei suoi lucidi sensi, mentre gli altri Ciclopi, “Nessuno lo aiuta”, credendo che vada tutto bene, mentre la lingua afflitta con mira di consuetudine antica, resa deforme, più non si muove.

La breve metafora Arbëreşë, vuole evidenziare il male assuolato, di quanti approdarono nella baia dei ciclopi Olivetani, per zittire il più forte di questi, che nonostante la sua menomazione, non si cibarsi di farina fatua, la stessa che con il vento che soffia da oriente, vela e inquinato tutta la Regione Storica, che viveva e vive della sana crusca di grano antico che resta ignota al Mugnaio Ulisse.

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