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L’URBANISTICA E I PERCORSI RELIGIOSI

Posted on 20 ottobre 2010 by admin

NAPOLI – (di Atanasio Pizzi)

Il popolo di profughi Albanesi, alla fine del XV secolo, approdati nelle rive della Sibaritide, portava con se il grande patrimonio di tradizioni, oralmente tramandate, e il credo religioso Greco Bizantino.

L’attaccamento alla regole e alla religione, hanno sempre scandito le stagioni degli Arbëreshë, tramandando sino ad oggi gli stessi riti.

Essi trovarono dimora, utilizzando gli anfratti e le grotte naturali delle colline calabresi, riuscendo a garantirsi un decente sostentamento grazie alle ricchezze che offriva l’antico e incontaminato territorio ai piedi della Sila.

Organizzati in gruppi familiari, economicamente e socialmente autonomi, all’interno di spazi abitativi da loro considerati come veri e propri Stati.

Anche l’ecclesiasta partecipava alla vita economica dei gruppi, di cui era guida morale e spirituale.

Gli Arbërëshë, dovettero superare tante difficoltà e soprusi ad opera delle popolazioni autoctone, ma abituati ad affrontare le difficoltà della vita hanno saputo rispondere con adeguata fermezza e civile responsabilità.

Quando alla metà del XVI secolo le comunità albanofone acquisirono anche il diritto di edificare, i sistemi edilizi seguivano le logiche di espansione dettate dalle esigenze dei gruppi familiari, seguiti anche dalle tappe dei percorsi religiosi, le processioni.

A Santa Sofia d’Epiro analizzando questi percorsi, alcuni oralmente tramandati altri ancor oggi rievocati, denotano il modo in cui si è sviluppato il centro storico, in oltre i percorsi che collegavano il centro abitato con le contrade erano caratterizzati, negli incroci e i punti più strategici, con icone votive, che consentono di datare gli evolutivi sistemi urbanistici.

Sui ruderi di una antica cappella titolata a S. Nicola in Bosco, allocata all’incrocio del vecchio sistema viario, agli inizi del XVIII secolo fu edificata la nuova chiesa madre in onore a S. Atanasio il Grande.

I percorsi religiosi si sono sempre snodati e modificandosi nel tempo, seguendo la logica di unire  tutte le Gjtonie del centro storico, nel rito religioso Greco Bizantino.

I più suggestivi,oltre al percorso tipico che accomuna tutte le Gjitonie, sono quello: di Santa Veneranda, dell’Ascensione e di S. Atanasio, quest’ultimo, particolarmente radicato negli animi di tutti i Sofioti, rievoca il furto, ad opera di alcuni abitanti di Bisignano, della statua del Santo Patrono.

La processione si snoda tra la Chiesa Madre e il luogo ove fu edificata la cappella per onorare il Santo e ricordare l’evento.

La leggenda, racconta di un gruppo di “Ghillari,, i quali trafugata la statua del Santo Patrono, nel attraversare l’antico luogo di vedetta, dovettero desistere dal loro intento e abbandonare la statua, poiché questa divenne  pesantissima.

Sicuramente il percorso rievocato oggi non è più lo stesso, seguito dai bisignanesi all’epoca dei fatti, ma le sensazioni di affaticamento che si avverte ad andare verso la Cappella, ricambiata da quella di benessere al ritorno verso la Chiesa Madre, verrebbe da chiedersi se sono le stesse che avvertirono i personaggi di quella leggendaria notte.

Il 23 Aprile IX° giorno, prima della festa, a Santa Sofia si da inizio alle funzioni religiose, le novene, anticipate dal lancio dei palloni aerostatici, questi sono attimi di grande suggestione nell’animo dei Sofioti, che rivolto lo sguardo verso il cielo seguono le evoluzioni delle colorate mongolfiere, ricordano chi nell’anno appena trascorso ci ha lasciati.

La festa di Sant’Atanasio che ha luogo il 2 di Maggio, accomuna l’intera comunità, con la partecipazione  sin anche di quella piccola parte di arbërëshë non credenti, che nonostante ciò, partecipa con intensa devozione allo snodarsi del lungo e faticoso percorso.

Nella processione si raggiunge l’apice di coesione di tutta la comunità Sofiota, speranze, buoni propositi e l’auspicio di accompagnare e riaccompagnare Sant’Atanasio in quell’antica evocazione, accomuna tutti in religiosa e intensa partecipazione.

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