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LA MINORANZA ARBËREŞË “IL TARÌ MEDITERRANEO IN ETÀ MODERNA” (arbëreşë sj arètë)

Posted on 06 maggio 2025 by admin

Spahr_95_1250_99223NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Le epoche sono numerose oltre le citazioni e pongono in evidenza i trascorsi della minoranza Arbëreşë, la stessa che per non soccombere delle angherie degli invasori, preferì emigrare dalle proprie terre per trovare agio e credenza ad ovest del mare Adriatico.

Essi seppero riconoscere gli ambiti naturali paralleli al loro originario ambiente culturale e religioso, segnando e valorizzando come si fa con l’oro, quelle le terre abbandonate del meridione della penisola italiana.

E in ogni luogo a loro, consentito di sbarcare, si disposero per cooperare in fraterno progredire, per la crescita di quelle terre ritrovate, diventate poi patrimonio dorato steso alla luce del sole, per questo gli Arbëreşë nel mediterraneo sono stati ritenuti storicamente alla pari della moneta araba così tanto ambita.

Il “Tarì”, una moneta d’oro usata principalmente nell’Italia meridionale a partire dal X secolo, in Sicilia e successivamente espandendosi in tutto meridionale italiano, ebbe notorietà, come in seguito fu per gli Arbëreşë dal XIV secolo.

Il sostantivo (Tarī), dal greco “fresco”, “nuovo” riferisce di cosa innovativa, in tutto, un simbolo di alto valore per scambio economico, in fraterna e civile convivenza, il conio con incisioni sia arabe che latine, testimonia l’incontro tra culture in pacifica convivenza, considerato tra i più antichi del mediterraneo fatto di scambio e operosità.

Il parallelismo tra la Moneta dorata e le genti Arbëreşë, deve essere intesa come risorsa o genio capace di rigenerare e far risplendere l’economia di numerose macro aree dello storico regno di Napoli, oggi Italia meridionale, è più che legittimo, anzi doveroso rendere noto il parallelismo di convivenza.

Tuttavia senza amplificare epoche e tempi, vanno sicuramente ricordati gli intervalli in cui servirono ai romani per difendere terre, con gli indispensabili “Stradioti” o, per dare continuità alle arti della Venezia Operosa, cosi come in ambiti, Papali sino al Regno di Napoli, che ancora oggi trovano agio con questa realtà sempre pronta a dare valore.

In questa breve diplomatica, si vuole rilevare il valore aggiunto, che ne ebbe il meridione italiano, dal XIV secolo, quando per opera degli Arbëreşë, venne innalzata l’economia in diverse macro aree in pena o devastate dagli eventi naturali persistenti.

Sette regioni del meridione oggi dell’Italia, diffusamente articolate in ventuno macro aree, ripopolando oltre cento, abitati urbano ormai allo stremo abitativo e, nel breve di un decennio l’economia di quelle colline, non ha più avuto pena, per la solidità dei germogli innestati con caparbia professionalità Arbëreşë.

In oltre Arabi e Arbëreşë avevano simili intenti nel realizzare i nuclei abitativi, in forza dei modelli di Iunctura familiare, anche se con differenze culturali e storiche significative.

Infatti la difesa dei centri storici e il controllo del territorio, erano scelti secondo posizioni strategiche come colline, o alture, per fini difensivi, specialmente in contesti di instabilità o minaccia esterna, come all’epoca erano vissute le citate comunità in espansione.

A tal fine gli insediamenti dovevano risultare funzionali al paesaggio che offriva le più idonee risorse idriche, terreni fertili, esposizione solare, e adattabili al facile rilievo per fare strade strette e case compatte.

Tutto questo per favorivano la vita comunitaria e la conservazione delle tradizioni culturali e religiose di fondamentale caratura, per questi operosi e geniali popoli.

Gli Arabi, sviluppavo o meglio articolavano le loro città con elementi come il souk, il riad, giardini interni, e una forte influenza architettonica di radice islamica.

Gli Arbëreshë, si inserivano spesso in contesti già esistenti o ricostruivano villaggi spopolati, inserendo elementi propri della tradizione balcanica, ma con adattamenti alla cultura locale, e anche qui gli elementi caratteristici erano, le porte delle case lungo vicoli articolati, archi, orti botanici e vicoli ciechi.

Quattro quartieri eseguiti secondo un impianto a maglia irregolare, case addossate e vicoli labirintici, ma tutti riuniti a garanzia della convivenza fraterna di radice etnica o religiosa riecheggiante.

In sintesi, entrambi i gruppi hanno creato insediamenti adattati al territorio, compatti e con forte identità culturale, ma preoccupandosi sin anche delle proprie origini religiose, linguistiche e storico/consuetudinarie.

Entrambe le comunità hanno mostrato un uso intelligente e sostenibile dell’ambiente, gestione dell’acqua, innalzando il valore dell’agricoltura, i materiali locali, per un approccio funzionale, autosufficiente e del bisogno ecologico.

In sintesi, il vero legame tra arabi e arbëreshë, nella costruzione dei nuclei abitativi è l’intento di creare comunità resilienti, capaci di preservare sé stesse, attraverso l’uso strategico dello spazio urbano e l’ambiente naturali in funzione della coesione sociale.

Nasce spontanea la domanda di dove, in termini fisici e geografici, arabi e arbëreshë si siano incrociati per essere trasmessi, per essere ereditati nei loro insediamenti.

Gli Arabi, pur essendo stati scacciati perseguiti dai Normanni, hanno lasciato tracce architettoniche, urbanistiche e agricole molto visibili, il loro lavoro venne ripreso e reinterpretate da chi in queste terre ne trovo tracce indelebili.

Valgano i sistemi urbani con strade strette, tortuose, adatte alla difesa e al clima caldo, tecniche idrauliche e agricole, canali sotterranei per l’acqua, terrazze e agricoltura irrigua.

Sistemi che esulavano dagli antichi e ormai fuori tempo sistemi piramidali e circoscritti che facevano il borgo medioevale ormai in decadimento.

E sin anche gli stessi Normanni, pur se cristiani, adottarono molte tecniche arabe che potevano dare agio ad altre credenze di gestione dei territori.

Gli Arbëreshë non ereditarono strutture arabe direttamente, ma si insediarono spesso in centri già esistenti o abbandonati, ricordando e avendo misura di quelle aree toccate in passato dagli Arabi vedi le citta della Sicilia come Mazzara del vallo o la stessa città di Napoli tra la via Furcillense e il mare.

In oltre Arbëreşë e Arabi sono anche legati ai termini di “legge” o “regola”, che a sua volta derivato dal greco “kanón”, in tutto “regola” o “standard”.

E mentre gli Arabi si stanziarono in Sicilia nell’anno 827 d.C., iniziando una conquista che durò circa 75 anni e, fino alla completa presa dell’isola nel 902 d.C.

Il tutto ereditato dagli Aghlabidi, una dinastia musulmana con base nell’attuale Tunisia, da cui partirono per sbarcare nella dirimpettaia Mazara del Vallo.

Da cui iniziarono ad espandersi sino al 831 d.C. quando caduta Palermo, questa divenne la capitale dell’emirato arabo in Sicilia, quando nel 902 d.C. capitolava anche Taormina, l’ultimo baluardo bizantino di tutta la Sicilia ormai sotto il dominio e il controllo degli Arabi.

Ma dal 1040 sino al1091 d.C., i Normanni iniziano e completano la riconquista dell’isola, sin anche l’ultima roccaforte, Noto, che rimase fedele agli Arabi sino al 1091.

Tuttavia la dominazione segno profondamente la cultura siciliana, specie nei protocolli dell’Agricoltura, con l’introduzione di tecniche di irrigue pe mettere a dimora colture di agrumi, canna da zucchero, riso, cotone, in forte esenzione.

Tutte queste attività influirono sin anche sull’idioma degli isolani e, molte parole del parlare in dialetto locale derivano dall’arabo ad esempio il noto “zibbibbu” da zabīb, rispondente all’ uva passa.

Dalla Sicilia gli arabi non conquistarono altre parti del regno di Napoli, ma stabilirono contatti di scambio con Amalfi e Napoli stessa, anche se di sovente effettuarono spedizioni militari e razzie lungo le coste tirreniche di pertinenza.

Se nel IX secolo (anni 830–880), Amalfi era una potente repubblica marinara riuscendo spesso a difendersi e, siccome gli amalfitani erano abili commercianti, intrattennero rapporti con il mondo islamico, quindi non furono solo conflittuali ma forse molto di più costruttivi.

Nel 836 d.C., il ducato di Napoli con a capo Sergio I, chiamò in adunata i Saraceni contro i Longobardi di Benevento e gli Arabi furono invitati temporaneamente ad assumere il ruolo di alleati militari.

Anche se successivamente, iniziarono a saccheggiare le coste e diventarono una minaccia, di non poco conto, ma tuttavia non conquistarono mai Napoli, attaccando sistematicamente i dintorni come Pozzuoli, Ischia, Capua, ecc.

La presenza stabile araba in Italia continentale, fu breve e limitata a un piccolo emirato a Lucera in puglia con il fine di affacciarsi all’interno del mare ionio, avendo una base logistica nella zona di Tropea e Squillace, tuttavia, il dominio islamico durante il IX e il X secolo, nell’ambito delle loro incursioni e temporanee occupazioni nell’Italia meridionale. Tuttavia, non stabilirono un dominio stabile e duraturo come fecero in Sicilia, e le loro presenze in Calabria furono spesso legate a scorrerie militari, saccheggi e brevi occupazioni, anche se in alcune aree lasciarono tracce culturali e toponomastiche.

Valga in tal senso Amantea che fu una delle pochissime località calabresi a essere effettivamente occupate e governate dagli Arabi per un periodo più esteso, tra l’839 e l’889, diventando sin anche una roccaforte strategica sulla costa tirrenica.

Furono bersaglio di attacchi arabi Tropea e Nicotera dove ci furono occupazioni temporanee, ma non insediamenti duraturi o solidali dirsi voglia.

Tracce della presenza araba si trovano nelle Toponomastica di luoghi o nei dialetti locali e, in alcune zone si diffuse l’uso di nuove colture come agrumi e tecniche implementazione agricola.

Pur se la Calabria non fu mai completamente arabizzata, l’impatto culturale delle loro incursioni fu comunque percepibile in vari ambiti e, sebbene meno duratura rispetto ad altre aree del Sud Italia come la Sicilia, ha comunque lasciato tracce interessanti sia dal punto di vista culturale che linguistico.

Gli Arabi iniziarono a interessarsi alla Calabria a partire dal IX secolo durante le loro incursioni e conquiste nel Sud Italia.

Pur non riuscendo a stabilire un dominio stabile e duraturo sulla regione, controllarono temporaneamente alcune zone, specialmente nella Calabria meridionale (es. Amantea, Tropea, Gerace, Reggio Calabria).

A differenza della Sicilia, l’impatto architettonico arabo in Calabria è meno evidente e solo attenti osservatori opportunamente formati ne possono trarre o riferire questi lasciti.

Tuttavia, in alcune città si riscontrano tracce di modelli urbanistici simili a quelli arabi, come i quartieri con vicoli stretti e irregolari, chiamati talvolta Rabat; termine arabo per “fortezza” o “insediamento fortificato”.

In Agricoltura introdussero coltivazioni estensive di agrumi, canna da zucchero, cotone, sostenuti da sistemi di irrigazione sofisticati e complessi, le stesse innovazioni sopravvissute nei secoli, influenzando l’agricoltura calabrese.

Sono numerosi gli elementi della cucina calabrese, come l’uso di spezie come cannella e l’agrodolce, gli stessi che potrebbero avere origini arabe.

Cosi come alcuni dolci tradizionali (a base di mandorle, miele, sesamo, gli stessi che ricordano le tipiche ricette arabe.

Senza trascurare alcune parole del dialetto calabrese derivano dall’arabo, spesso tramite il siciliano come: Zibbibbu (uva passa) ← zabīb (uva secca); Giarra (anfora) ← jarra (vaso); Scirocco (vento) ← šarq (oriente); Zagara (fiore degli agrumi) ← zahr (fiore); Sheshiola (quartiere) ← (şèşj)

Per non tralasciare alcuni toponimi o cognomi che possono avere origini arabe o essere stati modificati nel tempo da forme di rotacismo locale.

L’influenza araba in Calabria, pur non essendo capillare o duratura come altrove, ha contribuito in maniera significativa ad alcuni aspetti della cultura materiale e della lingua. La sua impronta è più evidente in contesti agricoli, lessicali e gastronomici, mentre sul piano architettonico e amministrativo è più difficile da intercettare, specie se non si ha formazione Olivetara specifica.

Atanasio Arch. Pizzi                                                                 Napoli 2025-05-06

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