NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – I monumenti e le opere dell’arte in senso generale vengono ricordati quasi sempre per l’estro artistico o la genialità di chi gli ha dato forma e vita, sono rari i casi in cui viene associato al prodotto artistico quello del committente.
La cupola del Brunelleschi nel Duomo di Firenze, la Pietà di Michelangelo, la Reggia Vanvitelliana di Caserta, le grandi coperture in cemento armato di Morandi, le unità abitative di Le Corbusier e tante altre come queste, realizzate in periodi diversi della storia vengono ricordate e poste in evidenza non per il periodo in cui furono realizzate non per il committente che finanziò l’opera ma per la capacità professionale degli artisti.
Quando l’opera ha valore di rilevanza internazionale gli storici per dissociarla dal periodo in cui è stata realizzata la associano, giustamente , all’artista così che l’opera assuma una valenza tale da svincolarla delle ideologie e rappresenti solamente quello strumento che da sempre unisce gli uomini di ogni luogo e dove: l’arte.
È il caso del primo ponte italiano sospeso da catenarie dell’ingegner Luigi Giura che viene rievocato non per la genialità di chi l’ha pensato disegnato e realizzato in tutti i suoi più piccoli particolari ma viene associato al periodo storico in cui fu realizzato.
Questo induce a ritenerlo di secondo ordine per evitare di mettere in luce un discutibile periodo storico.
A tal proposito voglio raccontare un aneddoto da me vissuto in prima persona: quando nel 1977 mi trasferii a Napoli per intraprendere gli studi Universitari nella Facoltà di Architettura, all’interno di quest’ultima aleggiava una ideologia secondo la quale le opere realizzate a Napoli a cavallo delle due guerre dovevano essere demolite e realizzare dei nuovi edifici perché l’architettura del regime era disconosciuta e non poteva diffondere esempi da emulare.
Anche se ancora uno studente senza alcuna formazione professionale, ritenevo che qualsiasi momento o evento della nostra vita serve a migliorarci quindi attribuivo a quelle assurde teorie una valutazione partitica.
In effetti non mi sbagliavo, nel 1999 nel teatro di corte del palazzo reale di Napoli venne organizzato un evento con tanto di volume rievocativo, titolo del tema: Napoli le architetture fra le due guerre, e vi partecipavano quegli ideologi del 77 che nel frattempo erano cresciuti e si dimenavano spiegando che il regime è una cosa diversa dall’arte, espressione del tempo e non del pensiero politico.
Svincolare il ponte del Garigliano dal periodo storico e associarlo alla professionale opera dell’ ingegner Luigi Giura è doveroso, in modo che l’opera assuma il solo valore artistico e scientifico di cui è esempio unico in tutto il mondo .
Luigi Giura, l’ingegnere-Architetto arbëreshë di Maschito esempio di scienza esatta riuscì dove lo scienziato francese Claude-Louis Navier, non trovava soluzione per l’equilibrio dei suoi ponti.
L’ingegnere lucano nel 1832 inaugurava il ponte sul Garigliano, un ponte che fece scuola di solidità e innovazione tecnologica.
Sarebbe bello un giorno, mi auguro molto prossimo, dire: il primo ponte italiano e il secondo in Europa sospeso da catenarie dell’ ing. Arbëreshë Luigi Giura, e non associare altro all’opera.