Categorized | Folklore, In Evidenza, Storia

PER QUESTO DELOCARONO IL COLLEGIO CORSINI (1792)

Posted on 25 maggio 2021 by admin

NAPOLI (di Atanasio Pizzi  Basile) – La minoranza che vive gli ambiti culinari del meridione dell’Italia, nota come arbëreshë, comunemente è posta alla ribalta quale fenomeno immateriale linguistico, senza alcun flebile atto di forma materiale se si escludono le eccezioni sartoriali oltre le attività di rito greco, alessandrino.

Non si fa menzione del genius loci e  del costruito, né della metrica canora quale sorgente fondamentale dell’atto idiomatico, pur non avendo storicamente alcuna forma scritta.

Da questi brevi accenni e inconfutabile, il dato che la confusione vegeta e si auto rigenera sovrana; giacche pochissimi sono in grado di intraprendere una rotta coerente, in grado di fornire elementi utili e senso al passato, al presente in solida coerenza per un futuro sostenibile.

Ritenere che la minoranza storica si tale, perché, parla diverso, sminuisce e traduce secoli di storia in un fenomeno da baraccone che si esibisce senza traccia.

Per questo è il caso di invitare quanti si occupa della trattazione degli ambiti della regione storica, di avere adeguata professionalità e particolare dedizione, nel trattare gli argomenti senza errori, rispettando la scaletta qui di seguito riportata:

  • Realizzare un vocabolario Italiano Arbëreshë, che riporta il corpo umano e gli elementi prossimi a consentire la sua sostenibilità.
  • Indagare il modello urbanistico diffuso, tipico delle città aperte, sulla base dei quattro rioni fondativi che uniscono gli oltre 110 centri antichi, di simili origini, allocati nel meridione italiano.
  • Estrapolare il tipo abitativo, che ha risposto e contiene il riverbero e le necessità storiche degli arbëreshë.
  • Produrre il postulato unitario per il modello sociale noto come Gjitonia.
  • Tracciare le alternanze religiose, poste in essere nel corso dei secoli, oltre tutte le inquietudini imposte, per giungere alla quiete della credenza.

Non è più tempo di vagare, alla ricerca di vicende storiche, protocolli o eventi sociali, negli archivi; è il tempo di studiare i luoghi, attraversati, bonificati, per essere vissuti e valorizzati secondo il modello kanuniano arbëreshë.

Smettere di andare a Barcellona, Madrid, Vienna ,Venezia e ogni altro capitale europea o americana per cercare atti di ambiti costruiti arbëreshë, la storia si cerca scavando con pala e piccone, li dove è stata resa sterile per inadempienze culturali di tutela.

Chi sa fare ricerca, la faccia a casa propria prima di tutto, non in casa di altri, tanto più lontano si va a cercare e meno si sa della propria radice.

Il costume arbëreshë, quello originario della macro area della media valle del Crati, è stato scritto secondo il lume del Collegio Corsini, prima e appena trasferito nel 1794, per comprenderlo serve solo sfogliarlo, leggerlo e riportarlo con garbo, perché non è trascritto in nessun loco, il vestito stesso è il trattato.

Quest’ultimo punto non perché meno importante, è stato elencato per ultimo, proprio perché argomento di questo breve secondo l’itinerario qui di seguito riportato..

Quando il collegio Corsini fu istituito, aveva quale fine la formazione del clero per accompagnare nel corso della vita terrena gli arbëreshë, avendo come fine le attività in senso prettamente culturale.

Tuttavia trascorsi circa due ventenni, chi sedeva a capo dell’istituzione, si rese conto che quanto predisposto in origine era grossolano e non avrebbe condotta verso i risultati attesi di completa identificazione sociale e religiosa.

Infatti, serviva formare anche fuori dal perimetro religioso, attività secondo canoni identitari che potessero trovare conferma, nelle attività clericali.

Quale migliore momento di unione tra chiesa e ambiti laici potevano essere inglobati, se non nell’atto dell’unione matrimoniale e il suo protocollo, prima, durante e dopo l’avvenuto rito.

Il matrimonio più di ogni altra cosa rendeva solida la chiesa e lo scorrere del tempo nelle attività sociali, il costume a questo punto doveva essere il trattato religioso e civile, in cui tutti, senza distinzioni di sorta, dovevano riconoscersi e rendersi partecipi al vivere comune.

Attività consuetudinarie emblemi identificativi, colori, momenti di unione e ogni sorta di struttura in forma di arte sartoriale, racchiudevano la credenza dei generi, nel vivere civile e nel momento di riconoscimento religioso.

Il Collegio Corsini dal 1792 diventa un emblema non solo religioso ma un’identità locale attraverso cui riconoscersi e identificarsi in colori gesta e simbolismi, che finalmente univano gli arbëreshë sotto la stessa luce, divina e solare.

In conformità a queste considerazioni storiche, è palese la ricostruzione che è stata fatta del costume arbëreshë, i cui emblemi le virtù della donna, la trama per diventare donna, la figura maschile primaria, ovvero il padre primo guardiano delle diplomatiche della purezza, lo sposo marito e le diplomatiche della inviolabilità, il confine tra generare ed allevare, la ramificazione della fonte, la chioma regina, tutti avvolti e segnati da trame dorate, temi sartoriali bene auguranti di un fuoco familiare che non si deve spegnere mai.

Sono tutti elementi che quanti si dovessero trovare al cospetto della sposa  arbëreshë, sono di facile lettura, ed è inutile ipotizzare che le risposte di questo manufatto, unico nel suo genere, possano esse trascritte nel documento notarile prodotto nelle aule del Corsini, depositato a Barcellona, quando magri a gestire quei territori era Parigi Capitale.

Il costume arbëreshë della macro area della media valle del Crati, non è un componimento sartoriale nato solo ed esclusivamente da consuetudini sociali e religiose.

Esso rappresenta è un componimento ragionato tra i più sopraffini del mediterraneo, è un tema, anzi una diplomatica storica di radici antiche senza eguali,.

Quanti hanno capacità di osservarli perché conoscono la storia, riescono brillantemente apprezzarne il valore, gli altri, i comunemente, alla vista di una tale opera senza eguali, sanno solo umiliarla indossandola male o consumarne i confini senza alcuna cognizione, perché non sanno cosa dicono e non hanno null’altro da fare.

Comments are closed.

Advertise Here
Advertise Here

NOI ARBËRESHË




ARBËRESHË E FACEBOOK




ARBËRESHË




error: Content is protected !!